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28 settembre 2014: 8a
tappa del Gruppo “In
difesa dei Beni Archeologici”
a
cura di F. Paladinelli, V. Del Duca, I. Romano, R. Vallecoccia, Marzio Ciarlo,
Gualtiero De Angelis
I
tre laghi di Sezze - Muti, Pani e Bicenza
Un'immensa
ricchezza naturale da cui ripartire

I
tre laghi di Sezze, una visita obbligata da non perdere
Appuntamento
alle ore 9:00 al parcheggio della stazione ferroviaria di Sezze (lato
bar)
Scheda
tecnica
Data escursione: domenica 28
settembre 2014
Partenza:
ore 9:30 - nei pressi del lago Mole Muti
Distanza:
circuito di circa Km 2
Durata
della visita: circa 2 ore
Dislivello:
assente
Difficoltà:
T/E (percorso facile) Trattandosi
di un'area umida è necessario l'utilizzo di stivali di gomma e si
consiglia un repellente per zanzare e pantaloni lunghi. Non adatto a
bambini inferiore ai 10 anni. Tutti i minori dovranno essere
accompagnati da un adulto.



Descrizione
Muti,
Pani e Bincenza
Le
idee non ci mancano, aspettiamo il buonsenso dei nostri amministratori.
A cura di Vittorio Del Duca e Ignazio Romano
Tre laghi, denominati Muti, Pani e Bincenza, dal nome dei loro antichi proprietari, e due mulini ad acqua circondati da ulivi, vigne ed orti ben coltivati, questo il paesaggio che si offriva alla vista dei viandanti nel tratto setino dell’antica via pedemontana volsca, dopo la bonifica nel 1777 di Pio VI Braschi e dell’ingegnere idraulico Rappini . Tante polle d’acqua, tuttòra esistenti, alimentavano quei laghi, i cui argini fortificati dalle opere di bonifica con muratura “a sudello” regolavano le acque sino a far muovere le pale di due mulini, le mole Muti e le mole Pani, per poi defluire principiando il corso del mitico fiume Ufente. Poco più innanzi, tra i piedi dell’acquedotto delle Sardellane ed il preistorico sito dell’Arnalo dei Bufali, l’Ufente torna ad alimentarsi da numerose acque sorgive (tra cui Scafa Rappini e Cassone) che vi affluiscono a mezzo di un reticolo di canaletti o “canalelle“, che hanno dato il nome alla località.
Dei tre laghi, il più grande è il Pani, mentre il
Bincenza non ha mai alimentato alcun mulino perché oltre ad essere il più piccolo, non ha mai avuto una sorgente propria, e l’acqua vi confluisce a mezzo di un canaletto, da una sorgente posta più a monte, a trecento metri di distanza e ad un livello superiore, nei pressi dei ruderi romani “ le Grotte” e la “ villa di Mecenate”. Anche le acque del
Bincenza confluiscono tramite un canale nel fiume Ufente, ma oggi di questo piccolo lago non resta più nulla, il suo letto è ripieno di detriti palustri e di terriccio. Nel lago Muti, che è ben visibile nella curva della vecchia strada provinciale 156, un argine lungo 100 metri ed alto 5, fa da contenimento a tre importanti polle di acqua, le quali, dopo la dismissione del vecchio mulino, azionarono per un certo tempo i motori elettrici per l’illuminazione del paese, ed oggi lo riforniscono in parte di acqua potabile. Nel lago Pani, di polle ve ne sono almeno sei, di cui una sulfurea, e l’argine lungo 400 metri, più basso di quello delle mole Muti, è sufficientemente ben conservato e visibile a tratti tra le canne ed i cespugli. La portata di tutte queste sorgenti è stata stimata in 4,3 mc/sec, quasi il doppio di quelle di Ninfa, che risulta essere di 2,5 mc/secondo.
Mentre intorno agli anni ottanta del secolo scorso il sito era coltivato ad ortaggi, oggi è completamente incolto. Le canne palustri, gli arbusti di “spinacaci” e gli sterpi hanno avuto il sopravvento sulle coltivazioni, ma le calle e il gorgoglìo delle acque sorgive continuano ancora a regalargli un fascino antico.
Ma
l'evento che ha cambiato la storia dei luoghi oggetto delle nostre
ricerche risale al 1911, quando tra il 3 ed il 6 maggio una
tremenda alluvione distrusse i due mulini più importanti del paese a
Casali e in fondo al Brivolco: la furia inusitata delle acque, staccò enormi massi dalle pareti della valle della Cunnula che rotolarono giù frammisti a detriti, distruggendo
l’antico ponte romano della via setina che attraversava il Brivolco (Rivùluco, in dialetto) oltre al vicino mulino ad acqua della famiglia Filigenzi.
Il paese rimase con un solo mulino (detto molelle) posseduto della
famiglia Pani. Successivamente la famiglia Muti decise di costruire un
nuovo mulino per far fronte alla necessità del paese.
Proprio
quest'ultimo impianto (ancora ben visibile ai margini dell SS 156) nel 1929
fu trasformato per produrre energia elettrica necessaria
per l'illuminazione
pubblica, per l'ospedale, per la Pretura, per il palazzo Comunale e per
illuminare tutte le scuole del paese.
Oltre che per i nuovi mulini che, a partire da quello della famiglia
Rappini, iniziarono a nascere nel centro abitato.
Tutta la zona, secondo noi, presenta le potenzialità
giuste per tornare a creare nuova economia e posti di lavoro: con un progetto di recupero
dell'impianto idroelettrico delle Mole Muti che tornerebbero a
produrre energia sufficiente per l'impianto adiacente di pompaggio idrico
attualmente gestito da Acqualatina; con un progetto ad uso didattico
con il recupero del vecchio mulino Pani; ed infine con un progetto
naturalistico con il recupero della zona umida che circonda tutto il
sito. Tre progetti in uno, ma non è tutto perché vi si potrebbero associare cantine per la vendita e la degustazione di vini particolari, molto acclamati in passato, ma anche di prodotti tipici locali. Il sito si adatta molto bene alla pesca sportiva, al wedding, e come punto di partenza per la navigazione dell’Ufente, in canoa o in battello, arricchito da programmi di approdi presso le aziende agricole che effettuano la vendita diretta dei loro prodotti.
Le
idee non ci mancano, aspettiamo il buonsenso dei nostri amministratori.
Le
foto della passeggiata di domenica 28 settembre
I
mille e uno tesori di Sezze - l'acqua



























I
responsabili di Acqualatina, Gialuca Pisa e Claudio Villani, che hanno
assistito la
visita all'impianto
Il
Gruppo di Valorizzazione dei Beni Archeologici ringrazia per la cortese disponibilità la dirigenza di
Acqualatina, nella persona della Dottoressa Loredana Leccese,
che ci ha permesso di accedere al lago delle Mole Muti e di visitare la centrale idroelettrica, quella che per lungo tempo, a partire dal 1929, ha fornito l’elettricità alle scuole, all’Ospedale, al Comune e all’illuminazione pubblica di Sezze.
Un ringraziamento particolare ai dipendenti di Acqualatina, l’ing.
Claudio Villani e Gianluca Pisa, che con competenza e professionalità
ci hanno guidati mettendo a disposizione l'interessante know-how sul sistema idrico del paese, accumulato in tanti anni di esperienza
anche al servizio dell’ex gestore.
Per ultimo, ma non per questo meno importante, si ringraziano per la collaborazione
i proprietari dei fondi che ne hanno permesso l’attraversamento
dei terreni interessati dal nostro percorso.
Un ultima notazione va fatta sulle grandi potenzialità che racchiude la dismessa centrale idroelettrica delle Mole Muti, che forniva con la tecnologia di allora una potenza di circa
70 kw di energia pulita, equivalente alla potenza erogata da 22 ettari di pannelli
solari.
Se ne deduce che con le moderne tecnologie e con modico investimento, quella potenza potrebbe
raddoppiarsi, abbattendo notevolmente i costi di sollevamento dell’acqua con enormi benefici per l’utenza.





L'impianto
idroelettrico del 1911 che per primo ha dato l'energia elettrica a Sezze










Cartolina
anni '60 del lago delle Mole Muti dove è
visibile la costruzione dei primi del '900 per la molitura.
Nel
1929 il sito viene trasformato in impianto idroelettrico per la produzione
di corrente sufficiente per l'illuminazione pubblica, per l'ospedale, per
la prefettura per il palazzo Comunale e per illuminare tutte le scuole del
paese.

Nella
foto sopra si vede il lago delle Mole come appare oggi, mentre
sotto
vi
mostriamo una ricostruzione grafica di come doveva apparire la zona alla
fine del 1700










Sulle tracce della tribù Ufentina
Giovanni Ciammarucone nel 1641 in “ Descrizione della Citta di Sezza” così parlava dell’ Ufente, il mitico fiume che origina dalle fresche sorgenti poste ai piedi di Sezze, meglio conosciute con il nome di “Mole Muti”, “ Sardellane” e “Scafa Rappini” (la scafa era una barca, oggi in disuso) :
“Nasce l’Ufente in piè della montagna setina con letto navigabile nell’istesso fonte; e lentamente scorrendo nel mar Tirreno si nasconde; celebre ne ’tempi nostri per le grosse pesche di spigole, e di cefali, che in quello si fanno con reti, e con altri ordegni piscatorii, venendo prima intorbidare l’acque con grosso branco di bufali. Tali pesche si fanno per l’ordinario in ogni tempo dell’anno, eccetto che nel fondo dell’invernata, ma particolarmente nella settimana santa se ne fa una solennissima dalli Signori Governatori di Campagna per regalare gl’Eminentissimi Signori Nipoti di Papi;…”
Il fiume ha origini antichissime che si perdono nella notte dei tempi; viene cantato nell’Eneide di Virgilio ed incarna uno dei nemici che contrastano la mitica figura di Enea, appena sbarcato nel Lazio a seguito della distruzione della sua città, Troia.
Nella vicina Priverno, che con Sezze ha sempre avuto una rivalità secolare, il nostro paese veniva identificato con “gliò Bufente” come testimoniano alcune storielle ancora in voga sino a qualche decennio fa tra “la Regina Camilla e gliò Bufente” inventate dai pipernesi per denigrare Sezze. Il nostro paese rendeva pan per focaccia con un'altra serie di racconti tra “I Bufento e la Camilla” quasi sempre imbastiti di volgarità, al pari di quelli di Priverno. Priverno è nota per le sue origini volsche, e Camilla ( figura immaginaria, secondo Ciammarucone ed altri) regina di Volsci e figlia di re Metabo, morì per mano di Arunte combattendo con i suoi guerrieri al fianco dell’alleato Turno contro Enea, dalla cui progénie verrà poi fondata Roma. ( Virgilio, Eneide canto VII vv. 803 -817 e canto XI vv. 498 – 915.)
Se però i pipernesi chiamavano Sezze “gliò Bufente”, storpiando il nome del fiume Ufente, una ragione doveva pure esserci e questa la possiamo trovare ancora una volta nel libro del Ciammarucone, che si rifà ad un passo di Tito Livio: “Da questo Ufente venne denominata la Tribù Ufentina, che insieme con l’altre votava nel Senato Romano; di cui ancor vive la memoria in un marmo intagliato dell’antica Fregelle; hora Ponte Corùo, di lui fece menzione Livio nel libro IX della prima Decha con queste parole: Eo anno dua addite Tribus Ufentina e Falerina..” Conosciamo veramente molto poco di questa tribù; possiamo solo dedurre da Tito Livio che si sviluppò lungo le rive dell’Ufente e che nel 318 a.C. faceva parte della Lega Latina e partecipava con rappresentanti alle sedute del Senato Romano.
Il nome “gliò Bufente” affibbiato a Sezze, potrebbe dunque trovare una giustificazione dal fatto che la tribù Ufentina o Ofentina , che abitò le rive dell’Ufente, abbia trovato una sistemazione proprio nelle rive sotto Sezze e che i privernati idealizzarono con tale nomignolo tutta la zona, ivi compresa la nostra città, che peraltro in tutti i testi antichi non figura mai con tale nomignolo ma sempre con il suo vero nome.
Del resto, la tribù Ufentina, non avrebbe mai potuto trovare luogo migliore delle sorgenti dell’Ufente, soprattutto in quel tratto che va dalle Mole Muti (dal nome dell’antico proprietario) alla sorgente della Scafa Rappini, e dall’Arnalo dei Bufali (dove fu ritrovato il dipinto rupestre dell’uomo a phi), fino a Ponte Ferraioli. Chi conosce questi luoghi sa che sarebbero stati ideali ad ospitare una tribù di pescatori e di agricoltori quale doveva essere l’Ufentina, non solo per le numerose sorgenti e polle d’acqua che fanno invidia a Ninfa, ma anche perchè l’Ufente era navigabile e pescoso, ed i terreni circostanti potevano essere facilmente irrigati da una fitta rete di canalicoli, in cui ancora oggi scorrono le acque sorgive, e che hanno dato a tutta la contrada la denominazione di “Canalelle”.
Se così fù, le numerose grotte carsiche che si vedono nel monte dirimpetto le sorgenti del fiume, e ai cui piedi passava la ferrovia di “Tuppitto” ed ora la Roma – Napoli, avrebbero potuto essere abitate dalla tribù Ufentina, cosi come la villa situata tra i pascoli della Società Bovaria, i cui resti oggi sono comunemente chiamati “villa romana”. Osservando i ruderi e il sito di questa villa, posta ad una quota di circa 70 metri di altitudine, si desume che dovette essere piùttosto ampia, costruita su più livelli e servita da una copiosa sorgente d’acqua che scaturiva dalle rocce, e di cui ancora oggi se ne ravvisano i segni.
Quanto sarebbe bella una passeggiata in battello
sull’Ufente!
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