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Passeggiate archeologiche |
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> 31 maggio 2015: 3a tappa del Gruppo “In Difesa dei Beni Archeologici” a cura di Fabrizio Paladinelli, Vittorio Del Duca e Ignazio Romano Dalla Sedia del Papa a Ceriara, lungo l’antico tratturo della Fossa dell’Abbenda Uno dei tracciati più ricchi di storia del territorio setino
"La Sedia del Papa" riscoperta nel 2012, oggi invasa dagli escursionisti Ancora un successo di partecipazione alle passeggiate In Difesa dei Beni Archeologici
La visita alla Fossa dell'Abbenda ha un interesse di tipo ambientale/geologico ma anche storico, e si svolge su un percorso con difficoltà media di circa 4 Km per la durata di 4 ore su Piana della Quartara. L'appuntamento è a Sezze alle ore 9.00 nei pressi della chiesa nuova di Santa Lucia.
Descrizione percorso
Il nostro percorso ha inizio da un posto panoramico e ricco di storia, la Sedia del Papa il cui toponimo deriva, secondo la tradizione, dal fatto che Papa Sisto V (1585-1590) durante la bonifica dell’Agro Pontino, risalito la costa delle Mole a dorso di mulo, amava osservare i lavori seduto su di una grossa roccia. In seguito anche Pio VI (1775-1799) si recò sulla stessa altura per osservare i lavori della bonifica. Il momento è bene immortalato dalla stampa "Les Marais Pontains" di Raphael Morghen la cui matrice è conservata presso il British Museum di Londra. Il percorso continua tagliando in diagonale il versante Sud di Monte Trevi. In questa zona sono presenti dei ruderi di una villa rustica di epoca romana, mentre sulla vetta del monte si vedono ancora i resti dell’antico castello di Trevi fondato nel 1313 e completamente distrutto nel XV sec.
il luogo preciso detto "La Sedia del Papa" in una foto del 1982 di Luigi Zaccheo
"La Sedia del Papa" nel 2012 dopo il lavoro di pulizia per renderla di nuovo visibile
"La Sedia del Papa" nel 2015 ripresa durante l'escursione di oggi
fotoracconto della passeggiata
nelle foto che seguono ecco la pianura Pontina al di sotto del sentiero come la scena di un film
particolare architettonico dei resti della villa romana sotto Monte Trevi (foto 2012)
Ecco i ruderi di epoca romana per secoli rimasti senza nome. Ma oggi la villa è abitata da questi due alberi che noi abbiamo sorpreso teneramente abbracciati, e abbiamo chiamato il sito "la villa degli amanti"
Ecco la dolina più grande dell'Appennino centrale, 230 metri di diametro e 70 metri di profondità.
Il percorso è molto panoramico ed il tipo di vegetazione che si incontra è tipica della macchia mediterranea. Non è raro osservare falchi, poiane, tracce del passaggio di mustelidi, volpi, istrici e cinghiali. Questa zona è un corridoio naturale che collega la Pianura Pontina al massiccio del
Semprevisa. Il tratturo continua verso la Piana della Quartara, un ampio ripiano con numerose forme carsiche. Sono presenti 3 doline. La più estesa raggiunge i 230m di diametro ed un’altezza massima di 70m. E’ una delle doline di crollo più estese di tutto l’Appennino Centrale (I Beni Culturali a carattere geologico del Lazio. I Monti
Lepini, Ausoni ed Aurunci di Lucrezia Casto).
Anche Benedetto XIII percorse la via dei Papi a cura di Vittorio Del Duca Un'altro
Papa percorse la Via dei Papi, Benedetto XIII. Non fu un bonificatore ma
venne a Sezze per trovare l'amico Corradini, che invece era rimasto a
Roma malato e vi sostò per cinque giorni. Alla sua morte, avvenuta nel
1730, l'anno dopo aver visitato Sezze, gli sarebbe dovuto succedere il
Corradini se non fosse stato per l'opposizione dell'Austria. Da quel
conclave nacque a Sezze il detto "Non
annotta che Corradini è papa" Le due mute di cavalli delle carrozze, i calessi col resto della comitiva proseguirono il viaggio per la via ordinaria (la via pedemontana volsca), e cambiati i cavalli all’osteria dell’Acquaviva per fare la salita, questa trovarono allargata e resa meno ripida. Il Papa, sempre secondo il racconto del Moroni, fece la sua prima tappa al Convento dei Francescani Riformati di S. Maria delle Grazie, nell’attuale cimitero, dove “volle pernottarvi. Fu ricevuto dal vescovo di Segni, da Carlo Rezzonico poi Clemente XIII , che per parte del cardinal Barberini lo pregò nel ritorno a onorare Velletri, e dal prelato Marcello Crescenzi, poi cardinale, in rappresentanza del cardinal Corradini caduto infermo (a Roma), che avea preparato convenevole alloggio, pei prelati una cella per cadauno, il resto della corte venendo nobilmente ospitati nell’episcopio (il Vescovado), nel collegio de’ Gesuiti, e dai primari della città. Il prelato (Marcello Crescenzi) a spese del cardinale Corradini fece nel refettorio uno splendido trattamento, e per tutto il tempo che restò il Papa nel luogo, di tutto punto trattò la corte; di più il cardinale in ossequio avea a sue spese fatto vestire una compagnia di milizie per servizio del Papa. Nella seguente mattina recatosi il Papa in chiesa, ascoltò e celebrò la messa nell’altare della B. Vergine, e ad ore 20 da una finestra del convento benedì la giubilante moltitudine, indi s’avviò per Sezze col solito corteggio. Non è a dire la letizia dei riconoscenti e divoti sezzesi, che per gli applausi e dimostrazioni di riverenza commossero il Papa e la corte: alla porta fece l’omaggio delle chiavi la municipale magistratura, con parole di fedele sudditanza e venerazione. All’ingresso un maestoso arco trionfale dipinto col pontificio stemma sorretto da due fame, era decorato da ornati e dalla figure della Fede e Speranza, con epigrafe che celebrava la reintegrazione elargita alla città. Lungo la strada che conduce al Duomo, tutto era messo a festa; e
Nella
mattina del 25 maggio Benedetto XIII a ore10 si portò alla Cattedrale,
ove ascoltata la messa dell’arcidiacono…. consagrò l’altare di s.
Filippo, indi vi celebrò la messa bassa…. Nel
pomeriggio portatosi in carrozza nella città, visitò le fabbriche del nuovo monastero e chiesa delle religiose del S.S.. Bambin Gesù, e nel ritorno la chiesa di S.Bartolomeo de’ conventuali, onorando di sua presenza anche i Cappuccini. Lunedì 26 maggio, festa di s. Filippo, che il Papa in Roma avea dichiarato di precetto con cappella papale, volle solennemente celebrarla nel Duomo e con pontificale. Il Papa cantò la messa alla presenza di 10 prelati tra arcivescovi e vescovi, del generale francescano, del segretario dell’indice, del p. Caravita teologo della penitenzieria, del magistrato della città in abito, e di una folla immensa di ogni ceto di persone…. Il Papa donò al capitolo, in urnetta di madreperla ornata d’oro, un dente di S.Lidano abbate, e delle reliquie de’ SS. Pietro e Marcellino protettori della città, entro scatola di velluto rosso . Invece il Papa ricevè da Mons. Crescenzi in nome del cardinal Corradini un reliquiario d’argento col cilizio di s. Domenico, fondatore dell’ordine cui apparteneva Benedetto XIII; e dalla città
altro simile reliquiario con un grano di quell’incenso offerto dai ss. Magi a Gesù bambino” Sappiamo anche che il Papa donò alla Cattedrale di Sezze la sua mitria, ancora oggi custodita nel museo del Capitolo della Cattedrale. Monte Trevi, il Castello e la "Sedia del Papa" a
cura di Vittorio Del Duca La distruzione del castello non fu però definitiva perché lo ritroviamo successivamente come proprietà di un ramo della nobile famiglia dei Pagano, che assunse il cognome “De Trebis”, per passare poi ai Caetani e all’occupazione di Ladislao re di Napoli, e nel XIV secolo pervenne in proprietà della famiglia di Tuccio
Normesini, come dote del suo matrimonio con Tancia, utima erede della stirpe dei Signori di
Trevi, che lo mantenne tra alterne vicende fino a quando non fu definitivamente distrutto sul finire del XV secolo dagli abitanti di Sezze, pur se il Comune vantava sul castello dei diritti ”pro indiviso”con i
Normesini, come risulta da un inventario dei beni del Comune redatto nel 1495. La Bonifica delle paludi di Sisto V e la "Sedia del Papa" a
cura di Vittorio Del Duca Antica carta del Lazio del 1693: La selva di Terracina e il Circeo. La freccia rossa indica Torre del Padiglione dove nel 1585 alloggiò papa Sisto V - Nella parte destra si nota la foce del fiume Sisto presso Torre Olevola ripiena dalla duna marina dopo appena un secolo dallo scavo del canale. Da Sezze il papa scendeva in palude a dorso di mulo, attraverso la costa delle Mole, soffermandosi spesso sullo sperone di roccia chiamato in seguito Sedia del papa. Lo sperone di roccia è stato semidistrutto per far posto all’urbanizzazione, ma il nome è rimasto ad indicare tutta la località. Le frequenti visite in palude furono fatali al Santo Padre, nell’ultima compiuta nel 1589, contrasse le febbri malariche che lo condussero a morte nel giro di un anno. Il suo pontificato durò solo cinque anni. Sisto V a
cura di Vittorio Del Duca A dimostrazione della fedele esecuzione delle direttive fu persino recapitato a Roma, al Papa, un cesto di teste mozzate ai briganti. Se la morte, avvenuta nel 1590, interruppe l’opera del grande Pontefice, i lavori che egli era riuscito a portare avanti, cioè il fiume Sisto con la foce a Torre Olevola, gli assicurarono per sempre la gratitudine di quanti, nei secoli successivi, si dedicarono alla bonifica delle paludi pontine. Pio VI alla "Sedia del Papa" prima dell'esilio a cura di Vittorio Del Duca Il cardinale Giovanni Angelo Braschi salì al soglio pontificio nel 1775 assumendo il nome di Pio VI. Nacque a Cesena il 27 dicembre 1717 e morì a Valence (Francia) il 29 agosto 1799. Come Sisto V, appena eletto ebbe in animo di studiare a fondo le possibilità di bonificare radicalmente le Paludi Pontine. Dopo due anni di studi, le opere di bonifica furono intraprese nel 1777 a cominciare da Terracina e durarono ben 21 anni, fino al 1798, con una spesa dieci volte maggiore di quella prevista inizialmente. Quando il Papa si accinse ad effettuare i lavori, i sezzesi , che pur non avevano mai visto di buon occhio la bonifica del territorio, perché dalla palude derivava loro una discreta economia (pesca, legname, carbone, etc) non protestarono affatto, ma fecero sapere alla Reverenda Camera Apostolica di mirare all’attribuzione delle terre redente e soprattutto di non tollerare una eventuale assegnazione ai forestieri, in loro luogo. Il Papa nominò direttore dei lavori l’ingegnere idraulico bolognese Gaetano Rappini e gli affiancò nell’opera altri due ingegneri : Gerolamo Scaccia e Gaetano Astolfi. La manodopera disponibile nello Stato Pontificio non era sufficiente, furono così incaricati diversi caporali di reperirla nel limitrofo Regno di Napoli e finanche nelle patrie galere, in cambio di amnistia o di sconti sulla pena. Il Papa, da bonificatore autentico si recò per un ventennio a rendersi conto personalmente dei lavori da lui voluti e sono innumerevoli le permanenze a Terracina dove iniziarono i lavori, ma anche le visite a Sezze, per ammirare dall’alto della “Sedia del Papa” le terre redente, come già aveva fatto il suo predecessore Sisto V e come ci attesta una stampa di Raphael Morghen "Les Marais Pontains" la cui matrice è conservata presso il British Museum di Londra.
Qui sopra la stampa di Raphael Morghen, “Le Marais Pontains” del 1798, rappresenta un momento all’inizio della breve vita dell’occupazione francese con la Repubblica Romana, e vede Pio VI avviarsi all’esilio scortato dai soldati francesi, ma vuole osservare per l’ultima volta la sua opera dall’alto di Sezze alla “Sedia del Papa” Quando nel 1798 gli avvenimenti politici portarono il Direttorio della Repubblica francese ad ordinare al generale Berthier di arrestare Pio VI e condurlo in Francia, la bonifica era quasi ultimata ed i territori di Sezze, Priverno e Terracina risentivano degli effetti benefici dell’opera del Papa. Pio VI si avviò così prigioniero in terra straniera, dove l’anno dopo morì, non prima però di aver espresso il desiderio di ammirare per l’ultima volta la sua opera dall’alto, e come si è detto non molto lontaqno della “Sedia del Papa”. Rappini infatti, venne nominato marchese e gli si concesse buona parte del terreno bonificato al di qua dell’Appia in enfiteusi perpetua ereditaria, i terreni al di là dell’Appia furono parimenti concessi a Luigi Braschi - Onesti figlio di Giulia sorella di Pio VI, mentre 400 ettari furono assegnati alla Mensa Vescovile (cioè al clero). Così la bonifica di Pio VI, che si era presentata come una vera e propria riforma agraria, fallì il suo scopo. Degli 80.000 ettari ne furono bonificati solamente non più di 12.000 ma le opere fatte furono durature e consentirono alla bonifica integrale di Mussolini di operare nel “Circondario interno” di Pio VI, vale a dire nelle campagne di Sezze, Priverno e Terracina, partendo da un certo grado di evoluzione modesto sotto il profilo economico e sociale, ma di gran lunga superiore allo stato selvaggio della rimanente parte di territorio da bonificare, cioè il “Circondario esterno” degli ingegneri bonificatori di Pio VI. |
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