Passeggiate archeologiche 

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> 10 febbraio 2013:  7a tappa del Gruppo “In difesa dei Beni Archeologici”

a cura di  Ignazio Romano

L'archeo valanga invade l'Arnalo dei Bufali 

In 70 davanti all'uomo a phi

L'attenzione cresce ed ancora una volta i numeri sono da record 

Domenica 10 febbraio 2013, nel tentativo di salvare un habitat naturale unico, arricchito da un patrimonio archeologico inestimabile, le forze del volontariato, con il patrocinio del Comune di Sezze, il benestare della Soprintendenza, il permesso di Acqualatina ed il sostegno di esperti paleontologi, archeologi, architetti e ingegneri oggi hanno visitato Il riparo preistorico dell'Arnalo dei Bufali, dove nel 1936 è stato ritrovato il dipinto rupestre dell'Uomo a phi, vicino al tracciato della vecchia linea ferroviaria Toppitto, immerso in un paesaggio carsico caratterizzato da numerose grotte. 

Camminando per circa un chilometro sull'antico tracciato ferroviario, per poi risalire leggermente la collina di Sezze, il gruppo composto da 70 persone ha raggiungono i ruderi della "Villa Romana della tribù Ufentina". Questo tesoro rischia di scomparire, non solo per l'incuria dell'uomo che non ha mai provato a valorizzare queste risorse, ma anche per l'avanzata del cemento che in questo punto sembra essersi accanito particolarmente. Come dimostrano le foto, ma anche le notizie che parlano di nuovi lavori in cemento per correggere gli errori commessi, chi spende il denaro pubblico sembra non curarsi per nulla della sensibilità crescente nei confronti della cultura e del patrimonio naturale e archeologico presente.

Mentre le acque non sanno più che via prendere per arrivare al mare, 

Ercolidano prova a correggere gli "orrori" perpetrati dall'uomo nei confronti della natura 

Le foto si commentano da sole. Questi i tesori dimenticati. 

Nel quadro "L'alba dell'umanità", del pittore Franco De Franchis, è ben riprodotta una scena a cui avrebbe potuto assistere il "Setino del Neolitico". E nonostante l'accanimento del "setino moderno", come evidenziato nelle foto dei sopralluoghi svolti per preparare la visita del 10 febbraio, la zona ha mantenuto il fascino primitivo che caratterizza tutti i tracciati da noi riscoperti, con la capacità di riportare il visitatore in una epoca del passato, non meglio precisata, in cui l'uomo viveva ancora rispettando la natura. In questa grotta i paleontologi Blanc, Breuil di Parigi, Pei di Pechino e l'italiano Cardini, nel 1936 fecero la scoperta dell’uomo a phi. Primo esempio in Italia su un totale di appena tre scoperte simili. 

Riconosciuto confrontandolo con i numerosi ritrovamenti fatti in Spagna appartenenti al Neolitico, il dipinto di Sezze ha circa 6.000 anni.  La figura, ritrovata all'Arnalo dei Bufali in Sezze, è alta 28,5 cm e larga 22,0 e si trova attualmente a Roma presso il museo "Preistorico-Protostorico del Lazio"

La dottoressa Bruckner e Del Duca studiano la zona davanti all'Arnalo dei Bufali

Inconcepibile... 

Senza voler considerare il rispetto, per noi ovvio, per uno dei cinque luoghi in cui nel Lazio sono state rinvenute pitture preistoriche, non si capisce come è stato possibile pensare, in un uno spazio di appena 100 metri, racchiuso da una parte da conformazioni di natura carsica e dall'altra da un fiume, due strade e due linee ferroviarie. Inconcepibile... è l'unica definizione.

Eppure qualcuno questa cosa l'ha concepita, e l'antico riparo sembra guardarsela attonito.

A difesa di questo inestimabile patrimonio la natura sembra essere rimasta da sola. Quella stessa natura, fatta di viti e fichi nani, descritta da Plinio il Vecchio nel trattato "Naturalis Historia".

Un paesaggio unico, ricco di storia e risorse naturali, che va preservato e rispettato 

Il lago delle Mole Muti visto dai ruderi della Villa Ufentina

Sulle tracce della tribù Ufentina

di Vittorio Del Duca

Giovanni Ciammarucone nel 1641 in “ Descrizione della Citta di Sezza” così parlava dell’ Ufente, il mitico fiume che origina dalle fresche sorgenti poste ai piedi di Sezze, meglio conosciute con il nome di “Mole Muti”, “ Sardellane” e “Scafa Rappini” (la scafa era una barca, oggi in disuso) :
“Nasce l’Ufente in piè della montagna setina con letto navigabile nell’istesso fonte; e lentamente scorrendo nel mar Tirreno si nasconde; celebre ne ’tempi nostri per le grosse pesche di spigole, e di cefali, che in quello si fanno con reti, e con altri ordegni piscatorii, venendo prima intorbidare l’acque con grosso branco di bufali. Tali pesche si fanno per l’ordinario in ogni tempo dell’anno, eccetto che nel fondo dell’invernata, ma particolarmente nella settimana santa se ne fa una solennissima dalli Signori Governatori di Campagna per regalare gl’Eminentissimi Signori Nipoti di Papi;…” 

Il fiume ha origini antichissime che si perdono nella notte dei tempi; viene cantato nell’Eneide di Virgilio ed incarna uno dei nemici che contrastano la mitica figura di Enea, appena sbarcato nel Lazio a seguito della distruzione della sua città, Troia. 
Nella vicina Priverno, che con Sezze ha sempre avuto una rivalità secolare, il nostro paese veniva identificato con “gliò Bufente” come testimoniano alcune storielle ancora in voga sino a qualche decennio fa tra “la Regina Camilla e gliò Bufente” inventate dai pipernesi per denigrare Sezze. Il nostro paese rendeva pan per focaccia con un'altra serie di racconti tra “I Bufento e la Camilla” quasi sempre imbastiti di volgarità, al pari di quelli di Priverno. Priverno è nota per le sue origini volsche, e Camilla ( figura immaginaria, secondo Ciammarucone ed altri) regina di Volsci e figlia di re Metabo, morì per mano di Arunte combattendo con i suoi guerrieri al fianco dell’alleato Turno contro Enea, dalla cui progénie verrà poi fondata Roma. (Eneide di Virgilio canto VII vv. 803 -817 e canto XI vv. 498 – 915.) 
Se però i pipernesi chiamavano Sezze “gliò Bufente”, storpiando il nome del fiume Ufente, una ragione doveva pure esserci e questa la possiamo trovare ancora una volta nel libro del Ciammarucone, che si rifà ad un passo di Tito Livio: “Da questo Ufente venne denominata la Tribù Ufentina, che insieme con l’altre votava nel Senato Romano; di cui ancor vive la memoria in un marmo intagliato dell’antica Fregelle; hora Ponte Corùo, di lui fece menzione Livio nel libro IX della prima Decha con queste parole: Eo anno dua addite Tribus Ufentina e Falerina..” Conosciamo veramente molto poco di questa tribù; possiamo solo dedurre da Tito Livio che si sviluppò lungo le rive dell’Ufente e che nel 318 a.C. faceva parte della Lega Latina e partecipava con rappresentanti alle sedute del Senato Romano.

Il nome “gliò Bufente” affibbiato a Sezze, potrebbe dunque trovare una giustificazione dal fatto che la tribù Ufentina o Ofentina , che abitò le rive dell’Ufente, abbia trovato una sistemazione proprio nelle rive sotto Sezze e che i privernati idealizzarono con tale nomignolo tutta la zona, ivi compresa la nostra città, che peraltro in tutti i testi antichi non figura mai con tale nomignolo ma sempre con il suo vero nome. 
Del resto, la tribù Ufentina, non avrebbe mai potuto trovare luogo migliore delle sorgenti dell’Ufente, soprattutto in quel tratto che va dalle Mole Muti (dal nome dell’antico proprietario) alla sorgente della Scafa Rappini, e dall’Arnalo dei Bufali (dove fu ritrovato il dipinto rupestre dell’uomo a phi), fino a Ponte Ferraioli. Chi conosce questi luoghi sa che sarebbero stati ideali ad ospitare una tribù di pescatori e di agricoltori quale doveva essere l’Ufentina, non solo per le numerose sorgenti e polle d’acqua che fanno invidia a Ninfa, ma anche perchè l’Ufente era navigabile e pescoso, ed i terreni circostanti potevano essere facilmente irrigati da una fitta rete di canalicoli, in cui ancora oggi scorrono le acque sorgive, e che hanno dato a tutta la contrada la denominazione di “Canalelle”. 
Se così fù, le numerose grotte carsiche che si vedono nel monte dirimpetto le sorgenti del fiume, e ai cui piedi passava la ferrovia di “Tuppitto” ed ora la Roma – Napoli, avrebbero potuto essere abitate dalla tribù Ufentina, cosi come la villa situata tra i pascoli della Società Bovaria, i cui resti oggi sono comunemente chiamati “villa romana”. Osservando i ruderi e il sito di questa villa, posta ad una quota di circa 70 metri di altitudine, si desume che dovette essere piùttosto ampia, costruita su più livelli e servita da una copiosa sorgente d’acqua che scaturiva dalle rocce, e di cui ancora oggi se ne ravvisano i segni. Quanto sarebbe bella una passeggiata in battello sull’Ufente!

sopra- Il tecnico Luigi Maurizi ci ha guidati lungo il percorso dell'impianto delle Sardellane

sotto- L'archeologo Vittorio Mironti ha illustrato il sito preistorico dove è stato ritrovato l'uomo a phi

La posizione esatta dove Blanc ha scoperto la pittura rupestre

Il gruppo attraversa l'impianto delle Sardellane

Visita al sito della Villa Romana della tribù Ufentina

La Dottoressa Elisabeth Bruckner illustra al gruppo gli aspetti storici e archeologici del sito

L'archeologa Giorgia Molinari nel momento in cui è stato ritrovato una pavimentazione a mosaico

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