Prime Sacre Rappresentazioni

 

 

Le prime Sacre Rappresentazioni della Passione di Cristo
a cura di Vittorio Del Duca e Roberto Vallecoccia

Nell’anno 1933 il setino avvocato Filiberto Gigli, rimase singolarmente colpito dal profondo sentimento spirituale del popolo di Sezze e decise di arricchire con nuovi contenuti artistici l’antica “Passione” di Cristo, che la Confraternita della Buona Morte ed altre del luogo celebravano ogni venerdì santo sin dal Medioevo con il pianto del Gesù Morto e della Vergine Addolorata. 
Nacque così l'idea di una rappresentazione teatrale del Dramma Sacro per le vie di Sezze, con attori scelti tra la popolazione locale.
Un gesto ardito quello del Gigli che trovò subito l’appoggio incondizionato di nomi eccellenti della cultura e dell’arte del tempo: Beniamino Gigli, Corrado Govoni, Licinio Refice, don Lorenzo Perosi, Rosso di San Secondo ed altri ancora.
Filiberto Gigli si avvalse della collaborazione di illustri personaggi, come il regista e tenore Marcello Govoni del Teatro dell’Opera di Roma, l’artista Pietro Pocek per la parte pittorica, per il progetto del Teatro Sacro Italiano (Anfiteatro) gli architetti ed accademici Marcello Piacentini e Gustavo Giovannoni, coadiuvati dall’architetto ed urbanista Pietro Aschieri.
Ma se i nomi dei famosi personaggi che affiancarono Filiberto Gigli nella Sacra Rappresentazione sono rimasti nella storia, altrettanto non si può dire dei valenti attori, nostri concittadini, che con maestria e coinvolgente intensità di fede, furono decisivi per il successo del Dramma Sacro. Di essi, ma non di tutti, ci resta la memoria in alcune cartoline commemorative ed ufficiali della Passione degli anni cinquanta, dove una didascalìa indica il nome del personaggio interpretato, ma non quello dell’attore.  L’associazione Memoria Storica si prefigge con questa ricerca di ricordare i nomi di quanti più possibili attori interpretarono le prime sacre rappresentazioni, prima che se ne perda del tutto la memoria collettiva, ma anche di alcuni fatti legati alla Passione. Gli abitanti si conoscevano in quel tempo più per il soprannome che per il cognome, anzi quest’ultimo, tranne rari casi, era spesso ignorato dai concittadini.
I primi attori a partecipare alla Sacra Rappresentazione furono alcuni vicini di casa dello stesso Gigli, residenti in via Umberto, ai quali ben presto se ne aggiunsero altri del quartiere di San Lorenzo e del Vescovado, seguiti dal resto del centro abitato di Sezze.
La culla della Sacra Rappresentazione fu dunque Via Umberto poiché le prove iniziali si svolsero nei primi trenta metri di questa strada, sotto l’attenta regìa dell’avvocato Gigli che trovò con gli attori il feeling necessario per rappresentare la vita di Gesù nel modo suggestivo che tutti conosciamo. 
Aiuti registi del Gigli furono: 
- Dante Tasciotti, via Roma, negoziante.
- Giovanni Di Veroli, Arringo, muratore
Gli Attori rrano tutti cittadini di Sezze delle più svariate classi sociali. È un esempio di come il popolo, unito, riesce a fare grandi cose: concordia parvae res crescunt discordiae maximae dilabuntur recita un detto latino.
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Gesù Cristo sotto la Croce: Pietro Pasqualucci, via dei Cappuccini, impiegato comunale.

Pietro Pasqualucci


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La Madonna Addolorata: Filomena Grossi detta Mena Manicutella, residente in via Umberto, ricamatrice. Successivamente il ruolo venne interpretato da Eleonora Caldarozzi conosciuta in paese come Laurina La Scafarola.

Al centro L’Addolorata, interpretata da Eleonora Caldarozzi detta Laurina

 
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Capo centurione romano: Giuseppe Di Capua detto Buzzighetto, via Umberto, barista e socio fondatore dell’Associazione della Passione di Cristo.

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Primo soldato Romano: Fantigrossi Antonio detto Bruschetta, residente in via Umberto, contadino. Fu colui che reclutò altri contadini da inserire nella truppa dei soldati romani. Si racconta che nel 1950, nella famosa Sacra Rappresentazione svoltasi a Roma in via della Conciliazione, la truppa creò stupore tra le alte cariche della Stato.

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Soldati romani furono i contadini di via Umberto, del quartiere di San Lorenzo e parte di via San Carlo. Si esercitavano in modo impeccabile presso il viale dei Cappuccini, ma si racconta che molti di essi, essendo contadini continuavano l’esercitazione per conto proprio mentre lavoravano in campagna, marciando con passo romano al grido “euh euh -bum bum”. Tra i soldati romani Ulgiati Ottavio Luigi e Ulgiati Ezio, via Umberto. 
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San Pietro Apostolo: Rinaldo Coluzzi, via Umberto, falegname.
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Il fustigatore: Petruccella, conosciamo solo il suo soprannome
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Il Rettore dei carnefici: Francesco Lutero. Il nipote, omonimo, interpreta oggi il centurione a cavallo.


Francesco Lutero, il Rettore dei Carnefici

- Giovanni Apostolo: Vincenzo Belli, pittore restauratore di arte sacra. Visse buona parte della sua vita a Firenze per aver sposato una fiorentina ( Teresa Battaglini). Tra i suoi lavori il restauro della Sala d’Ercole al Museo Archeologico di Sezze.

Il pittore Vincenzo Belli

- Giuda: Loreto Biagini socio fondatore della Passione di Cristo, calzolaio. In collaborazione con altri colleghi realizzò i sandali dei soldati romani.

Loreto Biagini, il calzolaio che impersonò Giuda

- Maria Maddalena: la prima a ricoprirne il ruolo fu Teresa Tartaglia, la stessa che ammiriamo con il copricapo nero nel poster storico della Sacra Rappresentazione ai piedi della croce. In seguito la sostitui la sorella Vittoria.

Teresa Tartaglia nel ruolo di Maria Maddalena


-San Giovanni Battista: Salvatore Marchetti, detto Toto di Biasio, via Umberto, calzolaio e papà di Nanda, la titolare della libreria scolastica che si trovava in via Umberto all’incrocio con via Pitti, nonché moglie del compianto dentista dott. Zoiti. 
Salvatore Marchetti fu molto vicino alla Confraternita del Sacro Cuore di Gesù detta dei Sacconi, nella quale rivestì il ruolo di bidello negli anni 40.

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Tito sulla biga, trainata da cavalli: Paletta Giuseppe, via San Carlo, direttore di banca.

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Alma Sol (Carmen saeculare di Quinto Orazio Flacco) fu recitata in latino a Roma nell’Anno Santo 1950 in via della Conciliazione dal giovane dottore Giovanni Paletta, suscitando un tripudio tra gli spettatori: Sole fecondo, che con il carro ardente porti e nascondi il giorno, e nuovo ed antico rinasci, nulla più grande di Roma possa tu mai vedere…

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Rachele: Teresa Borsa, panettiera

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Pilato: Filippo Tartaglia soprannominato Cicerchia, via Marconi, vigile. Si racconta che multò la moglie per aver buttato dalla finestra una cima di broccoletti e che un amico gli chiese : E mò chi la paga la multa? Non sù sempre tu che la teta pagà ? Al che il Cicerchia rispose: No, la paga iessa perché dovrà fare a meno de gli svaghi.


Filippo Tartaglia detto Cicerchia, vigile urbano nella parte di Pilato

-Gli schiavi del pretorio di Pilato: l’identificazione di tutti è diffficile ma sembra che il capo degli schiavi fosse Antonio Zaccheo soprannominato “Budellone”, lavorava alla ex Cava Petrianni come conducente del rullo compressore; il precedente capo degli schiavi era conosciuto in paese come “ i Carbonaro” evidentemente perché vendeva il carbone. Il primo da destra dovrebbe essere Ignazio Conti, il secondo Titta La Penna detto Bucalo ed il terzo Rosella Giovanni detto “Nino La Paparozza” papà di Giancarlo, personaggio assaio noto a Sezze per essere stato in gioventù conduttore della rete televisiva locale Videoesse.

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Mosè: Luigi Vaiardi, socio fondatore della Passione, abitava nel quartiere Sant'Angelo, conosciuto in paese come “I granunghiaro” (pescatore di rane). 

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Il profeta Ezechiele: Luigi Cammarone. - Il primo profeta fu Vincenzo Catuzzi soprannominato “La Segatòra”.E’ stato uno dei soci fondatori della Passione di Cristo e per qualche tempo suo presidente. Nella vita faceva il mastro muratore- La sua recita: Un giorno ebbi una visione, vidi un cavallo bianco– oracolo del Signore –con altro cavallo distruggerò i tuoi cavalli in mezzo a te e manderò in rovina i tuoi carri,distruggerò le città della tua terra e demolirò tutte le tue fortezze…. Il che suscitò una battuta spontanea del sacerdote Antonio Tassi: Eh ma quanti cavalli! Non ha avuto la visione di un cavallo solo, ma ha visto una intera riserva …

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Il profeta Michea: Filigenzi Angelino detto “Mortalo”. Via Garibaldi -Aveva un grosso naso, per questo la sua voce aveva un suono nasale molto caratteristica che rendeva la parte suggestiva e coinvolgente. Qualche giovane del luogo per suscitare il riso dei compagni, si divertiva goliardicamente a farne l’imitazione ad alta voce ripetendone i gesti.

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Caifa: Arturo Rocca, maestro elementare conosciuto come Sor Nannèo, via Cavour, maestro elementare, confratello della Confraternita del Sacro Cuore di Gesù detta dei Sacconi. 



Arturo Rocca, maestro elementare conosciuto in paese come Sor Nannèo


-Golia; Gaetano Titi, aveva un locanda di vini e di ristorazione presso Piazza dei Leoni alle cosiddette “Colonne di Tito” 

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Lazzaro; Antonio Campoli, avvocato e poeta setino. Impersonava Lazzaro negli anni ’50 perché da giovane era molto magro. Era figlio di Luca, il sarto setino di Via Valerio Flacco, nonchè socio fondatore della “Passione” che realizzò buona parte dei costumi per la prima rappresentazione del 1933.

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Cantico dei Cantici – Di questo quadro fece parte tra altri la giovanissima Caterina Campoli, figlia del sarto setino Luca Campoli, e sorella più piccola di Antonio, il poeta ed avvocato setino.

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L’Angelo che protegge la fuga di Maria e Giuseppe: Era conosciuto in paese con il soprannome “I Pisciocchi” perché la mamma vendeva i pesciolini al Largo B. Buozzi., il cognome è Filigenzi. Il fratello Ernesto, aveva un’edicola di giornali proprio in questo Largo.

San Giuseppe nella fuga in Egitto: Marcello detto “Marantonia” Lavorava come operaio macellaio.

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Ebrei prigionieri dei Romani: Il capo dei prigionieri era conosciuto in paese come “Nzino Meo” Faceva il necroforo al cimitero di Latina; recitava Risorgeremo da queste mura …. creando con la sua voce possente una forte suggestione tra gli spettatori. Quando il quadro non fu più fatto recitò il ruolo di Abramo nella Trasmigrazione dopo Andrea Nascani.

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Davide: Era conosciuto in paese come maestro De Angelis o meglio con il soprannome ” maestro Farza” (insegnante elementare).

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Caracalla: Vincenzo Tetto, professore. Caracalla rimase famoso per il suo editto con cui, nell'anno 212 d.C., concesse da imperatore la cittadinanza romana a quasi tutti gli abitanti dell'Impero. Tra i pochi esclusi vi erano i cosiddetti dediticii, ossia i non Romani, formalmente privi di ogni altra appartenenza. Il quadro fu ritenuto di scarsa importanza ai fini della Sacra Rappresentazione e non venne più fatto.

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Abramo: Andrea Nascani, giovane studente di soli 17 anni, poi avvocato. Il regista Gigli gli affidò nelle tre rappresentazioni all’Anfiteatro nel settembre 1957 anche la parte del Buon Ladrone sulla croce a sinistra di Gesù (Pietro Pasqualucci) e poi quella del Centurione romano nel Triondo di Tito. Dopo alcuni anni si tornò per le strade di Sezze, dove il giovane avvocato Andrea Nascani tornò ad interpretare Abramo e poi Pilato. 

I primi vestiti o costumi per la Rappresentazione del 1933 furono cuciti dalle famiglie degli attori, altri realizzati da sarti locali come Luca Campoli che aveva una scuola di sartoria, in via Valerio Flacco, oltre che da ragazze che cucivano tutto il giorno per 70 centesimi. Vincenza Di Capua fu una di queste. Un ruolo importante nel cucire i costumi per la Sacra Rappresentazione all’Anfiteatro del 1957 ebbe la sarta setina Amelia Savo, moglie del calzolaio Loreto Biagini (Giuda) che si occupò dei calzari degli attori. 

Il primo percorso della Sacra Rappresentazione fu: Chiesa di San Pietro, via Garibaldi, Porta Pascibella, via Umberto, via San Carlo, via Matteotti, via Corradini fino alla Capo Croce, poi attraverso via Cavour e via Diaz di nuovo rientro a San Pietro. 
Fu provato anche un altro percorso: San Pietro, via Cavour, capo Croce, porta Pascibella, via Umberto, via San Carlo, via Roma e poi rientro a San Pietro. 
La seconda tornata di costumi per la Passione di Cristo fu realizzata interamente dalle Suore della Sacra Famiglia del Bambin Gesù.
Vari fuochi si accendevano in paese al passaggio della Madonna nei seguenti luoghi: incrocio tra via Umberto e via Pitti, porta Pascibella, San Pietro, piazza dei Leoni, Santa Maria e al Montone in via Corradini. 
Si riteneva che il fuoco era benedetto dalla Madonna per cui anche la brace era benedetta, quindi chi poteva ne metteva un pò nei bracieri e la portava a casa insieme alla cenere. 

La prima sede della Passione di Cristo si trovava tra la chiesa di Sant'Andrea e via Umberto, ma venne distrutta nel maggio del 1944 dal bombardamento degli Alleati.

Ricordi e testimonianze

Vittorio Del Duca: Mio padre durante gli anni ’40 era confratello della Confraternita del Sacro Cuore di Gesù detta dei Sacconi e nel febbraio 1949 fu eletto dalla stessa pro Priore “con il compito di rappresentarla in tutti gli atti rappresentativi e curare particolarmente la partecipazione a Roma nell’Anno Santo 1950 e le feste per il Beato Carlo”.
Ricordo che da bambino nel settembre1957, a soli 9 anni, mi portò con mia madre a vedere le Sacre Rappresentazioni all’Anfiteatro o meglio al “Teatro Sacro Italiano” come indicava una grossa scritta all’ingresso, che conferiva al sito una valenza internazionale, dopo il grandioso successo della Sacra Rappresentazione avuto a Roma in via della Conciliazione nell’Anno Santo 1950. 
La parte anteriore del Teatro Sacro Italiano, in precedenza coltivata a grano dalla mia famiglia su terreno in affitto dalla gentildonna Flavia Pietrosanti (zia senza figli della notabile famiglia Boffi), venne espropriata per ricavare l’ampio e lungo parcheggio tuttora esistente
La strada che portava in paese fu ammodernata con curve e nuovi tornanti per permettere una risalita più agevole ai numerosi bus turistici che sarebbero giunti per la Passione, come infatti avvenne, ma anche a quelli locali giornalieri degli Autoservizi Tulli. 
Venne costruita ed illuminata la croce in ferro dell’Anfiteatro, come un faro visibile dall’intero Agro Pontino ad indicare Sezze Città della Passione e sul monticello Chicchiricchì, un autentico Calvario Naturale, furono innalzate tre croci, quella di Gesù e dei due ladroni.

Ci recavamo all’Anfiteatro un po' prima dell’orario previsto perchè mio padre doveva indossare l’abito di Saccone e partecipare alla Passione con la sua Confraternita.
Ho un vivido ricordo di quei giorni e dei paesani, che con rispetto ed ammirazione additavano gli attori della Passione che scendendo a lato degli spalti andavano ad indossare i costumi della recita: Ecco, arriva Gesù… quello è San Giovanni Battista.. quella è la Madonna…sta arrivando la Samaritana dalla Stazione di Sezze....
Il paese partecipava unito a questo spettacolo che vedeva impegnati nella recitazione dei brani del Vangelo i suoi figli più capaci e delle disparate classe sociali. 
L’eco di certe parole che contavano quasi duemila anni, non si era mai spento a Sezze e quando i contadini vestivano gli abiti degli Apostoli, il messaggio cristiano diventava visivamente concreto, un vero “miracolo” che si rinnovava grazie a Filiberto Gigli, facendo riflettere tutti gli uomini di buona volontà. 
Ricordo che in una delle Rappresentazioni di quel settembre iniziò a piovere e ci fu un fuggi fuggi generale di spettatori, un microfono avvisò gli attori che la Sacra Rappresentazione doveva continuare fino a quando nelle gradinate sarebbe rimasto anche un solo spettatore e così fu, perché in tanti erano venuti muniti di ombrelli. 
In quello stesso mese di Settembre, durante l’ultima Rappresentazione all’Anfiteatro, i microfoni annunciarono che un tale ambasciatore (o più ambasciatori), non ricordo di
quale Nazione, attendeva il suo autista in auto. Era evidente che non aveva gradito la Sacra Rappresentazione in quel posto naturale, apprezzato invece da molti, e furono in tanti a dire che questo episodio avrebbe sancito la fine delle recite all’Anfiteatro. Non capii il perché ma fu proprio così e la Passione di Cristo tornò a sfilare solo per le strade del paese il Venerdì Santo, come da secoli era sempre avvenuto con la parte liturgica, ovvero le confraternite il Cristo Morto e l’Addolorata.
L’Anfiteatro fu in seguito usato come scenario per film di grande successo sull’antica Roma con tantissime comparse locali (Le schiave di Cartagine, La Spada e la Croce), servì da campo sportivo per la Vis Sezze e per concerti di musica leggera con vip che attiravano migliaia di spettatori dalle province limitrofe e da ogni parte d’Italia, godendo di un ampissimo parcheggio frontale.
Peccato che tutto questo sia finito e che nelle gradinate progettate dall’architetto Piacentini secondo l’andamento naturale del luogo, sia stata costruita l’incompiuta opera dell’Ecomostro, un’ insoffribile vergogna per il nostro paese, costata milioni di euro e che ha reso l’Anfiteatro inservibile alla comunità di Sezze.

-Vincenzo Faustinella: Mio nonno; Luca Campoli, aveva una sartoria in Via Valerio Flacco ed oltre ad essere uno dei soci fondatori della “Passione”, cucì la gran parte dei costumi per la prima Sacra Rappresentazione del 1933, coadiuvato da lavoranti, apprendisti, e dalle figlie, in particolare la più giovane, zia Caterina, che partecipò al quadro del Cantico dei Cantici. Il figlio Antonio (poi avvocato e poeta setino) recitò giovanissimo la parte di Lazzaro. Mio nonno era “maestro di sartoria” e il suo laboratorio era anche scuola, insegnò a diversi sarti locali e li formò al loro mestiere. 
Attraverso Filiberti Gigli, arrivarono nella sartoria i finanziamenti dell’ EPT e di altri Enti con i quali si comprarono le stoffe e si pagarono i lavoranti per cucire buona parte dei vestiti delle prime rappresentazioni 
Con la promulgazione delle leggi razziali, nei piani alti della sartoria trovarono rifugio dalle deportazioni alcuni giovani ebrei setini, fratelli e sorelle di Adolfo Di Veroli, ai quali nonno Luca dette lavoro in quel brutto periodo della nostra storia.
Come socio fondatore della “Passione”, non fece mai mancare il suo contributo anche nelle successive rappresentazioni. Confesso che da bambino, a motivo della mia ammirazione, sognavo di cucire vestiti su misura come lui, ma la sua morte mi impedì di farlo. Oltretutto erano i tempi in cui i sarti artigianali abbandonavano la loro attività e cercavano un altro lavoro, costretti dalla comparsa degli abiti confezionati in serie e a costi inferiori. 


Annarita Ricci: i vestiti e gli accessori utilizzati per la processione venivano custoditi dalle Clarisse di Santa Chiara, dette anche “monache vecchie” per essere le più antiche del paese. Ogni anno, al termine della processione, le Clarisse dopo averli lavati e stirati li custodivano in alcuni bauli per essere pronti l'anno successivo. La stessa aggiunge che quando il maestro elementare Peppe De Angelis decise nel 1969 ( non ricorda l’anno preciso perché era piccola) di riprendere la processione sotto la sua regìa dopo il periodo di fermo seguito alla morte dell’avvocato Gigli, i costumi furono nuovamente ritirati presso le suore di Santa Chiara e le prove si fecero a Santa Maria.

Anna Biagini, figlia di Loreto Biagini e della grande sarta setina Amelia Savo, aggiunge qualcosa che non tutti sanno: Nel 1950, precisamente nella sera di sabato 30 Settembre , Filiberto Gigli portò la processione di Sezze a Roma, fu rappresentata ai Fori Imperiali. Negli anni dopo e precisamente nel 1957 fu organizzata per la prima volta all'anfiteatro di Sezze. Furono confezionati 3.500 costumi sotto la direzione sartoriale di mia madre Amelia, affiancata da circa 60/70 ragazze che realizzarono il tutto presso le suore. Mio padre Loreto Biagini fu a capo del laboratorio di calzari. Il tutto organizzato e seguìto dall'avvocato Gigli con l'aiuto delle sorelle Tonini del teatro dell'opera di Roma. Portai mia madre a Sezze nel 2003 a vedere la Sacra Rappresentazione, dopo tanti anni che mancava, e fu lei stessa a farmi notare tutti quelli fatti nel laboratorio delle suore con lei a capo nel 1957. Mia madre è morta qualche anno fa, ma mi diceva che nelle Sacre Rappresentazioni che aveva visto in televisione dopo il 2003, quei costumi erano diventati sempre di meno e con suo grande rammarico non sapeva spiegarsi il perché.

Franca Salino: Mio padre, Alberto , era l’unico autorizzato ad entrare nel convento delle Clarisse. Me lo raccontava sempre . Io ne ho un ricordo lontano. Una o due volte sono andata con lui . Ricordo che le suore chiesero a mio padre chi fossi. Lui rispose che ero sua figlia. Poi aggiunse : "È uno spirito angelico" riferendosi alla parte che mi era stata assegnata dall'avvocato Gigli..

Lucilla Belisari: Mio padre Angelo Belisari era un confratello della Confraternita del Santo Rosario e oltre a partecipare alle processioni con la sua confraternita fu soldato romano alla processione del Venerdi Santo. La sua iscrizione risale al 1950 anno in cui fu fatta a Roma. Raccontava che quel giorno pioveva a dirotto ma c’era tanto pubblico a vederli. Era orgoglioso di ciò.vDopo la rappresentazione a Roma i soldati romani di ritorno a Sezze raccontarono che durante lo svolgimento della processione, mentre pioveva a dirotto qualcuno del pubblico buttò un portafoglio per terra. Nessuno si chinò a raccoglierlo.

Angelo Cardarello-ramo Carnebianca riferisce: Mio padre ricorda che durante la rappresentazione a Roma nell'Anno Santo del 1950 pioveva molto. Tra i Sacconi del Sacro Cuore di Gesù, oltre a mio padre Luigi c'erano lo Zio Lidano, i cugini di mia madre Francesco Catuzzi e Giovanni Angelini (Priore).

Luisa Fantigrossi: Conservo il tesserino di mio nonno Ignazio Conti, faceva la parte dello schiavo. Lui mi diceva che quando il giorno della processione pioveva o faceva freddo, nessuno degli schiavi si è mai ammalato, pur stando quasi completamente nudi.

Angela Leonoro: Ricordo che la processione usciva da San Pietro, scendeva per via Garibaldi con le ragazze delle suore che portavano chi il teschio chi le ossa. Nella confraternita della Buona Morte, quello con la croce scalzo che si trascinava la catena al piede mi faceva venire i brividi, perché tutto intorno c'era un silenzio di tomba. La processione, giunta in prossimità di Porta Pascibella svoltava verso via Umberto - Porta Sant'Andrea - via San Carlo - Arringo - Santa Maria - via Corradini fino alla Capo Croce, qui prendendo via Cavour rientrava nella chiesa di San Pietro da dove era uscita. Questo è quello che ricordo, comunque con il tempo ha fatto giri diversi. 

Italo Cammarone: Mio padre Luigi ha sempre partecipato alla Processione. Recitava la parte del profeta Ezechiele. Mi raccontava che alla Processione del 1950 a Roma (dove anche lui partecipo') pioveva a dirotto. Gli spettatori iniziarono ad aprire gli ombrelli ma Alcide De Gasperi, presidente della Repubblica, ordinò immediatamente di chiuderli e di bagnarsi per rispetto degli attori che recitavano sotto l'acqua. Anch'io sono stato "iniziato" alla Processione da piccolo. Conservo ancora la tessera che Gigli ci fece fare con la nostra foto. Nella tessera campeggiavano come sfondo le tre croci dell'anfiteatro ed era stato riportato il "quadro" di appartenenza. Da piccoli si faceva "numero" nel popolo di Abramo o nella Turba. Da grande, alla morte di mio padre ho preso la sua parte di Profeta, più tardi feci il Cristo risorto e per tre anni ho vestito i panni di San Carlo.

Letizia Di Magno: Il mio primo debutto nella processione del Venerdì Santo è stato a dodici anni, nel quadro degli spiriti angelici. A sedici anni il grande Gigli, che era un fanatico della perfezione, mi assegnò il quadro della Samaritana. Per diversi anni ho interpretato la Samaritana al pozzo, dando la voce ad entrambi i ruoli. In seguito la figura di Gesù venne interpretato da Enrico Toti, fratello di Lorenzo Pizzammesa, che invece interpretava Giuda Iscariota. Sono momenti che ricordo con tantissimo affetto e che mi sono rimasti impressi nel cuore......bellissimi ricordi.

Paolo Leonoro aggiunge: Petruccella, il fustigatore di Cristo, abitava in un vicolo adiacente a San Lorenzo, in un pianterreno sotto il livello della strada, senza luce, senza acqua, annerito dal fumo del camino, come ce n’erano tanti in quell’epoca. La sola luce che penetrava nella sua stamberga veniva da una finestrella che si affacciava a livello di terra sul piccolo giardino di casa mia. Viveva da solo, mezzo 'cecato'. Noi ragazzini, inconsapevoli delle sue condizioni, andavamo a bussare forte alla sua porta per farlo incavolare, lui usciva sempre bestemmiandoci e con un coltello in mano per farci paura. Ma noi non avevamo paura e ci divertivamo a farlo apposta. 
Per quanto riguarda i fuochi per la Madonna, si sono fatti fino a quando la Sacra Rappresentazione non si è ingrandita con più quadri. Uno dei fuochi si accendeva nel piazzale della chiesa di San Lorenzo. Quello dei fuochi era una ricorrenza che noi ragazzini aspettavamo con entusiasmo. Per noi era impegno ed avventura. Circa un mese prima della processione andavamo per i boschi intorno al paese a raccogliere grossi rami, su di questi caricavamo altri rami più piccoli e legna. Ogni carico veniva trascinato da due tre ragazzini per le strade fino al deposito della contrada. Tutta questa legna veniva accatastata formando enormi cumuli. C'era competizione tra una contrada e l'altra a chi faceva il fuoco più grande per la Madonna e non mancavano i furti reciproci di legna. Per questo i ragazzi più grandi presidiavano i depositi anche di notte.

Chiara Colasanti ci dice: Che meraviglia queste memorie! Grazie per averle condivise con tutti. Aggiungo anch'io un pezzetto a questa narrazione: questo è il telo col volto di Cristo dipinto dal maesto Giuseppe De Angelis che veniva portato in processione negli anni '70. Si trova a casa mia da tanto tempo, perché De Angelis lo donò a mio zio don Vincenzino Venditti e lui a mio padre. Mi fa piacere condividerlo. Buona Pasqua a tutti!

Antonio Belli, impiegato di banca in pensione racconta: Ho conosciuto abbastanza bene Vincenzo Belli che impersonava l’Apostolo Giovanni perché era cliente del Banco di Santo di Spirito in piazza dei Leoni, dove lavoravo. Era di Suso ma visse buona parte della sua vita a Firenze, per aver sposato una fiorentina e non avevano figli. Restaurò la sala d’Ercole del museo archeologico di Sezze. Mi parlava dei suoi lavori fatti intorno a Firenze, maggiormente arte sacra. La madonnina nell’edicola di via Gattuccia è opera sua. Aveva fatto diversi quadri al dott. Angelo Giorgi e credo qualche affresco dentro casa. Aveva l’aspetto di un artista d’altri tempi in quando andava in giro con un cappellino di lana tipo papalina con giacca e pantaloni molto larghi. Mi disse che non eravamo parenti perché i due rami Belli che venivano dalla Ciociaria alla fine del Settecento, uno si stabilì al Melogrosso e l’altro ramo, il mio, alla fonte della Sagliuta. Suoi nipoti sono gli apicoltori Belli che fanno il miele alla migliara 46 e mezzo e in via Scopiccio, dove passa la pista pedonale. Posso dire che voleva farmi un ritratto ma non ebbe tempo perché morì negli anni 90 per un male incurabile e credo abbia lasciato incompiute diversi suoi quadri.

Antonio Di Norma, impiegato e confratello della Confraternita del Sacro Cuore di Gesù: Ricordo molto bene il pittore Vincenzo Belli. Confermo che visse dalle parti di Firenze per buona parte della sua vita per aver sposato una fiorentina, Teresa Battaglini, ma puntualmente tornava a Sezze il Venerdi Santo per impersonare l’Apostolo Giovanni. Restaurò la sala d’Ercole del museo archeologico di Sezze.

Pietro Pasqualucci (Gesù) e Vincenzo Belli (Giovanni Apostolo)


Salvatore Santucci (il compianto Toto così chiamato affettuosamente da tutti) raccontò che il Petruccella, suo vicino di casa, per riuscire ad entrare nella parte dell’infame che frusta ed ingiuria Gesù sotto la croce, aveva bisogno di inebriarsi con il vino, altrimenti la lucidità non gli avrebbe permesso di entrare nella parte. In realtà pare sia stato un pretesto, poiché era un grande bevitore.

Paolo Leonoro a proposito del Petruccella aggiunge: Petruccella, il fustigatore di Cristo, abitava in un vicolo adiacente a San Lorenzo, in un pianterreno sotto il livello della strada, senza luce, senza acqua, annerito dal fumo del camino, come ce n’erano tanti in quell’epoca. La sola luce che penetrava nella sua stamberga veniva da una finestrella che si affacciava a livello di terra sul piccolo giardino di casa mia. Viveva da solo, mezzo 'cecato'. Noi ragazzini, inconsapevoli delle sue condizioni, andavamo a bussare forte alla sua porta per farlo incavolare, lui usciva sempre bestemmiandoci e con un coltello in mano per farci paura. Ma noi non avevamo paura e ci divertivamo a farlo apposta. 

Roberto Vallecoccia: Per quanto riguarda i fuochi per la Madonna, si sono fatti fino a quando la Sacra Rappresentazione non si è ingrandita con più quadri. Uno dei fuochi si accendeva nel piazzale della chiesa di San Lorenzo. Quello dei fuochi era una ricorrenza che noi ragazzini aspettavamo con entusiasmo. Per noi era impegno ed avventura. Circa un mese prima della processione andavamo per i boschi intorno al paese a raccogliere grossi rami, su di questi caricavamo altri rami più piccoli e legna. Ogni carico veniva trascinato da due tre ragazzini per le strade fino al deposito della contrada. Tutta questa legna veniva accatastata formando enormi cumuli. C'era competizione tra una contrada e l'altra a chi faceva il fuoco più grande per la Madonna e non mancavano i furti reciproci di legna. Per questo i ragazzi più grandi presidiavano i depositi anche di notte.

La Sacra Rappresentazione fu in ultima analisi, espressione di due azioni distinte ma non separate: la prima riguarda la splendida cornice del Teatro Sacro Italiano (Anfiteatro) dove si recitò una tragedia religiosa profondamente sentita da tutti ma meno suggestiva, la seconda vide come protagonisti non solo gli attori, ma anche le vie del paese ed i suoi abitanti che partecipavano con fede vivissima al passaggio della Passione, inginocchiati, piangenti, lacrimanti e preganti.

Riportiamo altre immagini d'archivio e, nel rispetto della proprietà artistica e riconoscendone il valore culturale, indichiamo quello che viene riportato sul retro delle cartoline in nostro possesso:

Tipi e frammenti della Processione del Venerdì Santo di Sezze

Propr. artistica Comm. E. Reale -   Ripr. Vietata

Su internet girano immagini non ufficiali di personaggi in costume della Sacra Rappresentazione di Sezze degli anni '30, provenienti da luoghi più disparati ma ci esimiamo dal pubblicarle, nutrendo dubbi sulla loro autenticità e soprattutto perché dai tentativi esperiti non sono state trovate persone in grado di riconoscere gli attori, com’è scopo del nostro studio 
Autentiche invece le immagini dell’Istituto Luce nel sito ufficiale della Passione, purtroppo sono state girate a caso all’Anfiteatro durante le pause delle recite; sono generiche, ovvero mancanti sia dell’indicazione dei personaggi interpretati che bisogna tirare ad indovinare attraverso i costumi, sia del nome degli attori.
 

Composizione del cda negli anni 50 ed i soci fondatori della Passione di Cristo

ISTITUTO DELLA SACRA RAPPRESENTAZIONE DI SEZZE
Il 19 ottobre 1957, con atto notarle del notaio Giovanni Tosti Croce, rep. n.2696, raccolta n.1665, in Sezze veniva costituito L'Istituto della Sacra Rappresentazione di Sezze con la seguente struttura societaria:
SOCI FONDATORI:
1)- Filiberto GIGLI, regista, nato a Sezze  il 22 gennaio 1907 ed ivi residente in Via Umberto n. 118;
2)-Loreto BIAGINI, commerciante, nato a Sezze il 30 gennaio 1899 ed ivi residente in Via Cappuccini n. 18;
3)-Dante TASCIOTTI, commerciante, nato a Sezze il 23 febbraio1907 ed ivi residente in Via Roma n.5;
4)-Filippo TARTAGLIA, vigile urbano, nato a Sezze il 5 settembre 1897 ed ivi residente in Via Guglielmo Marconi n. 42/B;
5) Lorenzo CIPRIANI, muratore, nato a Sezze il 01 gennaio 1898 ed ivi residente in Via Umberto n. 23;
6)-Vincenzo CATUZZI, muratore, nato a Sezze il 28 gennaio 1915 ed ivi residente in Via Guglielmo Marconi n. 22;
7)-Salvatore MARCHETTI, calzolaio, nato a Sezze il 16 ottobre 1900 ed ivi residente in Via Umberto, n. 98;
8)-Angelo FILIGENZI, elettricista, nato a Sezze il 27 febbraio 1900 ed ivi residente in Via Garibaldi n. 24;
9)-Colombo PASQUALUCCI, legale, nato a Sezze il 13 settembre 1890 ed ivi residente in Via Cappuccini n. 56;
10)-Luca CAMPOLI, sarto, nato a Sezze il 01 gennaio1897.ed ivi residente in Via Valerio Flacco n. 6;
11)- Pietro PASQUALUCCI, impiegato, nato a Sezze il 01 agosto 1899 ed ivi residente in Via Cappuccini n. 56;


CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE:
Filiberto GIGLI, Colombo PASQUALUCCI, Dante TASCIOTTI, Loreto BIAGINI, Angelo FILIGENZI

COLLEGIO DEI SINDACI EFFETTIVI:
PRESIDENTE : Mons. Giovanni Battista CARISSIMO – nato a Sezze il 3 ottobre 1885
MEMBRO: Antonio CAMPOLI- nato a Sezze il 4 ottobre 1930
MEMBRO: Bernardino MELE – nato a Sezze il 31 luglio 1934

COLLEGIO DEI SINDACI SUPPLENTI:
Vincenzo CATUZZI – Lorenzo CIPRIANI

COLLEGIO DEI PROBIVIRI:
PRESIDENTE: Renato Avv. SAUZZI – nato a Sezze il 22 ottobre 1902
MEMBRO: don Vincenzo prof. VENDITTI- nato a Sezze il 6 agosto 1914
MEMBRO: Guido MASELLI- nato a Sezze il 21 agosto 1891