Setina
Civitastorna
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24 gennaio 2016: 1a
tappa del Gruppo “In
difesa dei Beni Archeologici”
a
cura di Ignazio Romano, Fabrizio Paladinelli e Vittorio Del Duca
Alla
scoperta dell'Uomo a Phi
a 80 anni dal ritrovamento
Domenica
24 gennaio 2016, nel tentativo di salvare un habitat naturalistico unico,
arricchito da un patrimonio archeologico inestimabile, le forze del
volontariato con il sostegno di esperti paleontologi e archeologi
tornano a visitare Il
riparo preistorico dell'Arnalo dei Bufali, dove nel 1936
è stato ritrovato il dipinto rupestre dell'Uomo a Phi, vicino al
tracciato della vecchia linea ferroviaria Toppitto, immerso in un paesaggio
carsico caratterizzato da numerose
grotte.
Un
fiume di gente per gli 80 anni dell'Uomo a Phi
Scheda
tecnica Comune:
Sezze Località:
Ponte Ferraioli (Migliara 47) nei pressi del ristorante "Da Angeluccio" Partenza
ore 9:00 Ritorno
ore 13:00 (circa) Arrivo:
Arnalo dei Bufali (riparo preistorico) Distanza:
Km 4.0 (circa) andata e ritorno Dislivello:
Praticamente assente Difficoltà:
T/E Tipologia
terreno: sterrato (fangoso) Attrezzatura:
Scarpe antiscivolo (impermeabili) abbigliamento anti-pioggia, acqua al
seguito. Descrizione
Un'escursione all'Arnalo dei Bufali, alla scoperta del simbolo più
antico di Sezze. L'uomo
a Phi.
Scoperta fatta nella primavera del 1936 da Alberto
Carlo Blanc.
[...] Qual'è l'età del dipinto schematico dell'Arnalo dei Bufali?
A quale delle civiltà preistoriche succedutesi nella penisola deve
essere riconnesso?
È impossibile rispondere fin da ora, in modo definitivo. È noto
infatti che manca in Italia qualunque elemento comparativo. Questo è il
primo dipinto rupestre preistorico riconosciuto nella penisola. [...]
Tratto da "Dipinto schematico rupestre nell'Arnalo dei Bufali Sotto
Sezze Romano"
Estratto dal Bollettino di Paleontologia Italiana, Nuova Serie, volume
III, 1939 - XVII di A. C. Blanc.
Attualmente il dipinto è conservato nei magazzini del museo Picorini di
Roma.
Nella
foto sotto gli organizzatori con la copia dell'Uomo a Phi ricollocata
nell'Arnalo
Sotto
la copia da noi riprodotta della pittura rupestre che il gruppo "In
Difesa dei Beni Archeologici" domenica 24 gennaio 2016 lascerà sul
sito dove 80 anni fa i paleontologi Blanc, Breuil di Parigi, Pei di Pechino e
l'italiano Cardini, nel 1936 fecero la scoperta della pittura.
Dopo
una escursione effettuata all'Arnalo dei Bufali un nostro
concittadino, Paolo
Barozzi
ha scritto al direttore del museo Pigorini
di Roma per chiedere la restituzione alla città di Sezze
della pittura rupestre dell'Uomo a Phi. La
direzione del museo Pigorini ha risposto con una lettera (riportata quì
sotto) dando disponibilità a riportare il prezioso manufatto nel paese
di origine secondo le condizioni previste dalla legge. Tale
lettera è stata consegnata all'amministrazione comunale di Sezze,
l'unica ad essere titolata per la richiesta. Ad
oggi, anche se è stata data la disponibilità verbale degli
amministratori ad attuare le
procedure necessarie per portare a Sezze l'Uomo a Phi, non abbiamo
notizie ufficiali che indichino che effettivamente si stia lavorando in
questa direzione.
Nel
quadro "L'alba dell'umanità", del pittore Franco De
Franchis,
è ben riprodotta una scena a cui avrebbe potuto assistere il "Setino
del Neolitico". E nonostante l'accanimento del "setino
moderno",
come evidenziato nelle foto dei sopralluoghi svolti per preparare la visita del 10 febbraio, la zona ha mantenuto
il fascino primitivo che caratterizza tutti i tracciati da noi
riscoperti, con la capacità di
riportare il visitatore in una epoca del passato, non meglio
precisata, in cui l'uomo viveva ancora rispettando la
natura.
In questa grotta i paleontologi Blanc, Breuil di Parigi, Pei di Pechino e
l'italiano Cardini, nel 1936 fecero la scoperta dell’uomo a phi. Primo esempio in Italia su un totale di appena tre scoperte simili.
Riconosciuto confrontandolo con i numerosi ritrovamenti fatti in Spagna appartenenti al
Neolitico,
il dipinto di Sezze ha circa 6.000 anni. La figura, ritrovata all'Arnalo dei Bufali in Sezze, è alta 28,5 cm e larga 22,0
e si trova attualmente a Roma presso il museo "Preistorico-Protostorico del Lazio"
Gruppo in difesa dei beni archeologici di Sezze su Radio
Luna
nel programma Weekendemente curato da Diletta Locci
Un
fiume di gente all'Arnalo dei Bufali
lettera
e foto di Massimo Eramo
Caro Ignazio,
per
"comodità" scrivo a te, ma il mio ringraziamento
sincero è rivolto a tutti i promotori delle escursioni.
Non
ricordo di aver mai visto un'espressione così forte e sincera
di amore per la conoscenza della propria identità, intesa come
interrelazione tra uomo, cultura e natura.
La
vostra energia è veramente "contagiosa" e, per
fortuna, come si vede sempre più spesso, coinvolge sia i grandi che i
piccoli.
Ancora
una volta sono stato affascinato e stupito dal sito visitato
oggi, che conoscevo solo attraverso le fotografie o al massimo
"deformato", come un quadro Futurista, quando cercavo
di individuare l'Arnalo dei Bufali dal treno in corsa .
Ho
già visto le tue foto sul sito e naturalmente è sempre bello
rivivere la giornata attraverso la loro narrazione. Oggi,
superato lo stupore di cui parlavo, ho pensato per gioco di mettermi
dalla parte dei nostri "antenatia Phi ".
Mi sono messo quindi dal loro "punto di vista" e mi sono
divertito a pensare di quanto sarebbero stati contenti di essere
tornati in vita grazie all'amore e all'entusiasmo dei
"nipoti" e, per fortuna, viste le tue foto anche dei
"nipotini" in prima fila .
la
foto sotto è stata scattata da Elisabetta Bruckener
a
seguire tutte le foto della passeggiata in ordine cronologico
Malelingue,
sempre pronti a criticare:
2
ferrovie, 2 statali, 2 ponti, un impianto dell'acqua con
4
pozzi, pali e tralicci ovunque, fili quanti ne vuoi...
...
e poi dicono che l'Uomo a Phi è stato dimenticato!
Cosa
ci volete ancora, una complanare con soprelevata?
Abbiamo
rimesso l'Uomo a Phi al suo posto, in attesa che da Roma torni
l'originale
Sulle
tracce della tribù Ufentina
di
Vittorio Del Duca
Giovanni Ciammarucone nel 1641 in “ Descrizione della Citta di Sezza” così parlava dell’
Ufente, il mitico fiume che origina dalle fresche sorgenti poste ai piedi di
Sezze, meglio conosciute con il nome di “Mole Muti”, “ Sardellane” e “Scafa Rappini” (la scafa era una barca, oggi in disuso) :
“Nasce l’Ufente in piè della montagna setina con letto navigabile nell’istesso fonte; e lentamente scorrendo nel mar Tirreno si nasconde; celebre ne ’tempi nostri per le grosse pesche di spigole, e di cefali, che in quello si fanno con reti, e con altri ordegni
piscatorii, venendo prima intorbidare l’acque con grosso branco di bufali. Tali pesche si fanno per l’ordinario in ogni tempo dell’anno, eccetto che nel fondo dell’invernata, ma particolarmente nella settimana santa se ne fa una solennissima dalli Signori Governatori di Campagna per regalare gl’Eminentissimi Signori Nipoti di Papi;…”
Il fiume ha origini antichissime che si perdono nella notte dei tempi; viene cantato nell’Eneide di Virgilio ed incarna uno dei nemici che contrastano la mitica figura di Enea, appena sbarcato nel Lazio a seguito della distruzione della sua città, Troia.
Nella vicina Priverno, che con Sezze ha sempre avuto una rivalità secolare, il nostro paese veniva identificato con “gliò
Bufente” come testimoniano alcune storielle ancora in voga sino a qualche decennio fa tra “la Regina Camilla e gliò
Bufente” inventate dai pipernesi per denigrare Sezze. Il nostro paese rendeva pan per focaccia con un'altra serie di racconti tra “I Bufento e la Camilla” quasi sempre imbastiti di volgarità, al pari di quelli di
Priverno. Priverno è nota per le sue origini
volsche, e Camilla ( figura immaginaria, secondo Ciammarucone ed altri) regina di Volsci e figlia di re
Metabo, morì per mano di Arunte combattendo con i suoi guerrieri al fianco dell’alleato Turno contro Enea, dalla cui progénie verrà poi fondata Roma. (Eneide di Virgilio canto VII
vv. 803 -817 e canto XI vv. 498 – 915.)
Se però i pipernesi chiamavano Sezze “gliò Bufente”, storpiando il nome del fiume
Ufente, una ragione doveva pure esserci e questa la possiamo trovare ancora una volta nel libro del
Ciammarucone, che si rifà ad un passo di Tito Livio: “Da questo Ufente venne denominata la Tribù
Ufentina, che insieme con l’altre votava nel Senato Romano; di cui ancor vive la memoria in un marmo intagliato dell’antica
Fregelle; hora Ponte Corùo, di lui fece menzione Livio nel libro IX della prima Decha con queste parole: Eo anno dua addite Tribus Ufentina e
Falerina..”
Conosciamo veramente molto poco di questa tribù; possiamo solo dedurre da Tito Livio che si sviluppò lungo le rive dell’Ufente e che nel 318 a.C. faceva parte della Lega Latina e partecipava con rappresentanti alle sedute del Senato Romano.
Il
nome “gliò Bufente” affibbiato a
Sezze, potrebbe dunque trovare una giustificazione dal fatto che la tribù Ufentina o Ofentina , che abitò le rive dell’Ufente, abbia trovato una sistemazione proprio nelle rive sotto Sezze e che i privernati idealizzarono con tale nomignolo tutta la zona, ivi compresa la nostra città, che peraltro in tutti i testi antichi non figura mai con tale nomignolo ma sempre con il suo vero nome.
Del resto, la tribù Ufentina, non avrebbe mai potuto trovare luogo migliore delle sorgenti dell’Ufente, soprattutto in quel tratto che va dalle Mole Muti (dal nome dell’antico proprietario) alla sorgente della Scafa
Rappini, e dall’Arnalo dei Bufali (dove fu ritrovato il dipinto rupestre dell’uomo a
phi), fino a Ponte Ferraioli. Chi conosce questi luoghi sa che sarebbero stati ideali ad ospitare una tribù di pescatori e di agricoltori quale doveva essere l’Ufentina, non solo per le numerose sorgenti e polle d’acqua che fanno invidia a Ninfa, ma anche perchè
l’Ufente era navigabile e pescoso, ed i terreni circostanti potevano essere facilmente irrigati da una fitta rete di canalicoli, in cui ancora oggi scorrono le acque sorgive, e che hanno dato a tutta la contrada la denominazione di “Canalelle”.
Se così
fù, le numerose grotte carsiche che si vedono nel monte dirimpetto le sorgenti del fiume, e ai cui piedi passava la ferrovia di “Tuppitto” ed ora la Roma – Napoli, avrebbero potuto essere abitate dalla tribù
Ufentina, cosi come la villa situata tra i pascoli della Società
Bovaria, i cui resti oggi sono comunemente chiamati “villa romana”. Osservando i ruderi e il sito di questa villa, posta ad una quota di circa 70 metri di altitudine, si desume che dovette essere piùttosto ampia, costruita su più livelli e servita da una copiosa sorgente d’acqua che scaturiva dalle rocce, e di cui ancora oggi se ne ravvisano i segni.
Quanto sarebbe bella una passeggiata in battello sull’Ufente!
Ecco
il perché del nome "Arnalo dei Bufali"
a cura di Vittorio Del Duca
Le
mandrie di bufali, presenti da sempre nel territorio delle paludi
Pontine e citate già nel 1600 da G. Ciammarucone così come vengono
rappresentate - nel dipinto
dei primi del '900
(sopra) e nell'incisione di C.
Coleman del 1849,
(sotto) - aiutavano l'uomo a mantenere pulito dalle erbe acquatiche l'alveo dei
fiumi e dei canali, semplicemente nuotando oppure guadandoli. Il riparo
preistorico, abbandonato dall'uomo, diventò presto la dimora preferita
dai bufali e anche dai bovini che ancora
oggi stazionano in zona.
Il termine dialettale “Arnalo” o “Arnaro” è di etimologia incerta. Con ogni probabilità deriva da “arn”, termine celtico che sta ad indicare una o più incavature ai piedi di un costone roccioso, ospitante nella Preistoria uomini e animali, in seguito soltanto animali. Nel nostro caso, l’Arnalo dei Bufali, viene utilizzato dapprima ad indicare un riparo per bufali, utilizzati in passato per la loro mole nello spurgo di fiumi e canali, ma anche per intorbidire le acque e facilitare la pesca con le reti nel vicino Ufente, più tardi anche ad indicare un riparo per greggi o buoi.
Nel basso Medio Evo è presente nella lingua italiana anche il termine “arna”, poi diventato “arnia”, ad indicare il ricovero naturale o artificiale delle api domestiche.
Da Arnalo o Arnaro, derivano i diminutivi dialettali riscontrabili nella toponomastica locale, Arnarello e Arnariglio, quale si riscontra presso la località Archi S. Lidano (Stradone dell’Arnarello) e nella conca di Suso a ridosso della contrada Zoccolanti (Arnariglio).
“Arnereglio” è invece un termine dialettale di uso agricolo: specie di piolo che nell’aratro serve da raccordo per le “recchie” (orecchie), manovrando le quali si può conferire al solco una larghezza maggiore o minore.
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