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Fabrizio De André |
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9 gennaio 2010 |
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Circolo Culturale Setina Civitas Tributo a Fabrizio De André sabato 9 gennaio 2010 ore 21,00 Auditorium Mario Costa "Aspettami fuori dal sogno" ottava edizione ingresso libero fino ad esaurimento posti il manifesto è stato realizzato da Marco Abbenda |
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Setina
Civitas presenta il "Tributo a Fabrizio De André" Sezze, sabato 9 gennaio 2010 - ore 21,00 Auditorium Mario Costa L’Auditorium Mario Costa ospita l'ottava edizione del "Tributo a Fabrizio De André". La manifestazione, dedicata al cantautore genovese scomparso l’undici gennaio del 1999, è ideata da Franco Abbenda, organizzata dal Circolo Culturale Setina Civitas e gode del patrocinio della Fondazione Fabrizio De André e quello del Comune di Sezze. “Aspettami
fuori dal sogno” ... è il titolo dell'ottava edizione del tributo, composto da sedici canzoni di Fabrizio De André eseguite da cinque gruppi musicali. Ogni sequenza di canzone è accompagnata dalla lettura di un brano tratto dal lavoro di Giorgio Gaber interpretato dal gruppo teatrale Le Colonne. Quello che non ho Roberto Ceccarelli
percussioni qualcuno era comunista Giancarlo Loffarelli Rimini
S’i fosse foco Marco
Fanella chitarra Antonio
La Chioma chitarra Luca
Urbinati percussioni la
paura Marina
Eianti Canzone
del padre
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clip video di Pietro Paletta
Effetto
De André
27 dicembre 2009, di Franco Abbenda
L’educazione familiare e l’apprendimento scolastico
costituiscono le principali fonti di conoscenza attraverso cui i bambini
iniziano a rapportarsi con l’ambiente in cui vivono.
Si tratta tipicamente di modelli
comunicativi verticali, diretti, cosiddetti “top-down”, in cui
l’adulto (genitore o insegnante che sia) fornisce un insieme di regole
e di informazioni al ragazzo, che le accetta, le fa proprie e su di esse
innesterà la propria specifica personalità.
Per molti arriva un momento però,
in cui si è travolti da una ventata prepotente, sconosciuta fino ad
allora, una fonte di conoscenza diversa, indiretta e spesso alternativa,
che apporta nuova linfa alla crescita e fa deviare il giovane dal
percorso che altri hanno stabilito per lui.
Per seguire le stesse categorie utilizzate da un giornalista
statunitense (David Brooks – NY Times) per raccontare il suo Bruce
Springsteen, potremmo parlare di una vera e propria “seconda
educazione”.
A travolgere così i giovani può
essere, ad esempio, la lettura di un libro, la visione di un film, la
scoperta di un leader politico particolarmente carismatico o la
contemplazione di un’opera d’arte.
Tali incontri hanno in genere un
forte impatto, violento ancorché positivo, sulle giovani personalità
in formazione e determinano un’accelerazione improvvisa alla
maturazione individuale.
Per molti della mia generazione, Fabrizio De André, con le sue
canzoni, la sua poetica (intesa non solo come compostezza formale e
stilistica dei suoi testi, ma anche come coerenza della sua lunga
produzione discografica rispetto alla novità degli argomenti trattati
nelle canzoni) ha rappresentato un formidabile esempio di seconda
educazione.
Quella educazione, cioè, che fa leva direttamente dall’ascolto
delle canzoni per agire prepotentemente, anche se per salti e senza
continuità apparente, sulla nostra personalità più intima, arrivando
a colpire irreversibilmente il nostro sistema emozionale.
Ritengo in sintesi, che l’ascolto
ripetuto di una canzone, la riflessione attenta sul suo testo, o il
gustarsi un intero album scritto da un “artista della canzone” come
è stato Fabrizio De André, ha cambiato – e cambia ancora – il
futuro di tanti fedeli ascoltatori, spesso già incanalati verso altre
direzioni.
I tanti, continui e ripetuti ascolti
dell’opera di Fabrizio De André, album dopo album, spunto dopo
spunto, hanno contribuito cioè a formare il “core” della personalità
di molti di noi, la parte di noi più vera, quella che impatta
maggiormente sul formarsi delle nostre opinioni sul mondo, sulle nostre
scelte etiche, sui nostri modi di essere persone, ed in definitiva sulla
qualità della nostra vita.
Potremmo mai dire che saremmo
diventate esattamente le stesse persone se non avessimo avuto la
possibilità di ascoltare, innamorandocene, Via del Campo, Fiume Sand
Creek o Amico fragile ??
Chi potrebbe negare che album come La
Buona Novella ci hanno fatto riflettere sulla figura di Gesù e di
Maria di Nazareth più e meglio di mille noiose ore scolastiche di
religione o di inavvicinabili e difficili testi di teologia ??
Quanti di noi, per esempio, si sono
trovati a rivedere criticamente i troppi pregiudizi sulla gente Rom,
dopo aver ben ascoltato e fatto proprio il testo di Khorakhanè
? Quei versi colpiscono al cuore, con parole mirabili, molto più di
quanto possano mai fare cento conferenze proposte agli studenti da
grandi esperti in sociologia.
Ci toccano più da vicino,
mettendoci ancora oggi in crisi positivamente, i versi de La
guerra di Piero o i generici appelli antimilitaristi, spesso solo di
facciata, dei politici dei giorni nostri ??
Scriverebbero con la stessa acredine e senza alcuna ironia i
giornalisti che ci raccontano gli scandali politico-sessuali di questi
tempi, se solo avessero colto canzoni come Princesa
o Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers ?
Quei versi arrivano a bersaglio, “educando” di conseguenza; è come se fossero stati scritti direttamente per ognuno degli affezionati ascoltatori, ieri come oggi, così come avverrà per certo domani.
Quelle canzoni sono un invito ricorrente a cercare di leggere
compiutamente gli avvenimenti, storici o di cronaca che siano, anche per
fornirci una chiave di lettura in più nell’individuale e mai
completata ricerca della verità di ogni uomo.
Anche per questo continuiamo ancora
a cantare le sue canzoni, a raccontare le sue storie, a far nostri i
suoi dubbi e le sue non-certezze, sentendo sempre di più Fabrizio De
André come fratello maggiore e contemporaneo compagno di strada.
E grazie a Fabrizio capita sempre più
spesso di incontrare, coinvolgendoli nell’organizzazione del tributo
setino, nuovi “amici in De André”, tutti pronti a partecipare ed a
offrire le loro personali riflessioni sul nostro artista del cuore.
Voglio ringraziarli tutti per la
gratuità dei loro contributi, riportando di seguito una bella e
toccante pagina scritta da uno di loro, Gianni Raniolo, ultimo in ordine
di tempo dei miei “amici in Faber”.
In
fondo non so bene chi sia stato Fabrizio De André, non lo so perché la
sua scoperta è continua, e il quadro non è mai definitivo anche e
soprattutto nonostante la sua morte.
La musica, ancorché dotata di parole piene di significato,
riesce ad andare oltre la semplice considerazione intellettuale, la si
ascolta ma soprattutto la si sente. E la musica e le parole che hanno
una loro musicalità intrinseca ed estrinseca sono una sola cosa, che
non si presta ad analisi filosofica.
Allora queste riflessioni si tramutano nell'invito all'ascolto,
alla solitaria meditazione, alla scoperta di un tesoro che deve
radicarsi nell'individualità dell'ascoltatore, un invito ad
abbandonarsi al tutto che l'opera di De André rappresenta, per cercare
da soli, in autonomia il percorso di uscita dal labirinto della vita.
Nella serata magica di Sezze... Faber c'era
C'é chi dice che il "Tributo a Fabrizio De André" è tra le manifestazione più belle che si tengono a Sezze, c'è chi ogni anno resta meravigliato dai continui miglioramenti che si fanno, c'è chi si è sbilanciato accostandolo ai concerti della PFM.
Di sicuro è che tantissime persone apprezzano lo sforzo che ogni anno si fa per ritrovare tutti insieme qualche prezioso frammento del cantautore genovese.
Attendiamo
i vostri commenti !!!
Ignazio
GRAZIE A TUTTI
“…è
gia tanto se riusciamo a regalarvi qualche emozione” Ormai archiviata anche l’ottava edizione del tributo De André 1 febbraio 2010, Franco Abbenda Come ebbe a dire Faber durante il concerto del Brancaccio: “…è gia tanto se riusciamo a regalarvi qualche emozione”.
Il nostro sforzo è in questa direzione, tutto il resto è al di
là, lontano dalle motivazioni che stanno alla base
dell’annuale omaggio che Sezze dedica a Fabrizio De André. Si
è trattato dell’ennesima passeggiata amichevole tra i testi e
le canzoni di Fabrizio, l’incontro di nuovi e vecchi amici sul
palco, la rinnovata emozione di poter suonare e cantare i suoi
brani indimenticati nel silenzio attento dell’Auditorium,
l’idea di riproporre Gaber, quello teatrale dei monologhi,
personaggio altrettanto vivo e graffiante con le sue parole
scomode. Dietro
l’evento di gennaio, durante tutto l’anno, c’è molto
altro; ci sono mille spunti che bussano e che ci riportano alla
mente le sue storie, i suoi/nostri personaggi, le sue idee sul
mondo, anche quelle nascoste tra le righe delle sue canzoni
“minori”. Ci
sono flash improvvisi di passato, volti che si fanno memoria,
pezzi di vita che riaffiorano, immagini confuse e che spesso ci
riportano, chissà perché, direttamente a lui. Il
2009 è stato Genova, la mia prima vera Genova, l’imperdibile
mostra di Palazzo Ducale (che
dal 26 febbraio 2010 sarà a Roma, all’Ara Pacis), Via del
Campo ed il negozio di Gianni Tassio, i tanti messaggi lasciati
lì, le calate sul porto, le facce dei genovesi di oggi, dai
mille paesi d’oltremare. Ci
sono le segnalazioni, i consigli e gli spunti degli amici veri. Ci
sono le tante assenze, sul palco ed in platea, ma va bene anche
così.
C’è
il ritorno di Cristiano, “il figlio” sulle note del padre,
la bella serata estiva di Palestrina. C’è
molto di Fernanda Pivano, della sua amicizia vera con
l’artista prediletto, della sua ultima presenza, discreta e
dolce, nello speciale De André di Fabio Fazio; della sua gioia
sincera nel sapere Fabrizio non dimenticato, del suo modo
speciale di raccontare il suo amico Fabrizio e del suo ultimo
viaggio verso la collina, dove si è incamminata, stanca, anche
Alda Merini. Ci
sono i numerosi libri che lo raccontano: quelli che analizzano i
suoi testi, quelli in cui si discute della sua poetica, quelli
zeppi di foto e cimeli rari, quelli in cui lo ricorda chi lo ha
conosciuto davvero. Noi
no, non l’abbiamo conosciuto, ma lo sentiamo vicino e
fratello; e gli vogliamo ancora bene. Infine,
c’è anche il volto di chi, giovane d’altri tempi,
alla fine dello spettacolo di quest’anno è sceso in
camerino per ringraziare, con poche parole e con gli occhi
umidi, delle belle emozioni provate durante lo spettacolo. A
noi basta poco…basta questo. I
bilancini, i distinguo e le chiosate argute le lasciamo a chi
guarda con freddezza, come senza cuore. All’anno
prossimo!! |