FORUMPACESEZZE

La Costituzione della Repubblica Italiana

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Costituzione

RiCostituenti

di Raffaele Imbrogno

 

riflessioni sulle riforme istituzionali

Scalfaro, la Costituzione come bandiera

di Gustavo Zagrebelsky, da Repubblica, 30 gennaio 2012 

(segnalato da Franco Abbenda)

Poche parole, a poche ore dalla morte del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro: un uomo politico e un servitore della Costituzione rigoroso, roccioso e intransigente e, proprio per questo, molto amato e anche molto osteggiato. “Non c'è da temere mai di fronte alle pressioni esterne. L'unico che può temerle è chi è ricattabile”: sono parole sue, rivolte ai giudici ma valide con riguardo a qualunque magistratura e tanto più valide in quanto riferite alle più alte cariche della Repubblica. Di queste, la prima e fondamentale “prestazione” costituzionale che si ha necessità e diritto di pretendere, soprattutto nei tempi di incertezza o di crisi, è la rassicurazione che viene dalla serenità e dalla forza, cioè dalla certezza che non vi possono essere cedimenti e deviazioni.

Altri, col tempo e con la riflessione necessari, scriveranno di lui e della sua opera nella storia della Repubblica, una storia che la copre dall'inizio all'altro ieri. Allora si faranno bilanci. Nella commozione del momento, vorrei ricordarlo con parole nelle quali egli probabilmente si riconoscerebbe volentieri, quasi come in un suo motto: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37).
Una delle cause del degrado e della corruzione della vita pubblica nel nostro Paese, egli l'imputava ai troppi sì che si dicono da parte di chi avrebbe il dovere di dire di no, in modo di stabilire il confine del lecito e dell'illecito e quindi il territorio entro il quale può legittimamente valere il gioco democratico. Quelle che seguono sono sue parole: «Il compito del Capo dello Stato non è quello di essere equidistante tra due parti politiche. Sarebbe fin troppo facile. Si dà ragione una volta all'uno e una volta all'altro e si sta a posto con la coscienza. No, il compito del Capo dello Stato è quello di garantire il rispetto della Costituzione su cui ha giurato. Di difenderla a ogni costo, senza guardare in faccia nessuno. Tra il ladro e il carabiniere non si può essere equidistanti: se qualcuno dice di esserlo vuol dire che ha già deciso di stare con il ladro». L'imparzialità di cui la Costituzione ha bisogno non è dunque un'equidistanza senza carattere, ma presuppone che si stabilisca quali sono le parti le cui pretese sono legittime e che da queste siano tenute separate quelle che non lo sono. Soprattutto nei momenti di turbolenza e di tentativi di forzatura, il Capo dello Stato non può esimersi dal compito – un compito che nell'ordinaria vita costituzionale gli è risparmiato – di stabilire i confini tra il lecito e l'illecito costituzionale. Tra questi due poli non può esservi imparzialità. In una Costituzione pluralista e inclusiva com'è la nostra, il terreno dell'inclusione costituzionale è assai ampio ma non è certo illimitato. Una Costituzione che “costituzionalizzasse” tutto e il contrario di tutto sarebbe non una costituzione ma il caos. È perfino superfluo ricordare che gli anni del settennato presidenziale di Scalfaro furono un periodo di accesissime polemiche e non infondati timori per la “tenuta” delle istituzioni costituzionali. Al centro delle tensioni si trovò proprio la Presidenza della Repubblica e la sua interpretazione della Costituzione. Non furono solo polemiche verbali ma anche attacchi personali il cui obbiettivo era trasparente. Il drammatico discorso televisivo delle 9 della sera del 3 novembre 1993, il discorso del “non ci sto”, fu al tempo stesso una denuncia e una risposta. La reazione dell'opinione pubblica non iniziata alle segrete cose fu, inizialmente, di sconcerto. Non si comprendeva che cosa stesse accadendo, anche se si avvertiva l'eccezionalità del momento e delle parole appena udite, che alludevano a manovre tanto più inquietanti quanto meno limpide. Col senno di poi, comprendiamo che quelle tre parole dicevano a chi doveva intendere: “ho compreso” e un “sappiate che cedimenti non sono alle viste”. Che cosa “ho compreso”? Si dice che fosse in atto un attacco, un ricatto al Capo dello Stato da parte di uomini della maggioranza d'allora, che non lo consideravano malleabile. La parte finale del discorso allude certamente a ciò. Ma la parte iniziale è quella che deve essere riascoltata oggi. Vi si parla non di un atto grande e conclamato, contro la Costituzione e le sue istituzioni. Si parla di degrado e corruzione attraverso piccoli cedimenti, di per sé poco evidenti, ma tali da sommarsi l'uno all'altro e di fare massa, fino al momento in cui, quando ci se ne fosse accorti e si fosse voluto reagire, sarebbe stato troppo tardi. Qui, nel “bel paese là dove il sì suona” troppo frequentemente, i “no” scalfariani sono stati una scossa salutare. Egli stesso ne era orgoglioso. Nelle sue numerose e generose interviste, conferenze, lezioni degli ultimi anni, usava ricordare agli uditori, che avevano evidentemente bisogno di parole di rigore e le salutavano con entusiasmo, i tre rotondi “no” (senza “il di più” satanico) che seguirono alla richiesta di elezioni anticipate dopo la rottura dell'alleanza Lega-Forza Italia nel 1994. Quei “no” hanno salvato la Costituzione da quella che sarebbe stata una prima interpretazione anti-parlamentare destinata a fare scuola, secondo la quale il presidente del Consiglio può pretendere nuove elezioni per essere “plebiscitato” contro un Parlamento che non sta alle sue volontà.

Scalfaro è stato la prima pietra d'inciampo nella marcia verso qualcosa d'inquietante, una sorta di “democrazia d'investitura” personalistica che non sappiamo dove ci avrebbe portato. Se, oggi, il presidente della Repubblica ha potuto resistere alle pressioni per elezioni anticipate, a seguito delle dimissioni del governo Berlusconi, lo dobbiamo anche alla fermezza mostrata allora dal presidente Scalfaro. Ma altri, importantissimi “no” sono stati pronunciati.

Non possiamo dimenticare con quale alto senso della laicità delle istituzioni repubblicane, egli – cattolicissimo – rivendicò davanti al Papa il suo essere presidente di tutti gli italiani, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici, quando è tanto facile acquisire meriti e farsi belli agli occhi della gerarchia ecclesiastica, appellandosi alla tradizione cattolica, maggioritaria in Italia. Così, le questioni di fede o non fede, con lui, non erano mai motivi di divisione. Ciò che mi pare contasse davvero era l'evangelica rettitudine del sentire e dell'agire. Questo spiega l'ottimo rapporto personale – ch'egli soleva ricordare – con tanti galantuomini d'altri partiti, talora lontani politicamente dal suo e, al contrario, il pessimo rapporto con chi galantuomo non era, ancorché del suo stesso partito.

Infine, il suo impegno per la difesa della Costituzione, nel quale fino all'ultimo non risparmiò le sue energie. Presiedette il comitato Salviamo la Costituzione, al quale si deve un contributo decisivo alla vittoria nel referendum del 2006, che impedì una trasformazione profonda e ambigua delle nostre istituzioni. Ecco un altro no. Alla Costituzione andavano costantemente i suoi pensieri, consapevole ch'essa rappresenta uno dei frutti più elevati della cultura e della politica del nostro Paese. E insieme alla Costituzione, la Resistenza che ne è la radice storica e morale. Nel discorso alle Camere riunite, in occasione del giuramento, il 28 maggio 1992, rese omaggio agli uomini e alle donne che parteciparono alla lotta di Liberazione. La Costituzione “io non l'ho pagata nella Resistenza […] Altri non la votarono ma la pagarono con la vita. Non dimentichiamolo mai”.

Retorica, diranno coloro ai quali questa Costituzione non aggrada. Parole profonde, diranno invece coloro che hanno consapevolezza del valore storico di quel periodo della nostra storia e del suo frutto più importante.

E questi ti saranno per sempre in debito di affetto e di riconoscenza, presidente Scalfaro.

 

Sezze, Auditorium S. Angelo

Giovedì 19 maggio 2005

ore 18:00

FORUMPACESEZZE

con il Patrocinio del Comune di SEZZE

incontro-dibattito aperto alla cittadinanza 

 QUALE  COSTITUZIONE ?

Riflessioni sulle riforme istituzionali  

  Introduce Luigi GIORGI

sono intervenuti:  

On. Graziella MASCIA

On. Sesa AMICI

della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati

 

Quale Costituzione?

Questo il titolo del dibattito tenutosi a Sezze il 19 maggio 2005, organizzato dal Forum per la pace e che ha visto gli interventi dell’On. Sesa Amici e dell’On. Graziella Mascia.

L’incontro era teso ad indagare e a discutere la proposta di riforma costituzionale avanzata dal governo Berlusconi, e oramai in via di approvazione.

Dopo una breve introduzione storico – politica che affrontava la genesi del patto costituzionale del ’48, la discussione ha registrato l’intervento dell’On. Mascia di Rifondazione comunista, la quale ha posto l’accento su alcuni aspetti fondamentali della riforma voluta dal centrodestra. L’onorevole comunista si è soffermata soprattutto sui pericoli di frantumazione dello Stato e sugli eccessivi poteri del Premier che vengono accordati dalla riforma in discussione, con il conseguente svuotamento del mandato parlamentare e con l’ancor più pericoloso indebolimento degli organi di garanzia dello Stato, primo fra tutti la Corte Costituzionale, che nel testo di riforma è prevista di 15 membri di cui 4 eletti dal Presidente della Repubblica e 7 dal Parlamento, e fra questi 4 dal senato federale e 3 dalla camera. Con la conseguente regionalizzazione del massimo organo di garanzia nazionale. L’On. Mascia ha ricordato come l’attuale Esecutivo attribuisca al Federalismo un senso disgregante più che aggregante, e ha rammentato anche alcuni punti di dissenso esistenti tra Rif. Comunista e centrosinistra, soprattutto sul ruolo e sulla composizione del senato federale, che il partito di Bertinotti ritiene più valido come Camera delle Regioni.

Dopo è stata la volta dell’On. Amici la quale ha affermato che per una valida riforma della Costituzione sarebbe necessario sganciare il ruolo riformatore dai compiti di governo, cosa che la Casa delle lIbertà non intende fare. L’accento si è spostato poi su uno dei punti cardini, e poco affrontato, del progetto della Cdl e cioè il federalismo fiscale. Su tale provvedimento ancora c’è una cappa di voluta indeterminatezza e confusione. La parlamentare diessina ha ragionato poi anche sulla necessità della rivisitazione di alcuni punti della riforma del Titolo V approvata dal centrosinistra nella passata legislatura.

Il dibattito è proseguito poi con gli interventi del pubblico che in buon numero ha mostrato interesse per l’argomento trattato e per le posizioni dei relatori.

Il Forum per la Pace ringraziando gli intervenuti ha rammentato i prossimi appuntamenti fra cui il ricordo, in agosto, della bomba atomica su Hiroshima e la marcIa della pace di Assisi. 

a cura del FORUM PER LA PACE        

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