Fabrizio De André

12 gennaio 2008

 

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manifesto www.marcoabbenda.com

 Setina Civitas presenta il "Tributo a Fabrizio De André"

Sezze, sabato 12 gennaio 2008  -  ore 21,00                                           Auditorium Mario Costa

L’Auditorium Mario Costa ha ospitato il sesto "Tributo a Fabrizio De André".  La manifestazione, dedicata al cantautore genovese scomparso l’undici gennaio del 1999, è stata ideata da Franco Abbenda e organizzata dal Circolo Culturale Setina Civitas. Anche quest'anno il tributo ha ottenuto il patrocinio della Fondazione Fabrizio De André e quello del Comune di Sezze.

"Al vostro posto non ci so stare"

È questo il titolo della sesta edizione del tributo, composto da quattordici canzoni cantate da artisti e giovani appassionati locali, precedute da poesie e racconti scritti sui temi delle canzoni.

canzoni eseguite  @ Nella mia ora di libertà @ La guerra di Piero @  Il testamento di Tito @

La canzone dell'amore perduto @ Andrea @ Il gorilla @ Il pescatore @ Khorakhanè @

Sally @ Fiume Sand Creek @ La città vecchia @ Inverno @ Amore che vieni amore che vai @ Amico fragile @  

esecutori @ Franco Abbenda @ Vincenzo Faustinella, Manlio Meloni, Marco Iacobucci @ Claudia Abbenda, Marco Abbenda, Salvatore La Penna @ Roberto Cardinali, Oscar Di Raimo, Riccardo Colabattista, Claudia Loddo @ Annamaria Giorgi, Mauro D'Addia, Michele Lombardi @ Roberto Caetani, Fabio Morosillo, Matteo Spirito @ Alessandra Paletta, Carlo Marchionne @ 

lettori @ Piero Lauri @ Amedeo Rossi @ Carlo Marchionne @ Jeph Anelli @ Marisa Cappelli @ Felicetta Eianti @ Franco Abbenda @ Mariarita Marchetti @

fonico Armando Di Lenola @ luci Fabio Di Lenola @ video Pietro Paletta @ grafico Marco Abbenda

"...e cento e cento amici trovò" GRAZIE A TUTTI

clip video di Pietro Paletta

Canzoni nel cuore, parole d’autore

17 dicembre 2007,  di Franco Abbenda

Sono molte le canzoni che abbiamo nel cuore.

Stanno lì e ci piace riascoltarle.

Di qualcuna ricordiamo appena le parole del ritornello.

Di altre conosciamo ogni variazione melodica o tutte le differenti versioni.

Ce ne sono di quelle che ci ricordano l’infanzia.

Altre ci riportano inevitabilmente ad un episodio particolare della nostra gioventù o ad un importante avvenimento di cronaca del tempo.

Molte di loro ci fanno ripensare agli amici con i quali le abbiamo ascoltate mille volte o ai nostri genitori che non riuscivano a spiegarsi il nostro instancabile impegno nell’ascolto.

Tutte ci hanno accompagnato durante lunghe giornate di studio o nelle prime uscite notturne tra amici, a bordo delle scassate utilitarie d’altri tempi .

Qualcuna la ricordiamo perché inscindibilmente legata ad un amore.

Di atre ricordiamo interamente il testo e gli accordi di chitarra.

Ascoltandole, riascoltandole ancora, ovunque capiti, avvertiamo qualcosa che non ci sappiamo spiegare.

Tutto questo e molto altro, molto di più, sono le canzoni di Fabrizio De André.

Fanno ormai parte di noi stessi.

Alcune le sussurriamo a bassa voce, altre preferiamo ascoltarle in rigoroso silenzio.

Ce ne sono di famosissime e di semisconosciute; di antiche, musicalmente essenziali e quelle dell’ultimo periodo, armonicamente più complesse.

Di poche non abbiamo ancora capito il significato o non ne abbiamo afferrato la sottile metafora.

La maggior parte di loro, invece, sono chiare; arrivano direttamente al bersaglio senza alcun bisogno di mediazioni.

Delle più famose conosciamo i personaggi; a volte si insinua in noi il dubbio di aver veramente incontrato i protagonisti delle sue canzoni o di averli solo incontrati in sogno.

Tutte, davvero tutte, sono state pensate “uniche” dall’autore, e dai co-autori compagni di viaggio.

Ispirate da letture difficilissime, da testi banali o da versi poetici antichi, sono state scritte, modificate, riscritte, accantonate per un po’, riprese e levigate fino allo sfinimento.

In tutte è rimasto il suo inconfondibile timbro personale.

Le canzoni di Fabrizio De André fanno ormai parte della nostra storia, quella individuale e quella collettiva, tracce moderne nel segno della migliore e più nobile tradizione letteraria.

Le parole che Fabrizio ha scelto per raccontarci le sue storie sono vere parole d’autore, illuminanti e spesso controcorrente, distanti anni luce dal frastuono imperante delle troppe parole odierne, sempre più scontate, omologate e “celebrative del nulla”.

Ascoltandole, oggi come allora, ogni volta con più matura consapevolezza, ci ritroviamo a volare verso altre parole, altre scritture, poesie e racconti d’autore, più o meno famosi.

Ci piace pensare – ed a volte è stato veramente così – che a quelle pagine si sia ispirato Fabrizio e che siano state l’ideale testimone di una staffetta tra grandi, tra coloro che con la poesia ci hanno offerto un appiglio, un vitale nutrimento nel nostro personale strenuo tentativo di tenerci aggrappati a questo mondo...in direzione ostinata e contraria.  

Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino:

noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana;

e la razza umana è piena di passione.

Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni,

necessarie al nostro sostentamento;

ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore,

sono queste le cose che ci tengono in vita

(prof. Keating - L'attimo fuggente)

« De André non è stato mai di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di Fabrizio restano » Nicola Piovani
14 gennaio 2008, il commento di Elisa Raimondi

“Nonostante le divisioni, nonostante tutte le fazioni presenti nel nostro paese, c’è ancora qualcosa o qualcuno che ci unisce e questo è Fabrizio De André”.  Mi sembra abbia detto più o meno così Franco Abbenda, padre e mente del sesto Tributo al cantautore genovese, ad un certo punto della serata. Tutti riuniti ad emozionarci insieme, a condividere il testamento che De André ha lasciato, a suo modo, in ciascuno di noi. Le canzoni, i nostri ricordi legate ad esse, il nostro modo di viverle, ripensarle, inglobarle nella nostra vita quotidiana. È un rito che si ripete ormai da sei anni e che con il passare del tempo si è “raffinato”, senza perdere lo spirito originario. Come nella scorsa edizione si sono alternate sul palco musica e parole di e su Fabrizio De André. Diversi gruppi hanno eseguito canzoni e diverse persone hanno letto poesie, racconti e brevi  storie. Tra loro molti ragazzi della mia età.

Ad aprire, dopo una sua breve introduzione, Franco che ha suonato e cantato “Nella mia ora di libertà”, canzone che offre il titolo al Tributo di quest’anno “Al vostro posto non ci so stare”. E poi via tutti gli altri, volti nuovi e persone che vi partecipano sin dalla prima edizione.

Scorrono così le canzoni e le emozioni. Il pianoforte versatile di Salvatore La Penna, sofferente ne “La Canzone dell’amore perduto”, irriverente nell’esecuzione di “Andrea”. Ironica la versione de “Il Gorilla” offerta dal gruppo guidato da Roberto Cardinali che poi ha anche suonato una classica, stile PFM,  “Il Pescatore”. Sempre toccante e ricercata invece l’esecuzione di Roberto Caetani, accompagnato quest’anno da Fabio Morosillo e Alessandra Paletta alla voce.  Molto bella, la versione “blues” di “Inverno”.

Ci tengo a sottolineare il numero di under 30 che hanno partecipato attivamente alla serata perché per la mia generazione De André è stato un’eredita, qualcosa di già esistente che abbiamo imparato a scoprire o che abbiamo assorbito osmoticamente ascoltando una cassetta, un disco dei nostri fratelli, cugini, genitori. Ma anche per noi, in qualunque modo ci siamo arrivati, ha significato e significa molto. Devo dire che quest’anno il pubblico non ha canticchiato molto, un po’ intimidito ha provato qualche volta a tenere il ritmo battendo le mani, ma la partecipazione era palpabile, riconoscibile nel silenzio quasi religioso dell’Auditorium, stracolmo come ogni anno. Alternando parole e canzoni c’è sempre  il rischio concreto che le letture prendano il sopravvento sulla musica creando dei momenti di noia. Tuttavia così non è stato perché le letture sono state scelte con cura come cornice e introduzione di ogni pezzo. I lettori erano così presi nel loro ruolo che qualcuno ha dimenticato lo scalino, salendo sul palco (raccogliendo un sincero applauso), altri come Jeph, hanno iniziato leggendo in giacca e cravatta per finire in maniche di camicia. Ma sono proprio la spontaneità e la partecipazione gli elementi fondamentali che da sempre caratterizzano questa manifestazione.

Che dire, si potrebbe elogiare, come ogni anno, l’iniziativa, elogiare Franco e la sua passione e la sua organizzazione. Ma questo credo si sappia e sarebbe superfluo ripetersi. Non è superfluo invece sottolineare l’attesa di ogni anno per questa serata, la voglia rinnovata di partecipare e condividere, di ricordare senza retorica e senza lacrime qualcuno che senza saperlo ha forse influenzato la vita di molti.

Amico fragile… nella nebbia

31 gennaio 2008, di Franco Abbenda

Quante canzoni ha scritto Fabrizio De André da solo ?

Quante in totale, senza contare le traduzioni di canzoni straniere, quelle riprese dalla tradizione popolare, e quelle scritte a più mani con altri musicisti o parolieri ?

Sono poche, forse meno di 20.

Pochissime in confronto alla sua vasta produzione musicale.

Lo stesso Fabrizio ha più volte dichiarato che la canzone che più gli assomigliava

era Bocca di rosa, mentre Amico fragile era quella che sentiva più sua e che è diventata l’ultima canzone (Volume 8 – 1975) scritta e musicata da De André, senza ricorrere ad alcun “aiuto” esterno.

“La canzone più importante che abbia mai scritto

è forse AMICO FRAGILE,

ed è sicuramente quella che più mi appartiene.

E’ un pezzo della mia vita con cui sono riuscito a vincere

la strana entità che mi aggredisce e mi succhia per portarsi via una canzone”.

Amico fragile è la canzone che quest’anno ha chiuso il 6° tributo De André.

E’ una di quelle canzoni che facciamo fatica ad assimilare e ad amare veramente,

un po’ forse per la difficoltà oggettiva di coglierne il significato profondo o per la ripetitività della linea melodica.

Non racconta nessuna storia.

Si tratta di un messaggio intimo e personale.

Chi parla (lo stesso De André) è un uomo solo, in crisi interiore, e che prova a riflettere sulla fragilità dei rapporti umani.

E’ un privatissimo messaggio sul senso di vuoto che ci avvolge quando le linee di comunicazione con “l’altro” sono disturbate; quando la convivenza quotidiana con gli amici di sempre diventa difficile e troppo superficiale per essere appagante e positiva.

A tratti il testo è una vera e propria dichiarazione di amore-odio verso gli altri, anche quelle persone con le quali, improvvisamente, non riusciamo ad entrare più in sintonia e non riconosciamo più come buoni compagni di strada.

Come per tutte le altre canzoni in programma, anche per Amico fragile si è pensato di introdurla con la lettura di un testo, di una poesia, che toccasse le stesse tematiche o parlasse semplicemente, per affinità esistenziale, lo stesso linguaggio del cantautore genovese.

E così è stata recitata “Nella nebbia”, di Hermann Hesse, che ci ha proiettati in un’atmosfera parimenti inquietante, fatta di solitudine e di assenza di luce.

Anch’essa una riflessione amara sulla difficoltà, in alcuni momenti bui, di con-vivere con i nostri simili.

Amico Fragile   Fabrizio De André

 Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d'attenzione e d'amore
troppo "se mi vuoi bene piangi"
per essere corrisposti
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo "mi ricordo"
per osservarvi affittare un chilo d'erba
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi
ero molto più curioso di voi.


E poi sospeso tra i vostri "come sta"
meravigliato dai luoghi meno comuni e più feroci
tipo "come ti senti, amico fragile
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
"Lo sai che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta".
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell'ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco
pensavo è bello che dove finiscono le mia dita
debba in qualche modo incorniciare una chitarra.
E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.


Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a vederle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane
il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.
E mai che mi sia venuto in mente
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.

  

Nella nebbia  Hermann Hesse

 Strano, vagare nella nebbia!
Solo è ogni cespuglio e pietra,
nessun albero vede l’altro,
ognuno è solo.

Pieno di amici mi appariva il mondo,
quando la mia vita era ancora luminosa
adesso, che la nebbia cala,
nessuno si vede più.

Veramente, non è saggio
chiunque non conosca il buio,
che piano ed inesorabilmente
da tutti lo separa.

Strano, vagare nella nebbia!
Vivere è solitudine.
Nessuno conosce l’altro,
ognuno è solo.

Attendiamo i vostri commenti che potranno essere pubblicati su questa pagina.  Scrivi a  info@setino.it

Fabrizio De André, un amico da ascoltare ancora

11 gennaio 1999.

Sono passati nove anni dalla morte di Fabrizio De Andrè. Era nato a Genova Pegli il 18 febbraio 1940.

In gioventù, allo stantio studio scolastico preferì il movimentato ambiente del porto di Genova, affascinato dagli strani personaggi che lo popolavano. Si innamorò della chitarra e cominciò a comporre canzoni ispirandosi agli eroi della letteratura medievale francese.

Nel 1958 incide il suo primo 45 giri “Nuvole barocche” ma è solo nel 1967, anno in cui Mina incise la sua “La canzone di Marinella”, che decise di fare il cantautore.

Mi arrivano seicentomila lire in un semestre – dichiarò Fabrizio in una successiva intervista – e da quel momento, abbandonati gli studi, cominciai a pensare che forse le canzoni m'avrebbero reso di più e, soprattutto, divertito di più”.

Nel corso della sua lunga carriera discografica, da “Tutto Fabrizio De André” del 1966 fino ad “Anime salve” del 1996 ci ha regalato vere gocce di splendore, perle di un personale ed ispirato stile di compositore, inimitabile, eternamente sospeso tra favola ed interpretazione controcorrente degli avvenimenti di cronaca e di storia.

Bocca di rosa, La guerra di Piero, Via del campo, Il pescatore, Il testamento di Tito, Amico fragile, Rimini, Don Raffaè, Creuza de ma sono tra le sue canzoni più ascoltate; ma è soprattutto la coerenza sociologica ed intellettuale di tutta la sua opera artistica, il suo essere comunque dalla parte dei perdenti e degli ultimi contro il potere arrogante, il trait d’union della produzione di Fabrizio De Andrè che gli garantisce un posto di primo piano tra i protagonisti assoluti della cultura, non solo musicale, dell’Italia di fine ‘900.

La serata è stata interamente ripresa dalle telecamere dirette dalla regia di Pietro Paletta

Per informazioni riguardati il video telefonare al numero 3489117700

12 gennaio 2008