San Carlo da Sezze

 

 Un cronista del sec. XVII a Carpineto

Ricerche e progetto di Italo Campagna / Tempere di Valeria Gonnella

www.carpinetoromano.it

San Carlo da Sezze nel 1642 giunge a Carpineto presso il convento Francescano di San Pietro.

Qui inizia a raccontarci i suoi intensi i suoi intensi momenti di religioso della Riforma Francescana ma anche i drammatici eventi per la peste che nell'anno 1645 si abbatté sulla nostra stessa cittadinanza.

Dotato di poteri taumaturgici opererà miracoli, i cui minuziosi resoconti affiderà a pagine di grande pregio umano ed anche stilistico in: 

"Le grandezze delle misericordie di Dio" (da "Opere Complete" , a cura di P. Raimondo Sardella O. F. M.. Roma 1965, vol II).

Dopo aver atteso alle incombense di sagrestano fino al 1647, verrà trasferito nel convento romano di San Pietro in Montorio. 

Del periodo carpinetano ne seguiremo fedelmente, per tratti, le cronache drammatiche.

 

 

 

 

 

 

"Fui destinato per l'officio della sagrestia nel convento di San Pietro di Carpineto, nel quale vi era uno studio generale di sacra teologia, et fiorivano in quel tempo et uscivano de'uomini dotti". 

(l. VI, cap. I, p. 22)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cavalieri del Ducato e delle "5 terre"

"Così partivi dal convento di San Giovanni Battista del Piglio per il convento di San Pietro di Carpineto.

La sera si andò in un loco che si domanda il Castellaccio.

A metà strada, pascolavano per quelle colline un branco di pecore; ivi giunto me se fecero incontro quattro cani imbastini circondandomi d'intorno e facendo mostra con quelle bocche di devorarmi".

(l. VI, cap. I, p. 30)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rione San Pietro

"Il padre guardiano mi diete l'officio di sacrista et volse che per maestro fusse il padre fra, Pietro Paolo da Sezza, che allora era chierico e studente in quel convento".

(l. VI, cap. III, p. 43)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rione Jo Laco

"La veglia della festa delle Natività della Madonna, fui sorpreso dalla febbre, non facendone però conto.

Avvenne che il superiore, senza che sapesse della mia indisposizione, mi mandò a cercare elemosina in una terra chiamata Maensa, distante da Carpineto 7 miglia.

Ma gionto in quella terra, si argomentò il male et la notte mi travaglò con tutto il giorno venendo, che a gran fatica feci la cerca et me ricondussi il secondo giorno nel convento".

(l. VI, cap. IV, p. 48)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rione Jo Moro

"Andavi nella chiesa al Matotino con altri frati, ponendomi in orazione nella cappella del padre San Francesco, et nel meglio di essa, vedomi comparire in una nugola l'immagine del Salvatore, vedendosi dalla cinta in su con le vesti ordinarie come si dipingie, con il volto turbato e minaccevole. Gran forza mi penso che prendesse l'infernal nemico nel vedere di aver fatto così gran colpo, in aver io prestato credito alla falsa sua apparizione". 

(l. VI, cap. VI, p. 57)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Confraternita di Riformati Francescani e Agostiniani

"Nelli due anni in circa che il padre fra'Buonagrazia seguiva il suo guardinato nel convento di San Pietro di Carpineto, vi fu in detta terra una influenza di aria molto pestifera, che cagionò a quelle poveri genti gran infermità che quelli assai ne morirono.

Il male si era sparso per tutta la terra, la quale era grande, essendosi quest'infruenza come di male contagioso, perché subito che la persona era caduta inferma di febre, con il flusso di sangue, gli si dava i sacramenti. In breve morivano ogni giorno alle volte a numero nove, di dodici et a volte più o meno".

(l. VI, cap. IX, p. 75)

 

 

 

 

 

 

Rione Jo Casteglio

"Non si vedeva altro per la terra che portare Sacramenti a, poveri infermi e cariegiar morti nelle chiese: si odiva per ogni contrada voci di pianti.

Sonavano per le chiese parrocchiali le campane, che in sentirle, affligevano fino all'anima et rendeva magiore terrore che del mal intesso.

Per rimediare a questo ottenni da monsignor vicario, che non si sonassero più campane". 

(l. VI, cap. IX p. 76)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rione San Gnaco

"Per li tre mesi che durò questa mortalità, si sentiva nei lochi dove giacevano quelli poveretti infermi. Vedendo che alcuni poveri morivano più astretti dalle necessità che dal male, ne dieti avviso alli capi della terra, che allora governavano, et io procuravo di trovargli per carità delli ovi et del pane e delli legumi con licenza del padre guadiano et officiali del convento". 

(l. VI, cap. IX, p. 76)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rione Jo Curso

"Cadde ammalato un figliol del signore capitano Porta, quali subito mandarono al convento acciò facesse fare orazione per la sua salute.

Piglio la reliquia del beato Salvatore da Horta, la posio nell'acqua con farvi il segno della croce  et la dieti da bere al infermo.

Avevo tre ciammelline, le denedissi con farvi sopra il segno della croce et mangiatene cessò la febbre e fu del tutto sano".

(l. VI, cap. X, p. 82)

 

 

 

 

 

 

 

Sbadieratori e musici dei 7 rioni storici

"Passato il mese di giugnio e bona parte di luglio, il male era nel suo maggior fervore.

Avevo nella nostra chiesa di San Pietro affisso le immagini della madre della Vergine, sant'Anna in foglio (che cominciò a fare delle grazie) et del beato fra' Salvatore da Horta.

Venne da Roma un quadro di s. Anna ed ai vesperi vi concorse gran numero di gente; andavi a pregare il signor Angelo di Senica, persona principale della terra, che si volesse degnare di mandare al vespore li tamburri con li archibugi affinché sonassera e sparassero delle botte.

All'improvviso venne un temporale terribilssimo di pioggia e toni.

Il quadro uscì con solenne processione sulla piazza e voltata l'immagine sacra verso la terra la si tenne ferma per un poco; gli archibugieri cominciarono a sparare e li tamburri a suonare; le campane rallegravano li cori mesti di quelle povere genti, sbigottite dal male.

Nel farsi quella funzione, gran parte degli infermi si letto e cominciorno a ricoperare la sanità".

(l. VI, cap. IX, p. 78-81)

 

 

 

 

 

Rione Sant'Agostino

"Avendo fatta grandissima neve, quando che partivi dal convento di Carpineto con altri tre nostri religiosi, verso il convento di San Pietro in Montorio in Roma.

Quello che si partì per il viaggio oltre camminare sopra la detta neva, per li tre giorni ci furono grandi piogge e grandine e venti.

Giunsi in Roma alli 19 di marzo 1646, dandosi qui fine, a gloria di Dio, al convento di San Pietro di Carpineto".

(l. VI, cap. XII, p. 96)

 

 

 

Utteri Lepini

"In questo convento fu che cominciavi a scrivere alcune cose di devozione.

Come furono le Meditazione della passione del Signore

Per questo scritto è stato fatto la maggior parte di notte in tempo che gli altri frati riposavano et il giorno nel tempo che era il silenzio o che ero disoccupato, avendo qualche poca vacanza e per non stare ozioso".

(l. VI, cap. XI, p. 87)

A Carpineto nella chiesa di San Pietro Apostolo si trova il quadro (Balbo, 1964) che ritrae San Carlo tra gli appestati. Sotto è stata apposta una lapide commemorativa.

Quelle che seguono sono le immagini degli oggetti, come i libri e la campana, del '600 e i luoghi dove San Carlo ha vissuto in preghiera durante il periodo di vita a Carpineto. 

Per la pubblicazione di questo materiale ringrazio Italo Campagna per la sua disponibilità e amicizia dimostrata