Giorgio Bonanni

le mie poesie

“Forno Virtus parla”
In alto me ne sto nell’angolo cucina,
poggiato sopra il mobile con guardo austero;
la massaia inforna nella mia panciona
ed aziona corrente e la chiusura in ferro.
Che gioia saper d’essere così importante
potendo molte bocche soddisfare;
datemi pollo, coniglio,patate e corrente
e dopo un’ora vi rendo tutto da gustare.
Non ho mai sgarrato una volta
e non a caso mi chiamano forno Virtus,
quando la pietanza dalla mia pancia è pronta,
apro la bocca,emetto profumo e penso:bonus!
Io che per primo ho gustato l’essenza,
m’accontento d’esser generoso e non pentito,
mi piace chi sgrana gli occhi in mia presenza,
e per mia virtus, gli auguro”buon appetito”!


“Casteldarne”
Quei luoghi tranquilli
eran proprio nostri gemelli;
ci han donato una lieta vacanza,
quei monti e quei boschi pieni di speranza.
In una ridente casetta dai fiori circondata,
c’era una famiglia di serenità dotata,
ci accolse spontanea e ci donò dimora;
or rimembrando quei giorni lieti la vita si rincora.
Che bellezza tutta naturale!
Ogni rumore pareva musicale;
di giorno il cinguettio degli uccelli;
di sera il gracidar di rane e scroscio di ruscelli.
Si facevan compagnia le mucche al prato
col din din dei campanacci al collo.
I caprioli spiando lungo i sentieri
parevan d’ospitarci da amici veri.
Il forte suono della campana
avvertiva un’armonia divina
e,nella vecchia ferrovia,un trenino
a carbone,ansimando lavorava per il progresso umano.                                           


“Anne Marìe”
Bello è veder questa solare fanciulla
dal sorriso in volto che brilla.
Un palpito emotivo mi sorge dal cuore
per quanto lei gaia sa donare.

Il suo giocoso aspetto è frutto di purezza
e coglie in me una spontanea carezza.
Gli adulti non tardino a capire
che è nel senso della vita i bimbi far gioire.

Ancor più arduo è l’atto del tutore
nella gioia e nell’angoscia d’ogni fanciulla in fiore.


“Frasaca” (vecchio cane)

Dimostri d’essere assai stanca,

hai la struttura calante ed affaticata,

l’età e la tristezza non ti manca

e non lo vuoi dire, ma ti senti ingannata.

   Sei mite ed ancora bella,

 dai tuoi occhi scuri sul chiaro muso

  spuntano messaggi da novella,

  si legge in te il mistero di una stella.....

    Osservo da giorni che silenziosa e con coraggio

   in giro vagavi di cantone in cantone,

   fra le case del verde poggio

   in cerca almeno di qualche boccone.

     Ciao Frasca,ti ha detto,passando, un anziano.

   Ho capito così che avevi un nome da battaglia,

   che il tuo passato è stato affatto invano

    e che potevi meritarti una famiglia.

       Frasca, degli umani non ti rammaricare,

     essi son sempre stati lucrativi,

      ti usavano finchè potevi  lavorare,

      ti scordano se più non dai per seri motivi.

       Ma tu non fai polemica, il tuo amore è forte,

      sarai fedele anche se conoscerai il peggio

      e verso chi non ti vuole in disparte

       ringrazi con il muso in sù e con la coda il solfeggio.

         Ciao Frasca, tieni duro.


“Il Panettiere”

Il pane, antico pasto del desio umano,

meritato con sudato guadagno,

emana un profumo d’alimento sano,

grazie al panettiere dal costante impegno.

    L’infarinato panettiere, nel silenzio della notte,

    lavora a modellar la bianca massa in varie forme

    ed a vegliar attento nelle ore corte,

    la rituale cottura, mentre il paese dorme.

La crescente luce dell’alba dorata

che annuncia l’aurora dal poetico splendore,

fa da cornice all’attesa sfornata

di pane e dolcezze da rallegrar l’umore.

    S’ode il canto del gallo per l’avviso del giorno;

    pago è il panettiere che brama ansioso il piacere del letto

    e mentre svanisce il calore del forno,

    svolazzano e tubano i colombi sul tetto.

E’ mattino, il paese sbadiglia al nuovo giorno,

i rumori crescono man mano,

i clienti s’apprestano ad accodarsi al forno,

grazie alla vitale arte del progresso umano.


“Messaggio a Selena”

Tesoro del passato son già le gioie della serena fanciullezza

   quando nei tuoi pensier appariva il mondo rosa;

mentre cullavi nella mente i desideri con dolcezza,

  d’affetto e d’amor ti sentivi invasa.

Anche ognun di noi, sappi, leggiadra ragazzetta,

  sprazzi di vita così lucente ha potuto un dì sognare

avanti il varco che mutò così in fretta

  le remote gaiezze che sol possiamo raccontare.

Or su con la testa, poni il tuo viso al mondo,

  non sarà tutto fausto, mia cara, come tu sognasti,

è reale, c’è il brutto ed il bello in questo cerchio tutto tondo,

  c’è il male e quel bene d’aggrappar che tu vorresti.

Sei bella, sappiam quanta purezza emana il tuo cor sincero,

  non vogliamo a te inculcar alcun percorso,

sei donna già e ogni nostro guardo ti sia grato

  per il nuovo cammino nel giusto verso.                                                             

                        anno 2005  


“Amore alla vita”
  Come il primo lieto evento della vita
si onora con la nascita di un bambino,
al par, s’intona, come l’aurora dorata
predige al mondo il bel sole del mattino.
 
Sublime incanto ispira il risveglio della natura:
l’alito dei fiori, il ronzio d’api, il canto degli uccelli
allietano un esteso respiro d’aria pura,
mentre le rane gracidano e danzano nel corso dei ruscelli.

  Irrompe la quiete il passaggio dei trattori,
arando i campi con continuo scoppiettio
in luogo di umili buoi; ch’eran per l’uomo silenti attori,
in coppia al giogo di un tempo pio.
 
È bello contemplar l’eterna natura
madre di vita attiva di storici tempi;
oggi l’innovato profitto assale la vita pura
e sovente emergon dall’uomo orribili scempi.
 
Appelli inconsulti deviano gli uomini dalla ragione,
spinti a orrendi gesti odiosi
contro inermi e umili persone,
non ree di colpe per fatti dolosi.

  È parola comune che il mondo peggiora,
ognun s’appresta ad invocar la pace,
ma restio nel compiere ciò che si onora:
amare il prossimo non solo a voce.
 
La buona speranza è messaggio divino,
riprendere fiducia è una lenta salita,
ma iniziamo a far sorridere un bambino

e saremo già in cammino per il senso della vita.

                        aprile 2015  


Grazie Quintina

Tra i miei ricordi di fanciullo scosso

per una guerra orrenda e tormentosa,

rivedo la tua presenza ad ogni passo,

oh sorella mia, accorta e premurosa.

     Quant’eri bella e com’eri laboriosa,

     attiva in casa ed in campagna,

     davi tanto per la famiglia numerosa

     e poi ad un bell’uomo piacesti per compagna.

Mitica donna: agile, vitale e raggiante,

schietta di pensiero e di favella,

pulita in cor ed amata dalla gente,

cantavi soprano e brillavi come stella.

    Or che il tempo segna mutati i nostri aspetti,

    or che i tuoi figli han vita migliore,

    godi lassù ogni ben che si rispetti

    e, grazie sorella, sempre sarai nel mio cuore.

                             giugno 2012


Daniele

Quando penso alla tua fragile età

e noto le tue gesta e la tua sincerità,

vedo in me tornar momenti da bambino

che il tempo senza cuor lasciò lontano.

    Or tanto possono raccontare gli anni miei d’argento

    che portan tratti di saggezza e dal cuore sento

    una dolce sensazione: Daniele, bello è fantasticare

   come “Peter Pan” che mai cessò di sognare!

Tu ancora candido pensi e scrivi versi in poesia,

è bello così, essi sono presagio della giusta via;

non crescere in fretta però, mio tenero germoglio,

godi l’età, te lo dico per il bene che ti voglio.

    Ama la scuola che ad apprendere ti insegna

    per navigar la vita nel nuovo che t’ impegna.

   Avanti così, a pensare e sognare con la tua fantasia

   ed abbi in cuore “Peter Pan” per lunga compagnia.

                                      aprile 2012 - nonno Giorgio


“I segreti dei fiori”

Per natural bellezza e singolar candore

s’addice ai fiori il desio delle genti:

dall’adornar supremi regni o semplici dimore

al fascino comune nel corso degli eventi.

     Spuntar nell’aree verdi stese di colori,

     fitte come le amate stelle,

     donan senso di piaceri

     e son vita d’api e di farfalle.

Sensibili doni per sentite relazioni,

intriganti in amicizia, amore o conforto,

latori di omaggi in più occasioni

coi valori toccanti dell’umano sentimento.

     Misteriosi come magica luce dell’arcobaleno,

     tangibili in essi i colori della natura

     e mentre i poeti vi leggono i segreti che svelano,

     sognamo dal profumo, sprazzi di vita pura.

Il pregio floreal ha vita con la Terra,

dal giardino dell’Eden coi divini splendori

ed ancor oggi, un dono di fiori da fonte sincera,

accende emozioni per sensibili cuori.

                   aprile 2012


“La Susarola”

 Appena donzella e ben cresciuta,

dava a sua madre un fattivo aiuto,

perch’ella servile della famiglia allor compiuta

doveva a marito e numerosa prole il ben “servito”.

     Quando sposa e con tanti figli, sino a fonda sera,

     tra il faticar nei campi e poi la casa,

     si vedeva in lei la mamma vera,

     lungi dal pensier di un mondo rosa.

Con far solerte e con atto generoso

metteva in ogni cosa la sua grinta,

pronta a volte, con istinto impetuoso,

a mostrare altrui la forza per aver contesa vinta.

     Ancor notte, avanti l’aurora dal divino splendore,

     con la pezzola nei capelli, china nell’arcata madia,

     menava con le possenti mani la massa col suo candore,

     onde disporla in blocchi per farne pane e dava al forno il via.

 Anche se il tempo assai crudele non trovò sosta,

col sol pensier mi torna il profumo del suo pane appena cotto

ed ancor grato a lei, se gioia mi passa per la testa,

quando nel duro del cammin son dai pensieri avvolto.

     Or, la susarola, da vecchierella ambisce raccontare:

     tra i suoi ricordi non c’è potere né ricchezza;

     la sua serenità vien, si può capire,

     dal perseguir salute morale e coerenza.

                           25 settembre 2010  


“Il mitico sparviero”

Su larghe spalle poggia irta la testa 

calma da ondeggiata chioma dorata;

gioca fiero, domina e s’attesta

in ogni incontro della squadra amata .

Alto e possente, dagli arti avvolti da blocchi muscolosi,

corre nel campo come generoso guerriero,

infonde emozioni ai fedeli tifosi

e spaventa gli avversari come un temibile sparviero.

Par egli il leggendario Ettor della città di Troia

che in battaglia i militi compagni rincorava,

e con in pugno la lancia espugnava gli avversi boia.

Corre il capitano, corre ed irrompe l’attacco avverso,

non teme e con fare irruente

per tibie e malleoli conosce il giusto verso.

Saluta all’odierno Ettor

dal padre Priamo, figlio di …… !!

Dedicato all’ex calciatore Alessandro Chiodini, capitano del Brescia negli anni 83/89. Anche Maradona urtandolo ruzzolò come trottola ……


“L'omino d'oro”

Col freddo o caldo d’ogni primo mattino

c’era al solito canton di strada un uomo strano,

ivi sostava ritto e composto ad un angolo rasente

e queto sbirciava il passar di curiosa gente.

         Come milite che in ordine al suo dovere

         obbedir saprà ad ogni maggior volere,

         quel serioso uomo così aspettava sino al tramonto

         e poi triste se n’andava aggregato al suo tormento.

Il suo umile mestier di ciabattino

poco svolgeva ormai da quel lontan mattino,

quando il figlio soldato in Russia andò

e mai più in patria sua tornò.

         Un uomo strano? Quell’uomo strano serbava dolore,

         la gente passava gaia, ma in lui si spezzava il cuore;

         convinto era che suo figlio in guerra non perì

         e che al ritorno anch’egli doveva passar per lì.

Di anni nella triste attesa n’eran  passati tanti

ed egli ancor cullava in corpo i suoi lamenti.

Capì che il tempo assai crudele corresse di lui l’aspetto

e genial fu nel suo vestir, onde carpir dal figlio un guardo attento.

         Stivali, giacca, cappello e bici dipinse con tinta

         in oro per apparir distinto e non per finta;

         creò la sua singolar figura e stupì l’incredula gente

         e tutti capiron la storia di quel padre sofferente.

Da quel dì, il suo male non fu segreto,

fu orma di pace, porre ad ogni guerra il veto.

Tutti i viandanti osaron per lui rispetto

che l’ingrato destino privò di tanto affetto.

         Un mattino al cantone egli mancò; di dolor perì;

         Or, nel sentiero dei ricordi, diamo omaggio all’omino d’oro

         con onore che visse una passione e disse addio al mondo con

         dolore.

Vera storia struggente verificatosi ad Arezzo


Daniela: Regina di Fiori

Un po’ seriosa e sovente un po’ distratta,

con lesto passo va per la via dritta,

         senza mai degnare lo sguardo al giardin di casa,

         eppur i fiori l’ammiran con garbata posa.

Un bel mattin di festa fa l’occhio rilassar nella verde corte

e vede i fiori andar per la triste sorte.

         Con arido fare dice alla margherita: “cos’hai bianco fiorellino

         così triste col tuo capo chino”?

Ho sete - risponde la margherita – abbi di me pietà,

dammi un sorso d’acqua per carità”!

         Con lo sguardo bieco e con il bicchiere in mano ella si presta

         a misurar gocce d’acqua per bagnar del fiore la testa.

La margherita sorride e mossa da un alito di vento,

si dondola felice, s’illude e ringrazia per l’evento.

         Passato il dì di festa

         Daniela ripete il suo verso: amor non presta.

Il fiore di sete perisce e con dolore

per non aver sciolto un cuore.

         Quando lei s’avvede, si emoziona e pur si pente

         per la triste fine di quel fiore sorridente.

Ora sa che curare con amore anche un umile fiore

si può sorridere alla vita e si spalanca il cuore.

         Vi saranno rose e margherite nel nuovo giardino a rallegrare i cuori,

         Daniela li amerà e rinomata sarà:  Regina di Fiori.

MORALE: L’amore è una cosa meravigliosa:  amare per sentirsi amati.


“Kamikaze”

Quante storie di nostri padri soldati hanno ispirato canzoni e filmati! 
Quanti caduti e ricordi toccanti 
han donato da veri combattenti! 
    Zaini grigi e pesanti portavan sulle spalle 
    e, su scarpe rotte, andavano a monte e a valle. 
    Nutrivan “dentro”, l’amore di patria lesa     ed, a viso aperto, eran guerrieri per legittima difesa. 
E poi noi, figli di patria compiuta, 
abbiamo in cuore il ricordo di terra liberata. 
Oggi, zainetti colorati sobbalzano su tenera schiena 
di allegri giovani in lena, 
    verso la scuola che ad apprendere insegna 
    lezioni di vita e di pace del nuovo che ci impegna. 
    E tu “kamikaze” porti nello zaino l’orribile sorpresa:     per chi lotti? E per qual difesa? 
Credi di esser l’eroe degli eventi, ma l’unico Dio non vuole strage d’innocenti. Ti han detto che sarai al di là premiato, 
sappi, però, che solo a Dio spetta il giudizio invariato. 
    Tu credi all’immagine d’eroe ricordato,     mentre, povero ragazzo, sarai solo dimenticato.
    Tenta di capire che nessuna guerra è giusta. 
E prova a pensare che l’odio è per la vita angusta. Triste è udire boati vicini e lontani 
triste è veder perire grandi e bambini. 
   
Le armi son mostri senza rispetto, 
    ma l’uomo ha cuore e intelletto.    Fermati “kamikaze”!   

Non sei un pupazzo, prova a pensare, prova a comunicare,  forse saprai amare. 


“Come il pettirosso”

Al piano di un solare poggetto

attorniato da alberi spogli ed in mezzo al verde prato,

presso la casa del materno tetto,

sta per avverarsi il sogno più amato.

      Ivi si ergerà la tua nuova dimora come tu prevedi

      e come “sposa promessa” con ansioso sorriso,

      pur se ancor le pareti non vedi,

      all’indoman t’immergi e t’illumini in viso.

Mentre dell’abitar venturo mi rendi edotto,

cinguetta sul bordo dello scavo il pettirosso,

anch’esso avrà vicino il nido nel rovo d’un anfratto

e di tanto in tanto emetterà un canto nel ridosso.

      Il pettirosso vigila il suo spazio ed emette puntuale il canto,

      tu sai competere, perché il sogno s’avverrà;

      or di pensier ti turbi, ma poi ti rassereni in volto,

      cosciente che sol l’amor sa indicar la strada della felicità.

Avanti così: come il pettirosso.

                                Dedicata a Daniela Moretti


“Nulla ci divide”

Sei tu, oggi, così com’eri da bambino,

col delicato sguardo giocondo,

ignaro della fonte che segnò il tuo destino,

sappi, però, nessun ti è migliore al mondo.

        I tuoi occhi lucenti parlano di serenità

        mentre pensi a ciò che ti sorride;

        osservi lieto se l’altro mostra cordialità

        ed allor mi convinco che nulla ci divide.

Non ti penar di quel che accade in terra,

sia gioia in te la fraterna attenzione,

mista di pace e di bontà sincera

che, con atti d’amor, veglia ogni tua azione.

       Pietà fa l’uomo che, per l’avido potere,

       vede solo il gelido possesso,

       con le pupille spente, mai appagato dal suo avere,

       cieco al fato che altri deviò dal giusto passo.

Dedicato a “Mariotto” Favale, che non ha avuto la fortuna di guardare il mondo con gli occhi nostri.


“Stefanuccio”

A valle della grigia e dominante Semprevisa

attorniata da pietrosi e brulli altipiani

è situata Suso, spiata dall’antica Sezze che su costa rocciosa,

guarda la pianura, il mare e la catena dei Lepini.

Si vede che Dio nel progettare il mondo

ha colorato Suso come variopinta terrazza

florente e modellata in cerchio tutto tondo,

ondulata a rilievo di poggi come scolpita corazza.

C’era gente festosa, laboriosa e di empirica cultura,

ricca di altruismo e dai valori in petto,

di passional bontà e d’amicizia vera

ed il pane per la vita procurava a stento.

Persone semplici, menavan le braccia a lavorare intorno

e col carro fino ai campi della tappezzata piana;

a sera stanchi e rigati dal sole facean ritorno:

accosti al tavolo, avvezzi della consueta cena.

Ivi nacque, nell’anno trentasette, oggi veterano atleta,

il noto Stefano Radicioli, detto “Stefanuccio” per di più,

che con l’età matura si scoprì anche poeta

ma schivo celò purtroppo le sue virtù.

Né Sezze, né i paesi intorno e la stessa Pontina

son memori d’aver visto prima un tal soggetto;

da fanciullo, al collegio, vincente in ogni disciplina,

lasciò il segno e fece ritorno al natale tetto.

Adolescente, in ogni gara aveva già la meta vinta,

correva a piedi, correva e davanti ai più grandi si poneva,

muscoloso, asciutto, forte con volontà e grinta

saltava e vinceva, non esultava, anzi, taceva!

Fu grande sorpresa nel gioco del pallone:

nel Sezze ed in altre squadre del territorio pontino

è leggenda con il senso del campione,

ma per sua virtù si tien da ogni onor lontano.

Nei campi di calcio, veloce come cerbiatto,

dal lato sguizzava a zigo zago e metteva fra i pali;

sempre timido, gioiva con sorriso e tatto,

era stimato anche dai suoi rivali.

Diventò moda recarsi a vedere ogni partita,

i paesani lo amavano, le ragazze l’avevano nel cuore,

ma Stefanuccio, riservato come scelta di vita,

si eclissava, non cedeva al lusinghiero gioco dell’amore.

Stupiva in campo anche i tifosi avversari,

ricordo le scommesse di questi a Bassiano:

in palio prosciutti, maialini ed altri beni vari

sul possibile segnar che puntuale offriva in dono.

Perfino quando per la Patria andò soldato

spiccò negli addestramenti militari,

ogni bersaglio veniva da lui centrato

e fra burbe o graduati non trovava pari.

Seminava nel podismo i commilitoni,

agile, nel salto anche una scarpa gli volò,

aveva innato il carisma dei campioni

ed il suo premio licenza agli altri lui donò.

Il tempo rotante puntuale ed inesorabile,

gli impegni per casa, figli e lavoro,

fermarono le gesta dell’imbattibile

che tutti lasciò nel dispiacere amaro.

Resta così agli amici, seguaci e parenti

il ricordo di Stefanuccio, il timido cerbiatto

dalle leggendarie imprese, transite negli eventi,

che nessun del loco ha mai riprodotto.

Oggi il veterano, in ritiro dalla scena,

si muove rituale con appesantito aspetto

nel suo orticello della coltivata piana

o disteso sul divano con le mani al petto.

Detiene un genial senso d’ intelletto

e rimembrando s’avvia alla centesima tappa in poesia;

a volte s’illumina e come di scatto

prende carta e penna e così sia.

Rigore morale e coerenza sono qualità di retta vita,

di tali virtù egli è portatore ed emana freddezza

verso gli stolti, ignari della più grande partita:

l’umano senso del dovere che Dio s’aspetta per osar clemenza.


“La viuzza”

Quando penso al mio luogo natio

rivedo momenti d’intensa armonia;

è così che rimembro storie del paese mio

di cui l’animo avverte l’allegria.

       A lato della pietrosa viuzza alberata e stretta

       che tortuosa saliva al poggio con due case,

       c’era una semplice, piccola casetta

       con davanti il forno, il pozzo, i gigli e le rose.

Una famiglia assai numerosa che vi tenea dimora,

si accalcava attorno al tavolo vicino al focolare,

pronta al piatto allo scoccar dell’ora

ed a nessuno mancava l’umore di scherzare.

       Quando la sera fonda le palpebre calava

       in nove dovean trovare posto a riposare;

       la stanza era una e qualcuno entrar doveva

       nel “cassettone” come letto per dormire.

Dei “Pecci” le gesta sto narrando,

gente umile che di poco si vedea contenta,

generosa e festosa come trovarsi in capo al mondo,

senza invidia e ricca di bontà che conta.

       Ricordo le ministre gradevoli e fragranti

       dal caratteristico sapore intenso:

       con pane, fagioli, aromi dai retrogusti piccanti;

       è quel sapor della tradizione ch’io ripenso.

Raggiante ero nel fragore del giuoco a nascondino ed attento

alle regole miste di fantasia e di consenso

e via scavezzati correvam come puledri senza recinto;

di quei ricordi adesso mi compenso!

       I miei capelli grigi dicon gli anni del passato,

       ho viaggiato lontano in tante direzioni,

       gli amici nuovi mi hanno assai donato,

       mai però, come da fanciullo, quelle vere emozioni.

Son questi i ricordi che guidano la mente

nel rivedere quella viuzza irta e stretta,

ove il mulo tirava con far possente

il pesante carro coi raccolti fin su la vetta.

       Or la viuzza, nel suo silenzio triste, rimane ancora

       e nuove case hanno invaso lo spazio verde,

       i giovani dal progresso hanno i mezzi, ma attorno la radura.

       Io lamento quella qualità di vita che si perde.

Giorgio Bonanni