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23 ottobre 2016: 9a
tappa del Gruppo “In
difesa dei Beni Archeologici”
a
cura di Vittorio Del Duca e Ignazio Romano
L'ennesimo
successo di partecipazione e gradimento
Dal
lago delle Mole Muti alla villa Ufentina
Un'immensa
risorsa naturale e storica da recuperare
In
collaborazione con il Comune di Sezze, AcquaLatina e la SPL

Passeggiata
unica da non perdere
Scheda
tecnica
Data escursione
domenica 23
ottobre 2016
Ore
9:00 appuntamento
al parcheggio della stazione ferroviaria di Sezze (lato monte).
Trasferimento
in auto fino al lago delle Mole passando sulla vecchia SR156 a traffico
limitato.
Ore 9:30
visita guidata all'impianto idroelettrico con la presenza dei tecnici
di Acqua Latina e di Vincenzo Valleriani che ha lavorato alle Mole Muti
dal 1952 al 1972 per il Comune di
Sezze.
Ore
10:30 partenza dal lago
verso i ruderi della villa Ufentina di epoca romana.
Lunghezza
del tracciato, andata e ritorno, di circa Km 2 con un dislivello di
circa 60 metri.
La
durata della visita e dell'escursione complessivamente è di 3 ore.
Ritorno
previsto alle auto è per le ore 12,30 circa.
La
visita è aperta ed adatta a tutti e presenta molti contenuti storici,
culturali e naturalistici.
Per
l'abbigliamento si raccomanda l'utilizzo di calzature
adatte, possibilmente da trekking, cappellino ed acqua al seguito. I minori dovranno essere
accompagnati da un adulto.
Come
per le altre escursioni non è necessaria la prenotazione e non ci sono
quote da pagare, è sufficiente presentarsi puntuali al luogo di
ritrovo.



Descrizione
Muti,
Pani e Bincenza
Le
idee non ci mancano, aspettiamo il buonsenso dei nostri amministratori.
A cura di Vittorio Del Duca, Ignazio Romano e Roberto
Vallecoccia
Tre laghi, denominati Muti, Pani e Bincenza, dal nome dei loro antichi proprietari, e due mulini ad acqua circondati da ulivi, vigne ed orti ben coltivati, questo il paesaggio che si offriva alla vista dei viandanti nel tratto setino dell’antica via pedemontana
volsca, dopo la bonifica nel 1777 di Pio VI Braschi e dell’ingegnere idraulico Rappini . Tante polle d’acqua,
tuttora esistenti, alimentavano quei laghi, i cui argini fortificati dalle opere di bonifica con muratura
“a sudello” regolavano le acque sino a far muovere le pale di due mulini, le mole Muti e le mole Pani, per poi defluire principiando il corso del mitico fiume
Ufente. Poco più innanzi, tra i piedi dell’acquedotto delle Sardellane ed il preistorico sito dell’Arnalo dei Bufali, l’Ufente torna ad alimentarsi da numerose acque sorgive (tra cui Scafa Rappini e Cassone) che vi affluiscono a mezzo di un reticolo di canaletti o “canalelle“, che hanno dato il nome alla località.
Dei tre laghi, il più grande è il Pani, mentre il
Bincenza non ha mai alimentato alcun mulino perché oltre ad essere il più piccolo, non ha mai avuto una sorgente propria, e l’acqua vi confluisce a mezzo di un
canaletto, da una sorgente posta più a monte, a trecento metri di distanza e ad un livello superiore, nei pressi dei ruderi romani “ le Grotte” e la “ villa di Mecenate”. Anche le acque del
Bincenza confluiscono tramite un canale nel fiume
Ufente, ma oggi di questo piccolo lago non resta più nulla, il suo letto è ripieno di detriti palustri e di terriccio. Nel lago Muti, che è ben visibile nella curva della vecchia strada provinciale 156, un argine lungo 100 metri ed alto 5, fa da contenimento a tre importanti polle di acqua, le quali, dopo la dismissione del vecchio mulino, azionarono per un certo tempo i motori elettrici per l’illuminazione del paese, ed oggi lo riforniscono in parte di acqua potabile. Nel lago Pani, di polle ve ne sono almeno sei, di cui una sulfurea, e l’argine lungo 400 metri, più basso di quello delle mole Muti, è sufficientemente ben conservato e visibile a tratti tra le canne ed i cespugli. La portata di tutte queste sorgenti è stata stimata in 4,3
mc/sec, quasi il doppio di quelle di Ninfa, che risulta essere di 2,5
mc/secondo.
Mentre intorno agli anni ottanta del secolo scorso il sito era coltivato ad ortaggi, oggi è completamente incolto. Le canne palustri, gli arbusti di “spinacaci” e gli sterpi hanno avuto il sopravvento sulle coltivazioni, ma le calle e il gorgoglìo delle acque sorgive continuano ancora a regalargli un fascino antico.
Ma
l'evento che ha cambiato la storia dei luoghi oggetto delle nostre
ricerche risale al 1911, quando tra il 3 ed il 6 maggio una
tremenda alluvione distrusse i due mulini più importanti del paese a
Casali e in fondo al Brivolco: la furia inusitata delle acque, staccò enormi massi dalle pareti della valle della Cunnula che rotolarono giù frammisti a detriti, distruggendo
l’antico ponte romano della via setina che attraversava il Brivolco (Rivùluco, in
dialetto) oltre al vicino mulino ad acqua della famiglia
Filigenzi.
Il paese rimase con un solo mulino (detto molelle) posseduto della
famiglia Pani. Successivamente la famiglia Muti decise di costruire un
nuovo mulino per far fronte alla necessità del paese.
Proprio
quest'ultimo impianto (ancora ben visibile ai margini della SR 156) nel 1929
fu trasformato per produrre energia elettrica necessaria per l'illuminazione
pubblica, per l'ospedale, per la Pretura, per il palazzo Comunale e per
illuminare tutte le scuole del paese.
Oltre che per i nuovi mulini che, a partire da quello della famiglia
Rappini, iniziarono a nascere nel centro abitato.
Tutta la zona, secondo noi, presenta le potenzialità
giuste per tornare a creare nuova economia e posti di lavoro: con un progetto di recupero
dell'impianto idroelettrico delle Mole Muti che tornerebbero a
produrre energia sufficiente per l'impianto adiacente di pompaggio idrico
attualmente gestito da Acqualatina; con un progetto ad uso didattico
con il recupero del vecchio mulino Pani; ed infine con un progetto
naturalistico con il recupero della zona umida che circonda tutto il
sito. Tre progetti in uno, ma non è tutto perché vi si potrebbero associare cantine per la vendita e la degustazione di vini particolari, molto acclamati in passato, ma anche di prodotti tipici locali. Il sito si adatta molto bene alla pesca sportiva, al
wedding, e come punto di partenza per la navigazione dell’Ufente, in canoa o in battello, arricchito da programmi di approdi presso le aziende agricole che effettuano la vendita diretta dei loro prodotti.

Passeggiando
lungo il lago delle Mole Muti e il fiume Ufente, tra i molti incontri
stupefacenti, è possibile vedere le bianche calle in fiore, le ninfee
gialle e l'airone cenerino.



Dall'Atlante delle sorgenti della Provincia di Latina
Le sorgenti delle Sardellane [...] 28 polle principali allineate alla base del Colle
Quartara [...]
Le principali sono: Canalelle - Mola Muti - La Botte - Le Molette - Mola Vecchia
- Pisticciola -
I Cassoni - Scafa Rappini - Scafa Rappini (la Barca) - Ferro di Cavallo
- Sardellane - Casenuove
Casenuove 2 . Un mare di acqua. Una ricchezza inestimabile.
Sono 9 comuni serviti dall'acquedotto delle Sardellane, per un totale
di 263.242 abitanti:
Sezze 24.866 - Priverno 14.542 - Pontina 14.883 - Latina 125.496 - Sabaudia 20.305
Sonnino 7.487 - - S.Felice 9.981 - Terracina 45.682.
Il
Gruppo "In Difesa dei Beni Archeologici" ringrazia per la
disponibilità
il Comune di Sezze nella persona del Sindaco Andrea Campoli ed il
Consigliere Ernesto Di Pastina, la dirigenza di
Acqualatina nella persona della Dottoressa Loredana Leccese, la
società dei servizi SPL nella persona del nuovo Presidente Bernardino
Quattrociocchi che ci hanno permesso di accedere al sito del lago delle Mole Muti,
pulito per l'occasione, e alla centrale idroelettrica che per lungo tempo, a partire dal 1929, ha fornito l’elettricità alle
Scuole, all’Ospedale, al Comune, alla Prefettura e all’illuminazione pubblica di
tutto il paese di Sezze.
Un ringraziamento
di cuore va a mio zio Valleriani Vincenzo che sarà con noi per raccontarci la
sua storia e quella così importante di quel fazzoletto di terra
dai primi del '900 fino agli anni '80.
Dipendente
comunale in pensione, ma soprattutto memoria storica, Valleriani
Vincenzo dal 1952 al 1972 ha svolto la funzione di tecnico addetto
all'impianto di sollevamento e idroelettrico delle Mole Muti. Nel
1973, dopo un grave incidente sul lavoro, è stato
trasferito negli uffici comunali, e quando la Regione Lazio nel 1978 è
entrata nella gestione dell'acqua pubblica, con la realizzazione
dell'impianto delle Sardellane, è rimasto profondamente deluso per
l'abbandono progressivo del vecchio impianto delle Mole
Muti.
Un
grazie va anche ai dipendenti di AcquaLatina, l’ing.
Claudio Villani e Gianluca Pisa, che con competenza e professionalità
ci guideranno mettendo a disposizione l'interessante know-how sul sistema idrico del paese, accumulato in tanti anni di esperienza
anche al servizio dell’ex gestore.
Un ultima notazione va fatta sulle grandi potenzialità che racchiude la dismessa centrale idroelettrica delle Mole Muti, che forniva con la tecnologia di allora una potenza di circa
70 kw di energia pulita, equivalente alla potenza erogata da 22 ettari di pannelli
solari.
Se ne deduce che con le moderne tecnologie e con modico investimento, quella potenza potrebbe
raddoppiarsi, abbattendo notevolmente i costi di sollevamento dell’acqua con enormi benefici per l’utenza.





Vittorio
Del Duca con Vincenzo Valleriani



L'impianto
idroelettrico che per primo ha dato l'energia al paese di Sezze spiegato
da Valleriani



foto
di famiglia


Roberto
Vallecoccia illustra la carta topografica del 1700



Cartolina
anni '60 del lago delle Mole Muti dove è
visibile la costruzione dei primi del '900 per la molitura.
Nel
1929 il sito viene trasformato in impianto idroelettrico per la produzione
di corrente sufficiente per l'illuminazione pubblica, per l'ospedale, per
la prefettura per il palazzo Comunale e per illuminare tutte le scuole del
paese.







Francesco
Tetro illustra i resti della Villa Ufentina


nella
foto sotto "la pazzia dell'uomo"






Francesco
Tetro con Daniele Baldassarre davanti agli splendidi resti della villa
romana


Sulle tracce della tribù Ufentina
A cura di Vittorio Del Duca
Giovanni Ciammarucone nel 1641 in “ Descrizione della Citta di Sezza” così parlava dell’
Ufente, il mitico fiume che origina dalle fresche sorgenti poste ai piedi di
Sezze, meglio conosciute con il nome di “Mole Muti”, “ Sardellane” e “Scafa Rappini” (la scafa era una barca, oggi in disuso) :
“Nasce l’Ufente in piè della montagna setina con letto navigabile nell’istesso fonte; e lentamente scorrendo nel mar Tirreno si nasconde; celebre ne ’tempi nostri per le grosse pesche di spigole, e di cefali, che in quello si fanno con reti, e con altri ordegni
piscatorii, venendo prima intorbidare l’acque con grosso branco di bufali. Tali pesche si fanno per l’ordinario in ogni tempo dell’anno, eccetto che nel fondo dell’invernata, ma particolarmente nella settimana santa se ne fa una solennissima dalli Signori Governatori di Campagna per regalare gl’Eminentissimi Signori Nipoti di Papi;…”
Il fiume ha origini antichissime che si perdono nella notte dei tempi; viene cantato nell’Eneide di Virgilio ed incarna uno dei nemici che contrastano la mitica figura di Enea, appena sbarcato nel Lazio a seguito della distruzione della sua città, Troia.
Nella vicina Priverno, che con Sezze ha sempre avuto una rivalità secolare, il nostro paese veniva identificato con “gliò Bufente” come testimoniano alcune storielle ancora in voga sino a qualche decennio fa tra “la Regina Camilla e gliò Bufente” inventate dai pipernesi per denigrare
Sezze. Il nostro paese rendeva pan per focaccia con un'altra serie di racconti tra “I Bufento e la Camilla” quasi sempre imbastiti di volgarità, al pari di quelli di
Priverno. Priverno è nota per le sue origini volsche, e Camilla ( figura immaginaria, secondo Ciammarucone ed altri) regina di Volsci e figlia di re
Metabo, morì per mano di Arunte combattendo con i suoi guerrieri al fianco dell’alleato Turno contro Enea, dalla cui progénie verrà poi fondata Roma. ( Virgilio, Eneide canto VII
vv. 803 -817 e canto XI vv. 498 – 915.)
Se però i pipernesi chiamavano Sezze “gliò Bufente”, storpiando il nome del fiume
Ufente, una ragione doveva pure esserci e questa la possiamo trovare ancora una volta nel libro del
Ciammarucone, che si rifà ad un passo di Tito Livio: “Da questo Ufente venne denominata la Tribù
Ufentina, che insieme con l’altre votava nel Senato Romano; di cui ancor vive la memoria in un marmo intagliato dell’antica
Fregelle; hora Ponte Corùo, di lui fece menzione Livio nel libro IX della prima Decha con queste parole: Eo anno dua addite Tribus Ufentina e
Falerina..” Conosciamo veramente molto poco di questa tribù; possiamo solo dedurre da Tito Livio che si sviluppò lungo le rive dell’Ufente e che nel 318 a.C. faceva parte della Lega Latina e partecipava con rappresentanti alle sedute del Senato Romano.
Il nome “gliò Bufente” affibbiato a Sezze, potrebbe dunque trovare una giustificazione dal fatto che la tribù Ufentina o Ofentina , che abitò le rive dell’Ufente, abbia trovato una sistemazione proprio nelle rive sotto Sezze e che i privernati idealizzarono con tale nomignolo tutta la zona, ivi compresa la nostra città, che peraltro in tutti i testi antichi non figura mai con tale nomignolo ma sempre con il suo vero nome.
Del resto, la tribù Ufentina, non avrebbe mai potuto trovare luogo migliore delle sorgenti dell’Ufente, soprattutto in quel tratto che va dalle Mole Muti (dal nome dell’antico proprietario) alla sorgente della Scafa
Rappini, e dall’Arnalo dei Bufali (dove fu ritrovato il dipinto rupestre dell’uomo a
phi), fino a Ponte Ferraioli. Chi conosce questi luoghi sa che sarebbero stati ideali ad ospitare una tribù di pescatori e di agricoltori quale doveva essere l’Ufentina, non solo per le numerose sorgenti e polle d’acqua che fanno invidia a Ninfa, ma anche perchè l’Ufente era navigabile e pescoso, ed i terreni circostanti potevano essere facilmente irrigati da una fitta rete di canalicoli, in cui ancora oggi scorrono le acque sorgive, e che hanno dato a tutta la contrada la denominazione di “Canalelle”.
Se così fù, le numerose grotte carsiche che si vedono nel monte dirimpetto le sorgenti del fiume, e ai cui piedi passava la ferrovia di “Tuppitto” ed ora la Roma – Napoli, avrebbero potuto essere abitate dalla tribù
Ufentina, cosi come la villa situata tra i pascoli della Società
Bovaria, i cui resti oggi sono comunemente chiamati “villa romana”. Osservando i ruderi e il sito di questa villa, posta ad una quota di circa 70 metri di altitudine, si desume che dovette essere piùttosto ampia, costruita su più livelli e servita da una copiosa sorgente d’acqua che scaturiva dalle rocce, e di cui ancora oggi se ne ravvisano i segni.
Quanto sarebbe bella una passeggiata in battello
sull’Ufente!

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