Luigi Di Rosa

> 2001 - 25° Anniversario

 

20 febbraio 2018 :  Luigi Di Rosa, traslato nella tomba di famiglia

Il Messaggero di Latina, di Alessandro Mattei

Dopo oltre 41 anni i resti della salma del giovane Luigi Di Rosa sono stati trasferiti presso la tomba di famiglia per volontà dei parenti. L’estumulazione è avvenuta lo scorso mese ma la notizia si è diffusa nei giorni scorsi. I familiari fanno sapere che il trasferimento dei resti mortali di Luigi sono avvenuti “solo ed esclusivamente per riunire Luigi ai suoi genitori” e perché il monumento dove Di Rosa è stato tumulato nel 1976, nel corso degli anni, era diventato “difficilmente raggiungibile” per la sorella di Luigi, dato che la tomba si trova su una collina e in un luogo spesso scivoloso e reso viscido dall’umidità. Sempre per volontà dei familiari, e soprattutto della sorella di Luigi Di Rosa, la signora Mariella, è stato chiesto però che il monumento all’interno del cimitero di Sezze venga custodito, preservato e lasciato in ricordo del giovane setino ucciso il 28 maggio 1976 dopo il comizio del parlamentare del MSI Sandro Saccucci. 

Il ricordo del giovane setino in tutti questi anni è rimasto indelebile nella memoria e nella storia della comunità setina. La tragica morte del giovane ha segnato una intera generazione di ragazzi che hanno vissuto direttamente quei tremendi anni di piombo. Il 28 maggio del 1977, ad un anno dalla morte del giovane, l’allora amministrazione comunale di Sezze inaugurò una scultura bronzea dell’artista Reza Olia a memoria delle vittime dell’antifascismo. La statua del giovane è stata collocata in prossimità di Piazza Ferro di Cavallo, dove Di Rosa venne colpito mortalmente dal proiettile partito da una macchina al seguito dell’allora deputato Saccucci dopo il comizio avvenuto in piazza dei Leoni. Il 3 e il 4 luglio di quello stesso anno, nello stesso monumento, venne fatto esplodere un ordigno di tritolo, un attentato ad oggi rimasto impunito, così come la profanazione della tomba di Luigi imbrattata il 2 novembre 1978 con scritte di vernice inneggianti l’odio politico. Da diversi anni la memoria di Luigi è anche strettamente collegata al Premio Nazionale di Storia Contemporanea Luigi Di Rosa, promosso dall’’Associazione culturale no-profit Araba Fenice di Sezze, con il patrocinio e la collaborazione del Dipartimento Di Scienze Storiche dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.


28 maggio 2016 :  40° ANNIVERSARIO
40° anniversario della morte di Luigi DI Rosa

Tre gli ultimi appuntamenti della sesta edizione del Premio dedicato a Luigi Di Rosa, il giovane ucciso il 28 maggio 1976 a Sezze e di cui quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della morte.

Domani, venerdì 27 maggio, alle ore 17.30 presso la sede dell’associazione culturale no-profit “Araba Fenice”, in via Diaz 25, si parlerà proprio del processo relativo all’omicidio e della sentenza che ha dichiarato Luigi Di Rosa vittima della violenza comune anziché del terrorismo o di violenza politica.

Interverranno in proposito il giudice Otello Lupacchini e l’avvocato della famiglia Di Rosa, Luigi De Angelis. A moderare la discussione, il giornalista Sandro Provvisionato.

La mattina di sabato 28 maggio ci sarà invece un corteo che partirà alle ore 10 dalla sede dell’Araba Fenice e terminerà con la deposizione di fiori al monumento commemorativo dedicato ai martiri dell’antifascismo, in Largo Luigi Di Rosa. Il pomeriggio, sempre presso via Diaz 25, alle ore 17.30, saranno premiati i vincitori del Premio nazionale di storia contemporanea e interverranno varie personalità del mondo politico e accademico.

Scopo del concorso è quello di approfondire la ricerca storica nell’arco temporale che va dal 1968 al 1980, con particolare attenzione ai cambiamenti sociali e culturali, ai movimenti politici, ai fenomeni eversivi e terroristici che hanno segnato la storia della Repubblica italiana e quindi ricordare tutte le vittime degli “anni di piombo”.

Anche quest’anno la manifestazione ha riscosso un enorme successo e ottenuto prestigiosi riconoscimenti: il Senato della Repubblica e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno voluto conferire alla manifestazione le loro medaglie celebrativa. Il premio gode del patrocinio del Senato della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Regione Lazio, del Consiglio Regionale del Lazio e del Comune di Sezze. L’Università di Roma “Tor Vergata” e il suo Dipartimento di Scienze Storiche, Filosofico – sociali, dei Beni Culturali e del Territorio, oltre a patrocinare l’iniziativa, sono anche i suoi consulenti scientifici. La manifestazione si fregia, inoltre, della collaborazione con il Centro Studi di Storia Contemporanea “Luigi Di Rosa” e con “Misteri d’Italia” (www.misteriditalia.it) e ha la partnership mediatica di Lazio Tv.

Presidente onorario del Premio è la sorella di Luigi, Mariella Di Rosa.


28 maggio 2010 :  34° ANNIVERSARIO

Per non dimenticare Luigi Di Rosa 

comunicato stampa del Comune di Sezze
Si è svolta nella tarda mattinata di oggi la cerimonia commemorativa del 34° anniversario della morte di Luigi Di Rosa. All'evento hanno presenziato il Sindaco Andrea Campoli, l'Assessore ai Lavori Pubblici, Pietro Bernabei, e l'Assessore all'Urbanistica e all'Ambiente, Antonio Maurizi. Le autorità locali, accompagnate da un corteo di cittadini, si sono riunite a Ferro di Cavallo ai piedi del Monumento eretto in ricordo del giovane, dove il Primo Cittadino ha deposto una corona d'alloro.

 L'omicidio di Luigi Di Rosa, avvenuto il 28 maggio del 1976 durante il comizio di Sandro Saccucci (importante esponente del Movimento Sociale Italiano), scosse l'intera nazione. Il tragico evento, inoltre, ha segnato profondamente la vita della comunità setina. Nessuno, infatti, ha mai veramente pagato per la sua uccisione. Sono stati commessi anche ripetuti attentati al monumento posto, ad un anno dal suo omicidio, dall'Amministrazione Comunale a memoria di tutte le vittime dell'antifascismo fino ad arrivare alla spregevole profanazione della sua tomba nel 1978. Anche per queste vicende, gli autori sono rimasti ignoti. "Sono trascorsi trentaquattro anni da quel brutale assassinio - ha dichiarato il Sindaco Andrea Campoli -  ma nessuno potrà mai dimenticare cosa successe durante quel venerdì sera nei pressi di Piazza Ferro di Cavallo. Tener vivo il ricordo di questo nostro concittadino, scomparso così tragicamente, significa non lasciar cadere nell'oblio la propria storia".


28 maggio 2008 :  32° ANNIVERSARIO
Ricordiamo il compagno Luigi Di Rosa
comunicato stampa della Sezione "Luigi Di Rosa" del Partito dei CARC

Il 28 Maggio 2008 ricorre il 32° Anniversario dell’uccisione del compagno Luigi Di Rosa, giovane militante della FGCI di Sezze assassinato da una squadraccia fascista guidata dal deputato missino Saccucci. Dopo l’omicidio, il criminale fascista Saccucci, sotto protezione dello Stato, andò in esilio all’estero e rientrato tranquillamente in Italia, resta ad ora impunito. Sono passati 32 anni dalla morte di Luigi, 32 anni in cui i fascisti oltre che restare impuniti sono anche stati riabilitati. Oggi i fascisti siedono al governo e nelle istituzioni, sputano sulla Resistenza dalle TV  e dai giornali dei padroni e sono completamente liberi di scorrazzare per le nostre città: basti pensare che dal gennaio 2005 all’aprile 2008 si sono verificate almeno 262 aggressioni fasciste e 98 atti vandalici o danneggiamenti inneggianti al nazifascismo. Ricordiamo che una delle ultime vittime della violenza fascista è Nicola Tommasoli, giovane di Verona, ucciso a calci e pugni da un gruppo di neo-fascisti perché “diverso”… ultimo di una serie: nel 2007 i fascisti uccidono a Roma il compagno Renato Biagetti e nel 2003 il compagno Davide “Dax” Cesare di Milano.

Per dire no alla riabilitazione del fascismo, per rivendicare giustizia contro i crimini fascisti di ieri e di oggi proponiamo nel 32° Anniversario dell’uccisione di Luigi Di Rosa, la promozione di un manifesto antifascista comune da affiggere nei territori in cui operiamo.

Invitiamo dunque tutti i sinceri antifascisti a firmare il manifesto e a far pervenire la propria adesione presso l’indirizzo e-mail: luigidirosavive@yahoo.it .

L'apologia del fascismo
L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque "fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità" di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque "pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche".
La "riorganizzazione del disciolto partito fascista", già oggetto della XII disposizione transitoria della Costituzione, si intende (ai sensi dell'art. 1 della citata legge) riconosciuta "quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista."
La legge prevede per il delitto di apologia sanzioni detentive, più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso con il mezzo della stampa, ed accompagnate dalla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.
Di apologia del fascismo, dopo una certa caduta di attenzione, si è tornato a parlare in tempi recenti a proposito di siti Internet scopertamente esaltanti il passato regime.

Memorie in movimento

lettera aperta di Lucia Viglianti

Questa mattina c’erano le autorità a… ricordare: poche persone, senza la partecipazione delle scuole, senza la partecipazione delle associazioni.

Oggi pomeriggio pochi giovani, persi nel traffico caotico di Ferro di Cavallo. Oltre a questi ragazzi, provenienti da Sonnino, Roccasecca, Priverno, pochissime altre persone di Sezze. Colpisce la loro freschezza, il loro non arrendersi all’assenza di memoria, la loro ricerca di identità, collocata senza remore a sinistra. Il linguaggio del volantino rischia di perdere forza proprio perché caratterizzato da un politichese vecchio stampo, ma non per questo meno vero e di sicuro rispetto, di fronte alla vacuità generale. “Bisogna chiamare le cose con il loro nome” dice Chiara (maglia rossa con la scritta Antifascista sempre) e nei suoi occhi c’è la voglia di esserci, di ricordare, di essere attenta alle insidie che i recenti episodi di violenza gratuita, di grande disagio sociale e di sottocultura stanno riproponendo. 

Quegli episodi e queste insidie dovrebbero creare preoccupazione in chiunque, perché attentati certi alla vita democratica e alla solidarietà sociale; segnali allarmanti, ma di una realtà che non riusciamo più a leggere; lo scarto tra le parole passate - ma colme di emozione - usate dai ragazzi  e quell’indifferenza generale lo testimonia in modo tragico, avvilente. Regnano il disimpegno, il rincorrere uno sviluppo invece del progresso, circondati da cumuli di rifiuti e bruttezza, dimostrazioni presenti del profetico pensiero di Pier Paolo Pasolini.

Non è un caso che un altro luogo della memoria, Porta Sant’Andrea, invece di essere il luogo del ricordo delle 78 vittime innocenti della seconda guerra mondiale è da anni colma di rifiuti,  cartelli e cartelloni messi alla rinfusa e nessuno che sente la necessità di bonificarla.

Siamo abituati a mangiare (di tutto) davanti ad una tv imbavagliata o ebete, che ci mostra immagini violente, sentimentalismi d’effetto, chiacchiericci salottieri, spettacoli di infimo valore culturale. Tutto tranne che informare, generare domande, o un sorriso, come segno di intelligenza, cioè:  emozionare.

Così come la “storia sociale” di Sezze viene troppo spesso demandata ad altri ed ogni deficienza attribuita agli amministratori come unici responsabili. Niente da stupirsi se spesso l’enogastronomia o un certo populismo la facciano da padroni rispetto alla vita culturale e sociale.  Tutto tranne che chiedere ragione, fare domande, con intelligenza e passione, cioè:  partecipare.

Avere memoria, ricordare, è il primo atto necessario della volontà di uscire da questo incantamento pericoloso, dove ognuno pensa per sé.

Ricordare Luigi, rileggere quella sera di 32 anni fa, farla conoscere a chi non era ancora nato vuol dire saper vedere quello che accade oggi con uno sguardo più lungo, ri-conoscere gli elementi di fascismo (vecchi  e nuovi) presenti nella storia di oggi  e ri-conoscersi antifascisti in modo nuovo e da sempre, senza paura di usare parole fuori moda.

Bisogna nutrirsi e nutrire i giovani di cultura, cioè di bellezza, per poter inventare e realizzare “mondi possibili”; creare, nelle diversità e specificità di ognuno, nuove identità, che provengano dall’elaborazione del passato,  per far sì che le morti vecchie e nuove non cadano nell’oblio, ma siano esempi di memorie in movimento. 

Per questo quei ragazzi che ho conosciuto oggi, ammirevoli per il coraggio delle loro opinioni, non vanno lasciati da soli a ricordare: il 28 maggio 1976 è una storia che ci riguarda.

28 maggio 2008 :  PER NON DIMENTICARE
I tragici fatti, i nomi di una stagione avvelenata

È il 28 maggio 1976. L'Italia è percorsa in lungo e largo dai molti comizi elettorali che precedono le imminenti elezioni politiche fissate per il successivo 20 giugno. A Sezze Romano, cittadina in provincia di Latina, è previsto il comizio di Sandro Saccucci, importante esponente del Movimento Sociale Italiano. Ex paracadutista e sospettato di aver partecipato al tentato golpe orchestrato nel dicembre del 1970 dal principe Junio Valerio Borghese con l'aiuto di settori «deviati» di istituzioni e servizi segreti, il Saccucci giunge nel centro pontino con un manipolo di fedelissimi. La scelta della città è quanto mai provocatoria: Sezze è un centro tradizionalmente antifascista. L'adunata è prevista per il tardo pomeriggio e attorno alle 19,30 un corteo di sette o otto auto entra in paese. A bordo degli automezzi, tra gli altri, vi sono fascisti di dichiarata fede come: Pietro Allatta, suo figlio Benito e sua sorella Palma; Ida Veglianti, Mauro Camalieri, Sandro Grasselli, Massimo Gabrielli e un certo Russini, tutti provenienti da Aprilia; Filippo Alviti di Bassiano; Spagnolo e Mangani di Latina; il segretario locale della Cisnal Del Piano; Alessandro Petrianni, Virgilio Grassocci e Antonio Contento di Sezze; Calogero Aronica e Salvatore Trimarchi del Portuense; Gabliele Pirone, segretario della sezione missina della Magliana, Roma. Il manipolo si reca in piazza IV Novembre, luogo per il previsto raduno. Dal palco su cui sale Saccucci, vi sono molti camerati armati di bastoni e pistole. Le forze di polizia presenti non sembrano molto interessate e rimangono in disparte. La tensione è alta: i fascisti vogliono provocatoriamente portare avanti il comizio nonostante si trovino in netta minoranza. Ad un certo punto Saccucci dice: «Noi siamo un partito delle mani pulite!» e quando la piazza risponde con bordate di fischi e canti inneggianti il comunismo, l'ex parà, innervosito, aggiunge: «Non volete sentirmi con le buone, mi sentirete con queste» ed inizia a sparare. Saccucci si sarebbe poi dato alla fuga dirigendosi con il corteo delle altre auto fuori dal paese esplodendo numerosi colpi. Quando il seguito delle macchine giunge nella zona detta del «Ferro di cavallo», un proiettile, esploso da una «mano» che fuoriesce dall'auto di Saccucci, colpisce alla gamba sinistra il giovane Antonio Spirito, studente-lavoratore militante di Lotta continua. Un altro colpo centra quasi contemporaneamente Luigi Di Rosa. Il ragazzo morirà in ospedale dopo circa due ore di agonia. In realtà, come le indagini balistiche condotte dalla polizia scientifica dimostreranno, Luigi viene investito da due diverse pallottole: la prima, dello stesso calibro di quella che aveva colpito in precedenza Antonio Spirito, gli ferisce la mano; una seconda, di diverso calibro e quindi presumibilmente esplosa da una mano diversa, centrerà Luigi nella zona del basso ventre, causandone la ferita mortale. Di Rosa, padre muratore e madre casalinga, aveva ventuno anni e frequentava l'ultimo anno di un istituto tecnico di Latina. Era un militante, come suo padre, del Pci ed era iscritto alla Fgci.
L'iter giudiziario che ha tentato di fare luce sull'accaduto è stato lungo e tortuoso e a conclusione dei vari processi ha pagato solamente un «pesce piccolo»: Pietro Allatta, condannato in primo grado a tredici anni di cui otto effettivamente scontati in virtù di vari sconti di pena. L'Allatta è stato ritenuto colpevole di aver impugnato l'arma che ha colpito prima Spirito poi Di Rosa; non si è tuttavia tenuto conto delle prove balistiche e del referto medico secondo cui si afferma che Luigi era stato colpito da due pallottole di calibro diverso; ciò avvalora la tesi secondo la quale gli attentatori furono più di uno. Le indagini non hanno mai chiarito inoltre la presenza a Sezze di un ex maresciallo dei Carabinieri e agente del Sid, Francesco Troccia. Questi risulterà essere legato ad un altro personaggio avvistato quel giorno: Gabriele Pirone, segretario del Msi della Magliana, nonché proprietario dell'immobile in cui viveva lo steso Troccia. Quest'ultimo, sospettato di essere presente al comizio in qualità di «agente provocatore», sarà arrestato per un breve periodo con l'accusa di favoreggiamento: avrebbe impedito l'arresto di Saccucci. Sulla figura del dirigente missino è invece sceso un fitto velo di ombra fatto di depistaggi, appoggi politici e interminabili processi dagli esiti contradditori. Rieletto nel Parlamento della Repubblica con il doppio dei voti che aveva ottenuto nella precedente legislatura, il 27 luglio 1976 la Camera dei Deputati ne autorizza l'arresto con le pesanti accuse di: «omicidio di Luigi Di Rosa, cospirazione politica e istigazione all'insurrezione armata per il cosiddetto golpe Borghese». In altre parole l'onorevole Saccucci, non è mai stato «uno stinco di santo»; ma questi, informato anticipatamente da «ignoti» del suo imminente arresto, si rende «irreperibile» trovando rifugio nel Regno Unito dove rimarrà fino al 1980. Divenuto successivamente persona non più gradita alle autorità inglesi, trova riparo in Francia dove però subisce un primo breve arresto. La scarcerazione, si legge in una rogatoria, avviene in tempi brevissimi e grazie agli interventi di don Sixto di Borbone, del prefetto di Parigi e di un tale Jacques Susini, amico di Stefano Delle Chiaie, altro personaggio controverso già coinvolto nella stage di Piazza Fontana e «collega» ai tempi del golpe Borghese dello stesso Saccucci. Successivamente il fascista prosegue la sua fuga in Spagna, dove evita un nuovo arresto grazie ad un depistaggio organizzato con il sostegno di settori dei servizi segreti spagnoli: alle autorità italiane che lo ricercano, si fa credere che Saccucci non si trovi più in Spagna ma che sia fuggito in un paese sudamericano. Effettivamente, qualche tempo dopo, il ricercato ripara prima in Cile, poi in Argentina dove, attualmente, vivrebbe nella città di Córdoba. A livello penale, l'ex deputato missino è stato assolto in ultima istanza per i reati relativi alla vicenda Borghese e all'omicidio di Di Rosa. Rimane processabile solo per piccoli reati marginali legati delitto di Sezze. La memoria di Luigi è stata infangata non solo dal fatto che nessuno abbia mai veramente pagato per la sua uccisione, ma anche per i ripetuti attentati al monumento posto, ad un anno dal suo omicidio, dall'Amministrazione Comunale in ricordo di tutte le vittime dell'antifascismo e culminato con la spregevole profanazione della sua tomba avvenuta nel 1978. Anche per quelle vicende, gli autori sono rimasti nell'oscurità. Noi lo ricordiamo con quelle stesse parole che vennero pronunciate in un comizio antifascista all'indomani della sua morte: «Luigi era giovane, ma non troppo giovane per capire e battersi per la strada giusta. Non troppo giovane per cadere dalla parte giusta, come i partigiani di trent'anni fa, che erano poco più che ragazzi, come i nuovi partigiani di questi anni: Saltarelli e Mario Lupo, Serantini, Argada, Franceschi, Zibecchi e Varalli e Micciché e Brasili e Pietro Bruno e Mario Salvi».

Nella foto un momento istituzionale tenutosi nella mattina del 28 alla presenza del Sindaco Campoli


28 maggio 2006 :  30° ANNIVERSARIO
Luigi Di Rosa, il giorno della memoria
di Alessandro Mattei

28 maggio 1976, la comunità setina non potrà mai dimenticare questa data, giorno in cui il giovane comunista Luigi Di Rosa venne ucciso con un colpo di pistola per mano fascista. Ieri si è tenuta una semplice ma significativa cerimonia commemorativa. Un corteo di cittadini e rappresentanti delle forze politiche del centrosinistra hanno attraversato il centro storico della città per giungere sul luogo dell’omicidio, in Piazza ferro di Cavallo. Per le istituzioni era presente il commissario prefettizio del Comune di Sezze, Leopoldo Falco, l’onorevole diessina Sesa Amici, il presidente dell’Astral, on. Titta Giorgi, il consigliere provinciale Ds Andrea Campoli, e tutti i segretari di sezione dei partiti dell’Unione. L’amministrazione comunale ha deposto una corona di fiori in ricordo di Luigi Di Rosa. Il commissario Falco dopo un minuto di silenzio ha detto che sono i momenti del ricordo che segnano la dignità di una città. Sesa Amici ha ricordato brevemente la storia di ciò che accadde trenta anni ripercorrendo le tristi vicende che visse anche di persona. Titta Giorgi, allora segretario del Pci, ha preannunciato un convegno al livello regionale per il quale Marrazzo ha espresso il suo assenso. Il Ds Giorgi ha anche ricordato l’interessamento dell’attuale ministro degli esteri D’Alema che già altre volte ha mostrato sensibilità e partecipazione ai tragici fatti di Sezze. Sono passati trent’anni da quel brutale assassinio ma la ferita resta aperta e nessuno potrà mai dimenticare cosa successe durante quel venerdì sera nei pressi di Piazza Ferro di Cavallo. Iniziò tutto in piazza IV Novembre dove il Movimento Sociale Italiano, che allora a Sezze contava circa 300 elettori, si apprestava a sostenere il comizio tenuto dall’onorevole Sandro Saccucci. In quegli anni la politica era passione, esistevano ancora le ideologie e un missino in terra “rossa” (a Sezze negli anni Settanta il Pci aveva quasi il 70%) che ebbe l’arroganza di dire che il Msi aveva “le mani pulite” sulle stragi avvenute durante quegli anni in Italia venne sarcasticamente deriso da una piazza dove erano presenti cittadini comuni e anche compagni del Pci e di Lotta Continua. La platea si accese, vennero lanciate le prime bottiglie, offese e insulti resero ancora più rovente il clima della serata. L’onorevole Saccucci sul piccolo palco sistemato sotto l’orologio della Piazza sparò dei colpi di pistola in aria. Le testimonianze dissero che l’esponente missino pronunciò questa frase :“ Se non volete sentire...mi sentirete con questa”, tirando fuori una pistola. Il comizio si sciolse e i missini salirono in macchina per tornarsene da dove erano partiti. Tra il gruppo di macchine che scortavano il Saccucci vi era una Simca verde. La macchina attraversò le stradine del centro storico, passando davanti al portone di casa dell’allora sindaco Alessandro Di Trapano, fece una pausa a Porta Pascibella e poi imboccò via Gugliemo Marconi. All’altezza di via S.Bartolomeo, nei pressi di Ferro di Cavallo, dalla vettura partirono altri colpi di pistola, il finestrino posteriore era semi aperto. Pochi istanti dopo i presenti sul luogo capirono che si era consumata una tragedia. Riversi sull’asfalto due giovanissimi, Antonio Spirito e Luigi Di Rosa. Spirito venne ferito ad una gamba mentre il ventunenne Di Rosa fu colpito mortalmente. Chi furono i responsabili? Su quella Simca verde i sezzesi videro Pietro Allatta con i suoi due figli e un fascista mai identificato. Iniziò una lunga inchiesta che si concluse solo con la condanna di Allatta, mentre l’onorevole Saccucci venne riconosciuto innocente in Cassazione.

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