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Nuovo Piano Urbanistico |
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"Il Piano della Rinascita" |
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6 febbraio 2004: i lavori per il nuovo Piano Urbanistico continuano grazie anche a sofisticati rilievi aerei. Commissionati dal Sindaco Zarra e fortemente voluti dall’assessore all’urbanistica, i rilievi sono stati eseguiti dall’équipe dell’ingegner Giancarlo Atza, e vanno ad arricchire di nuove informazioni gli studi sul territorio comunale. Grazie ad una serie di fotografie digitali, consegnate al comune di Sezze il 6 febbraio 2004, si potrà realizzare una cartografia dettagliata scala 1:2000 per analizzare le potenzialità edilizie e le forme d’intervento possibili. Ulteriori studi geomorfologici e vegetazionali serviranno, insieme alla perimetrazione dei nuclei abusivi, al “Piano di rinascita” tanto voluto da questa amministrazione. Certamente strumenti e dati interessanti ed utilissimi che però, a mio avviso, non suppliscono alla sensibilità ambientale ed al corretto utilizzo del territorio stesso, da sempre con vocazione agricola e naturalistica. Nei confronti di ipotesi che vogliono la zona agricola ed archeologica di “Tratturo Canio” e gli stessi “Archi di San Lidano” all’ombra del mostro a sei corsie chiamato “Corridoio Tirrenico” occorre prendere posizioni chiare. Mentre per quanto riguarda gli scempi presenti nel territorio di Sezze, praticati a danno di ville romane, tratti di mura poligonale ma anche panorami e quant’altro, non occorrono certo i rilievi aerei dell’ingegner Atza per scoprirli, ma sono più che sufficienti le foto del Portale. >> alcuni esempi Come sempre ci si augura raziocinio e
la volontà effettiva di fare il bene
comune.
I.Romano |
Il Sindaco Lidano Zarra
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Esiste un’interazione fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda Come appassionato di fotografia sento molto questo legame. Gli antichi Greci lo avevano capito bene, e nella progettazione degli edifici tenevano sempre conto dell’influenza che avrebbe avuto l’estetica, ma anche la funzionalità stessa dell’opera, sulla percezione umana. Si pensi soltanto al senso di sottomissione che si prova ancora oggi di fronte alla maestosità dei templi, alla concentrazione che si otteneva nei ginnasi, al piacere derivante dall’acustica nei teatri. In effetti il nostro corpo percepisce tutto ciò che ha intorno, e questo influenza i nostri stati d’animo e condiziona il nostro benessere. Caldo, freddo, ansia, quiete, queste ed altre sensazioni, come gli stimoli emotivi, ci arrivano di continuo dall’ambiente circostante. Tutti sanno come la macchina umana riceve dall’esterno informazioni tramite i cinque sensi, e come tutto viene trasmesso al cervello per essere elaborato. Dunque l’ordine, l’armonia dei colori e delle forme, l’assonanza dei materiali e il loro accostamento, la funzionalità delle strutture condizionano fortemente la qualità della nostra vita. Quindi, in ambienti antropomorfi, fortemente caratterizzati dall’uomo, come il centro abitato di Sezze, che porta con se i segni di migliaia d’anni di storia, la condizione di vivibilità è in stretta relazione con le strutture architettoniche presenti. In questo complesso quadro si configura lo Studio preliminare per il nuovo Piano Urbanistico di Sezze. Presentato giovedì 23 ottobre presso l’Auditorium Comunale Sant’Angelo, il piano è stato fortemente voluto dalla giunta Zarra. Il nuovo PRG (quello precedente risale al 1976) sarà firmato da una vecchia conoscenza in paese, l’architetto Massimiliano Fuksas, che già nel 1997 ricevette l’incarico dalla giunta Siddera. Dopo le difficoltà iniziali, oggi il lavoro preliminare è pronto, e già ha preso il nome di Piano della rinascita. Dall’esposizione che segue, gentilmente concessa dal Vice Sindaco di Sezze, il Dr. Giuseppe Ciarlo spiega l’importanza concettuale dello Studio, la sua dinamica, e si sofferma sull’importanza che l’ambiente, la storia, ma anche la funzionalità stesse delle opere, avranno nel nuovo Piano Urbanistico; così liberare il Parco della Rimembranza dalla morsa delle auto, dando il via alla costruzione del parcheggio, da sempre sognato, nell’area sottostante Piazza Sant’Andrea, finalmente liberata dai vincoli ambientali che ne hanno da sempre impedito l’utilizzo, rientra tra le priorità e nell’ottica di questa giunta. I setini aspettano impazienti opere che rendano giustizia al paese. Tra queste la messa in sicurezza degli edifici scolastici (tranne due già in regola) secondo i dettami della legge 626; ampliamento della rete fognaria e costruzione di mini impianti di depurazione di zona, come a Crocemoschitto; l’immancabile ampliamento e miglioramento della rete viaria; questi alcuni dei punti del nuovo piano, annunciati anche durante la campagna elettorale da questa nuova classe politica. di Ignazio Romano Sezze, 23 ottobre 2003, Auditorium Comunale Presentazione
Studio preliminare del nuovo Piano Regolatore a
cura del Vice Sindaco di Sezze, Dr. Giuseppe Ciarlo Ringrazio tutti gli intervenuti, i tecnici che ci hanno consentito di cominciare a recuperare il tempo perduto che vuol dire fondamentalmente mancato sviluppo della nostra Città, vorrei poi ringraziare i cittadini che ci hanno concesso la fiducia, che noi stiamo iniziando a ricambiare, le parti sociali, associazioni, gruppi e movimenti di Sezze. Questo è il momento di cominciare a partecipare alle scelte. Abbiamo
dato un nome a questo progetto “Piano della rinascita” e non
a caso, ma forse il secondo nome è quello della condivisione,
perché se è vero che siamo in questi anni giunti a un singolare bivio,
se due percorsi sembrano incrociarsi: da una parte, quello
dell'evoluzione legislativa e amministrativa e delle tensioni (o
distensioni) ideologiche, politiche, culturali che ne condizionano il
cammino; dall'altra, quello dell'evoluzione della situazione reale delle
città e del territorio; la frattura che creano rispetto al passato, di
necessità di superamento di antiche categorie, di rischio anche acuto
di regressione viene superata essenzialmente da una partecipazione di
tutti al Piano. Oltretutto,
la nuova Legge Urbanistica sul governo del territorio della
regione Lazio, ha modificato profondamente i processi decisionali
permettendo l’istituzione di atti che semplificheranno la procedura
permettendo la riduzione dei tempi attuativi. Dobbiamo
togliere l’immagine dell'urbanistica unicamente come un insieme di lacci
e lacciuoli, perché oggi non è privo di motivazioni, se non di
ragioni, il cittadino che di fronte ad un castello di norme e procedure
comprese quelle per lo “snellimento delle procedure”, che ha forme,
che definire barocche è fin troppo benevolo, protesta perché,
illuminato solo dai suoi immediati interessi. I
cardini di questo Piano sono lo sviluppo, il rispetto dell’ambiente,
la qualità della vita. Oggi
siamo anche impegnati ad
indagare (o inventare) una nostra vocazione terziaria, a ricercare modi
e strumenti e occasioni mediante le quali garantire la presenza di quote
crescenti di attività di servizio, possibilmente “di livello
superiore”. E’
poi mutato il grado di consapevolezza sulla decisività dei valori
espressi dall'ambiente naturale e, più in generale, da quel grande
giacimento di ricchezza costruito dall'accumulazione storica sul nostro
territorio di lavoro e di civiltà. Questi valori sono avvertiti, credo
da tutti i cittadini di Sezze come decisivi. Per il rischio che minaccia
la nostra stessa sopravvivenza a causa della dissipazione forsennata che
si è compiuta, e si continua a compiere, della risorsa fondamentale
della vita dell'uomo e della società. Per lo spreco di ricchezza che
comporta, in termini economici, la distruzione di quella risorsa, sia
per le spese ingenti necessarie per ricostituire il territorio e pagare
i danni dei dissesti ormai divenuti patologici e ricorrenti, sia per i
mancati guadagni derivanti dalla mancanza di una loro saggia
amministrazione. Infine, per la crescente presa di coscienza del
fatto che il territorio è la vivente espressione e testimonianza della
storia della nostra civiltà, la quale, nel suo fluire, ha impresso su
di esso i segni ancor oggi visibili della sua evoluzione, dove più
concentrati (il centro storico) dove meno (il paesaggio
agrario e montano), ed è perciò componente non eliminabile della
memoria storica della nostra società. L'esigenza della qualità, che caratterizza in modo determinante, come abbiamo accennato, l'epoca nella quale senza avvertirlo siamo entrati, ha tra le sue componenti essenziali questa nuova attenzione per l'ambiente. E forse la necessità inderogabile di salvaguardare l'ambiente nel suo complesso è ciò che, mentre da un lato ribadisce e conferma la necessità della pianificazione, dall'altro lato pone ad essa i più impegnativi compiti di innovazione. Ma occorre innanzitutto precisare che cosa intendiamo per ambiente. Ponendoci dal punto di vista dell'urbanista Consideriamo l'ambiente come il prodotto di un millenario investimento di lavoro e di cultura che l'uomo ha compiuto per trasformare la natura e renderla idonea a ospitare la vita e le attività umane. Ciò che soprattutto ci interessa è cogliere e sottolineare questo intreccio tra natura e lavoro, tra preesistenza fisica e opera di trasformazione, non solo perché è unicamente partendo dalla consapevolezza di questo intreccio che si può conoscere l'ambiente; nella sua qualità, nella sua struttura e nelle sue caratteristiche, ma anche perché è proprio nel delineare le regole mediante le quali occorre oggi proseguire quell'intreccio che si esplica l'azione dell'urbanista. Considerare
in tal modo l'ambiente comporta alcune conseguenze che meritano di
essere rese esplicite. La prima è che, ponendosi da un simile punto di
vista, l'interesse e l'attenzione per l'ambiente non possono limitarsi
ad alcune parti, ad alcuni ritagli dotati di qualità o di
rarità notevoli:i centri storici o i boschi residui. Essi devono invece
considerare l'insieme del sistema ambientale, variamente
caratterizzato da forme diverse, da diverse incidenze, da diverse qualità
dell'intervento storico dell'uomo. La
seconda conseguenza, strettamente connessa alla prima, è che
l'ambiente, nel suo insieme e nelle sue parti, non può non essere analizzato
criticamente, mediante un'operazione culturale che sappia condurre a
distinguere ciò che deve essere conservato da ciò che può e deve
essere trasformato, e che in secondo luogo, soprattutto, sappia
individuare le regole che devono essere seguite nel trasformare
l'ambiente. La terza conseguenza, anch'essa strettamente connessa
alle prime due, è che l'attenzione e l'interesse per l'ambiente devono
tradursi in un'attività di progettazione del territorio.
L'analisi critica del sistema ambientale deve infatti dar luogo a una
serie di azioni, che nel loro insieme devono determinare una
trasformazione del sistema ambientale. Esse dovranno esser volte a una
pluralità di obiettivi specifici: dove a vincolare, e a gestire, zone
di assoluta immodificabilità, e zone in cui la fruizione deve
essere attentamente controllata; dove a definire quali elementi
dell'ambiente e del paesaggio, tracce e testimonianze della nostra
storia, debbano restare immutati e costituire anzi la trama delle
trasformazioni possibili, e in quali modi, e con quali strumenti, e con
quale considerazione dei costi e dei benefici economici e sociali; dove,
infine, si debba procedere a vere e proprie operazioni di recupero o di riprogettazione
dell'ambiente territoriale e di quello urbano. Ecco allora, in definitiva, perché singole azioni di protezione e vincolo di singole porzioni del sistema ambientale, ancorché necessarie, anzi benemerite in una fase quale quella attuale, sono però tutt'altro che sufficienti. Ecco perché è indispensabile un'azione di pianificazione, un'attività sistematica di governo pubblico delle trasformazioni urbane e territoriali che assuma la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse ambientali (in quell'accezione, che riteniamo completa più che larga, e sulla quale contiamo di avere dalla nostra parte i gruppi ambientalisti) come obiettivo prioritario e fondamentale: anzi, come criterio di valutazione e di misura della correttezza della pianificazione. Ed
ecco, anche, perché il tema dell'ambiente pone all'urbanistica, alla
scienza e alla tecnica della pianificazione, un impegnativo compito di
rinnovamento. Per
questo motivo occorre ormai misurarsi non più con il problema della
gestione della crescita quantitativa e disordinata di tutte le grandezze
implicate nel processo di urbanizzazione (le famose cubature), ma con il
problema, di qualità tutt'affatto diversa, dello sviluppo sì ma
senza crescita quantitativa. Si
può infatti affermare che va maturando un'esigenza di qualità.
Questa si manifesta in più d'un aspetto, nasce da una molteplicità di
moventi e interessi. Nasce
da quella nuova attenzione nei confronti della risorsa ambientale di cui
si è or ora detto. Nasce dal fatto che i bisogni quantitativi si
avviano a essere soddisfatti e quindi si affacciano bisogni nuovi. Nasce
da una sorta di soprassalto critico nei confronti della sofferente
immagine offerta dai quartieri rurali privi di umanità, che cureremo
con i contratti di quartiere. Dobbiamo
oggi cambiare il
tradizionale modo di pianificare, perché la pianificazione sia
realmente adeguata ad affrontare la realtà nei termini in cui essa oggi
si pone, a governare le
trasformazioni che hanno luogo nell'età dello sviluppo senza crescita,
della qualità come obiettivo determinante, della necessità di un
rapporto nuovo tra azione pubblica e intervento privato. Non
a caso abbiamo finora adoperato il termine “pianificazione”
anziché il termine “piano”, che pure per semplicità
adottiamo. Quest'ultimo termine suggerisce infatti l'immagine di uno
strumento, costruito come la definizione del desiderabile assetto di una
determinata parte del territorio, concluso e statico. Respingiamo una simile concezione. Non è più sufficiente in una fase in cui la rapidità, la diffusione e le caratteristiche delle trasformazioni in atto impongono, a tutti i livelli, un'azione di governo delle trasformazioni urbane e territoriali che sia continua e sistematica, una capacità di adeguare tempestivamente le scelte al mutare degli eventi, un'attenzione, mai praticata nel passato, nei confronti degli operatori, pubblici e privati, delle loro esigenze, delle loro disponibilità, una retroazione costante tra le conseguenze della pianificazione e le sue scelte. Ciò
di cui si tratta è quindi ribaltare la tradizionale logica
pianificatoria, che assumeva come problema e obiettivo centrale quello
della valutazione e della regolazione delle quantità aggiuntive di
urbanizzazione. Oggi
dobbiamo costruire una serie di raccordi di massima rilevanza ai fini di
una pianificazione effettivamente operante. In
primo luogo, il raccordo con l'insieme delle istanze politiche
attraverso cui si esprime la sovranità popolare. E' il momento in
cui concretamente si sceglie, in cui si trasformano istanze sociali in
priorità politiche, in cui veramente si disvela al massimo grado il
sistema degli interessi che questa o quell'altra forza politica, questa
o quell'altra maggioranza, effettivamente esprimono. In cui quindi è
massimamente decisiva la trasparenza del procedimento mediante il quale
si perviene alle decisioni. In secondo luogo, il raccordo con la politica di bilancio dell'Ente cui è affidato il compito della pianificazione (soprattutto, cari Presidenti, la Provincia e la Regione Lazio).
Non
dobbiamo prenderci in giro, una pianificazione che voglia possedere il
requisito dell'efficacia, che voglia non ridursi (come troppe
volte nel passato è avvenuto) a un “libro
dei sogni”, che
voglia tradursi in opere, in concreti interventi, deve poter
condizionare le politiche economiche, e in particolare le politiche
della spesa: queste sono le gambe con cui solo può camminare. E
viceversa, la politica di bilancio ha bisogno della pianificazione come
di quell'insieme di scelte e di tecniche che può permetterle di avere
una coerenza non solo contabile, ma dispiegatamene sociale. In terzo luogo, infine, il raccordo con quella vasta gamma di operatori pubblici e privati che dovrà realizzare e gestire le scelte del piano e del programma. Questo ci sembra un punto davvero decisivo, proprio per i mutamenti che sono intervenuti nella nostra città e che richiedono un rinnovamento coraggioso. Ma
è evidente allora che, in questo nuovo scenario, cambiano gli
interlocutori. Le figure dominanti non sono più quelle dell'antica
triade (Il Comune, il proprietario fondiario, l'imprenditore
capitalistico), e l'azione pubblica non può più semplicemente ridursi
a sostituire (o tosare) la proprietà fondiaria, acquistando ed
espropriando i terreni per darli in uso o in proprietà
all'imprenditore. L'area sociale sulla quale l'azione pubblica opera è
un ben più complesso groviglio di figure sociali e di interessi
economici, nei confronti dei quali non si possono eseguire tagli netti.
Il ruolo del pubblico tende a divenire, in modo sempre più dispiegato,
quello del soggetto che guida e indirizza, stimola, sorregge l'attività
di una grande pluralità di soggetti privati (o privatistici),
orientandone le convenienze e le azioni in modo che queste, nel loro
complesso, siano finalizzate agli obiettivi perseguiti, che sono gli interessi
della collettività. A
tale questione è del resto legata un'altra questione che è essenziale
risolvere per poter governare le trasformazioni urbane e territoriali,
per poter pianificare: quella della capacità della pubblica
amministrazione di decidere le cosiddette “destinazioni d'uso”,
stabilendo quali sono le utilizzazioni consentite in ciascuna unità di
spazio. Pianificare oggi, governare le trasformazioni territoriali e urbane in modo adeguato alle esigenze e ai problemi dell'attuale fase di transizione, è certo, comprensibile da quel che finora ho detto, operazione ben più complessa e impegnativa di quanto prima non fosse. Basta pensare alla nuova esigenza di qualità che oggi emerge. Basta pensare alla differenza che c'è tra il redigere un “piano” una volta per tutte e il condurre un'attività sistematica e continua di pianificazione, a sua volta basata su un'attività continua e sistematica di analisi. Il
prossimo passo sarà quello di istituire l’ufficio di Piano e lo
sportello al cittadino, che avranno il compito di integrare e
coordinare le varie discipline di supporto alla realizzazione del Piano,
a costituire un’interfaccia con le componenti sociali, economiche e
politiche, ad assecondare i processi conoscitivi e valorizzare la
partecipazione. Il
ruolo della prima struttura, soprattutto in relazione a due suoi
interlocutori primari: i rappresentanti politici dell'amministrazione,
le competenze e la professionalità esterne all'amministrazione; è
importante. In particolare nei confronti del primo interlocutore (la rappresentanza politica) il ruolo della struttura tecnica non è solo quello di garantire la “continuità” dell'Amministrazione: anche se si deve sottolineare la maggior rilevanza di questo aspetto in una fase in cui ciò che conta non è il “piano”, formato una volta per tutte, ma la continuità e sistematicità di un processo di pianificazione. L'elemento fondamentale sta invece nel compito della struttura tecnica di definire, col massimo di responsabilità, quali sono i dati oggettivi e irrinunciabili dell'assetto del territorio e del governo delle sue trasformazioni, che devono essere assunti come vincoli, o come obiettivi, nelle scelte politiche, e conseguentemente di rendere espliciti quali sono gli ambiti di discrezionalità politica e amministrativa entro i quali può e deve esercitarsi l'azione delle rappresentanze politiche.
Non
quindi un rapporto di subordinazione, ma un rapporto di interazione
basato sulla definizione e delimitazione dei due diversi ambiti di
autonomia, professionalità (e potere) del tecnico e del politico. Lavorando
in questo spirito sarà possibile assicurare gli obiettivi che abbiamo
enunciato all’inizio: avere un piano urbanistico di qualità, che
venga condiviso da tutti e soprattutto consente finalmente lo sviluppo
che tutti noi ci aspettiamo per la nostra amata città. |