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Alessandro Di Prospero |
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In ricordo di Alessandro Di Prospero Pioniere del radiantismo nell’Agro Pontino 22 Aprile 2017 a
cura di Vittorio Del Duca
I
filari di antenne sul tetto della sua abitazione, erano considerati
oggetti misteriosi, persino dalla locale stazione dei Carabinieri, che
per questo lo teneva in costante osservazione, con dispiacere di mamma
“Tuta” che avrebbe voluto per lui una maggiore applicazione negli
studi scolastici. “
I carabinieri, a càsema, non ci sò
mai venuti…. Mi stai a sfascià i
titto…. che ci tì a sta capoccia….”, era solita rimproverlo la
madre, indaffarata nel suo negozio di generi alimentari sotto casa. All’età
di 18 anni, dopo gli studi magistrali, lasciò il paese ed entrò
nella Guardia di Finanza, dove continuò ad esercitare la sua passione,
divenendo Comandante della Brigata di Ancona e Capo dei Centri Radio
Regionali. Andato in pensione, non smise di esercitare la sua passione e
con le sue potenti e sofisticate apparecchiature prese parte ai soccorsi
radio in Giappone, durante lo tsunami di Fukushima; seguì nel loro
percorso alcune navicelle spaziali NASA , e nel 1998 fondò il CEDICET
di Latina, un’associazione no profit in memoria del fratello Filiberto, Ufficiale d'Artiglieria, deceduto nel 1952 all'età di
27 anni, durante alcune manovre con i carri armati. Scopi del CEDICET: lo studio, la sperimentazione e la divulgazione dell'elettronica in generale, dell'informatica e della telematica; lo studio, la sperimentazione e la divulgazione dei risultati delle telecomunicazioni veloci e compresse, via radio, via cavo e a banda larga a mezzo interspazio satellitare; lo studio, la sperimentazione e la divulgazione degli effetti della radiofrequenza sul mondo animale e vegetale; l'esplorazione, l'applicazione, uso e validità di fonti energetiche alternative compreso quelle chimiche; l'esplorazione di tutto quello che può riguardare la scienza e la tecnica. Sezzese
doc, come dice nel suo blog, https://www.blogger.com/profile/08481941949830292358
«…ama
la natura e crede solo in questa. Apolitico ma critico Indipendente.
Anticonformista. Non ama tutte le religioni, sette, associazioni ed
affini,ma solo la religione cristiana. Comprensivo. Rispetta il pensiero
e la libertà degli altri. Ribelle alle ingiustizie di ogni tipo.
Osserva le Leggi degli Stati. Le sue doti principali sono l'umiltà, la
sincerità e l'onestà in generale…» Alessandro Di Prospero ci ha lasciato sulle pagine del setino preziosi spaccati della vita di Sezze negli anni della sua fanciullezza e dell’adolescenza, segnati dal periodo bellico, dai suoi primi esperimenti radiofonici, fino alla sua descrizione dell’ex campo di aviazione di Sezze – Scalo, dove a rischio della vita si recava per raccogliere “rimasugli” di transistor tra i rottami bellici.
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6- No, non era il diavolo Febbraio
2016 Il Mese di Luglio dell'anno 1946, volgeva verso la fine.
La Pianura Pontina, riarsa dalle lunghe giornate di pieno sole, aveva assunto il suo colore caratteristico di giallo paglierino. Archivio Az. Agricola Del Duca – Trebbiatura del grano Anno 1941 E così fu. Mi recai a Piazza dei Leoni e nella tabaccheria- cartoleria principale, acquistai due quinterni di carta protocollo. A casa, occupai quasi tutto il tavolo della cucina, mi munii di una penna con un buon pennino, calamaio con inchiostro e carta tampone… Così cominciai a scrivere una specie di curriculum vitae in forma sintetica all' Esercito di Liberazione Nazionale, al Corpo della Pubblica Sicurezza presso il Ministero degli Interni, al Comando Generale dei Carabinieri , al Comando Generale della Guardia di Finanza ed infine al Comitato di Liberazione Nazionale. In verità, debbo confessare che io stesso non sapevo esattamente a chi scrivevo, praticamente andavo alla cieca senza alcuna speranza, tanto, dicevo fra me, come va, va. ”Ma non te ne sei accorta che Sandro sta scrivendo tanti fogli di carta protocollo tanto che ha riempito tutto il tavolo della cucina ? Forse saranno domande.....Ma a chi ?
“ Donne che con canestri sulla testa, la mattina presto passavano sulle strade di Sezze vendendo il latte fresco, la giuncata o la ricotta. I forni per la cottura del pane funzionavano a pieno regime e così anche le
cariatore con in testa le spase piene di pane odoroso, ben coperto e caldo, facevano la spola di ritorno fra il forno e le abitazioni confezionatrici. E così anche il mercato in Piazza delle Erbe, tornato sul suo sito regolare, era pieno di verdure fresche degli orti, di cereali, di galline, polli, uova, conigli, ranocchi, pesce, frutta di stagione, lupini e tanti altri prodotti alimentari naturali tutti di Sezze o della pianura. In verità, non potevo fare a meno di queste prove assolutamente importanti per me e non procrastinabili. Con chi, quindi, mi domandavo, fare queste prove ? I ricevitori radio a Sezze di una certa qualità si potevano contare sulla dita di una mano e oltremodo era difficoltoso chiedere questi favori poco comprensibili e strani. Gira et rigira col pensiero, la scelta cadde sul Anno
1946 - Stazione ricevente/trasmittente militare MK 19/3 ricondizionata Lo trovai mezzo impaurito e mi confermò che la mia voce con il suo nome si era sentita forte e chiara per tutta la casa tanto che, una delle domestiche presenti ebbe un grande spavento, sicura che fosse opera di qualche spirito o fantasma. Contrariamente a loro due, io invece, ero ampiamente soddisfatto per la buona riuscita della prova.Tornato a casa decisi che mi bastava la prova in fonia (Parlato) e quindi era il momento di provare l'apparato in telegrafia che già conoscevo elementarmente e a bassa velocità o cadenza. Il fatto della trasmissione in telegrafia aveva il vantaggio di non farmi riconoscere e avere la speranza che qualcuno da qualche parte d'Italia mi rispondesse. Le prove nella tarda mattinata furono tutte negative. E così appena mangiato, tornai nella mia camera e ripresi le prove sempre in telegrafia. Dopo ore di prove e controprove tutte con esito negativo, dalla finestra aperta che dava sul mio balcone in via
Corradini, sotto di me, sentivo un gran vociare di donne e ragazzi che correvano tutti verso il Vicolo della Torretta, distante da casa mia una decina di metri, come se stesse accadendo qualcosa di strano. Avevo molto da fare e quindi non davo importanza al fatto anche perchè pensavo che si trattasse dei soliti litigi fra vicine di casa. Via
Corradini, a destra la casa col balcone dove sono nato Eppure la strumentazione mi dava tutto regolare. Data l'ora per preparare il pranzo, spensi tutto e scesi giù in cucina per aiutare mia madre. Quando mio padre tornò a casa riferì a mia madre che si ascoltavano dei rumori come se fossero vibrazioni di pentole o di metalli, dei sibili a tratti o come friggere qualcosa ma sempre a tratti. “Proprio....una faccenda molto strana ! “ concluse mio padre.
Nel pomeriggio dello stesso giorno verso le ore 16 ripresi le prove ma molto scoraggiato. Ebbene, dopo tre o quattro tentativi andati a vuoto, sentii ancora una volta un gran vociare di persone che correvano sempre verso il Vicolo della Torretta. Per dargli ancora più fiducia provvedeva immediatamente a farsi il segno della croce e a benedire la casa con una breve preghiera in lingua latina. Don Carissimo lasciò la casa e riprese il suo cammino verso la Cattedrale di S.
Maria. Io, invece, rimasi lì in cucina, curioso di sentire personalmente i rumori fatidici. Ma nulla avvenne. Notavo che la cucina era abbastanza in ordine e non notavo nulla di strano. Comunque il mio sguardo si posò su delle pentole in rame tutte allineate fra loro ed anche splendenti, compreso uno scaldaletto con manico in ferro ed apribile. Il coperchio aveva molti fori per far uscire l'eventuale calore. Così uscii dalla casa di Tizia senza aver compreso nulla e faceva bene mio padre nel riferire che la faccenda appariva alquanto strana. Al termine, non dissi nulla; come scusante della mia azione esaminatrice, tenni a spiegare a tutti quelli di casa che il metallo di rame era un ottimo conduttore di calore e quindi soggetto a dilatarsi o restringersi in base alla temperatura dell'ambiente. Non c'era quindi di preoccuparsi minimamente e consigliai loro, senza aggiungere altro, di spostare questi oggetti anche di poco ed in particolare lo SCALDALETTO. Non occorreva tanto lavoro e tempo per cambiare la disposizione degli oggetti e quindi, penso, lo fecero subito. Principalmente per quello che aveva detto loro il Parroco Don Carissimo e soprattutto per la benedizione data, il fenomeno non si ripetè più. Ma in verità, lo strano fenomeno, non si ripetè più perchè , “” IL VERO DIAVOLO”, il vero colpevole, sicuramente ero proprio io in persona, convinto anche tecnicamente. |
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Gennaio
2016 Un tema annoso che si ripropone nel tempo, per colpa di persone che,
anziché viaggiare in una direzione di progresso, di equità sociale e di cultura, viaggiano sempre
su vecchie strade, con una mentalità ancora di tipo medievale per non dire, come sarebbe lecito pensare, massonica, o ancora peggio, mafiosa.
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4- 1944: CHI ERA QUEL BAMBINO? Gennaio
2016 Il nuovo Anno 1944, non prometteva niente di buono. Era tutto un subbuglio, un’agitazione generale mista a speranza di poter sopravvivere alle diverse calamità. Fino a marzo inoltrato, un freddo gelido, misto sovente a nevischio, imperversava per le strade e per i vicoli di Sezze come se volesse aggravare ancora di più la situazione generale di una popolazione già prostrata da innumerevoli eventi negativi. Diverse famiglie si erano rifugiate a Suso e dintorni, ovunque potevano, anche nelle caverne. Le
Istituzioni in genere, compreso gli Istituti di istruzione, funzionavano
a singhiozzo o addirittura erano chiusi per motivi di sicurezza e dal
fatto disorientante che nel precedente anno 1943, con la caduta del
Fascismo, del temporaneo
Governo Badoglio e dei nuovi Partiti Politici o nuovi Movimenti
Politici, molti "sfacciati"
gerarchi e semplici fascisti sezzesi, cambiarono prontamente il colore
di "casacca", arrampicandosi opportunamente verso il nuovo
partito politico, ritenuto più forte, in attesa di programmi da parte
del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). Il
rigore dell' Inverno, rigido e impietoso, si accompagnava a miseria,
carestia di abiti, di alimenti, di acqua, di riscaldamenti domestici a
legna o a carbone o anche di un semplice focolare, magari il più umile,
al centro di una stanza senza camino. C’era poca igiene, abbondanza di
pidocchi e di altri parassiti, ma soprattutto disgrazie per familiari
morti sui vari fronti di combattimento o per le mine sulle strade,
oppure per bombardamenti aerei continui anche indiscriminati. e
azioni di sabotaggio da parte dei Tedeschi, mancava l'energia elettrica.
Il
dirigente dell'Energia Elettrica Setina a quel tempo era il sig.
Frainetti che, guarda caso, abitava proprio vicino a casa mia, e debbo
dire che si comportava da “Eroe” assieme alla sua squadra di
elettricisti e manovali per le riparazioni varie,
più volte ripetute, in particolare nell'Ospedale Civile e in
aziende importanti del
settore alimentari. Frainetti, nella sua grande esperienza, apprezzava
molto i miei studi di Radioelettrologia e faceva di tutto per non farmi
mancare l’energia elettrica. Quello
che affliggeva di più le varie famiglie erano i continui rastrellamenti
dei Tedeschi, eseguiti senza alcun riguardo. Nella rete caddero anche i
miei due fratelli maggiori, Lidano e Filiberto, portati subito nel
territorio di Cisterna a scavare trincee. Dal mio balcone, al secondo piano di Via Corradini, vicino al largo del “Montono” oggi piazza Indipendenza, c’era una fontana funzionante a tratti e il Convento delle Clarisse di Santa Chiara con la sua imponente Chiesa sembrava volermi cadere addosso mentre le bombe "pazze" della Fortezza Volante "B17" degli Eserciti Alleati, in particolare U.S.A. venivano giù. Erano
azioni belliche aeree impreviste, immediate e senza alcun riguardo per
la popolazione civile, forse perché ritenuta in maggioranza poco colta,
povera, umile e contadini, per questo di poco conto. Via
Corradini era pressoché deserta ed io ero solo a casa per fare i miei
doveri scolastici delle scuole Magistrali e per aiutare mio padre e mia
madre nella loro attività commerciale di generi alimentari, ma solo ed
esclusivamente per i clienti muniti di tessera Annonaria. Prima del
tramonto lasciavamo a piedi la casa per passare la notte a Suso in
Contrada Valle Pazza, dove la mia famiglia possedeva una piccola vigna
con un rifugio in muratura costituito da un’unica stanza. I nostri animi non erano tranquilli, ma agitati, per possibili bombardamenti o mitragliamenti durante il giorno.
Fotomontaggio
A. Di
Prospero Non
una bomba, ma addirittura tante bombe a grappoli, venivano scaricate
attorno alla collina di Sezze, Stazione F.S. e strade di comunicazione
da decine di fortezze volanti che si vedevano arrivare da Sd/Ow e
nessuno dei cittadini pensava che gli alleati, dopo l'armistizio,
avessero continuato a colpire e con più veemenza anche il centro di
Sezze. Si pensava sempre che queste fortezze volanti fossero solo di
transito per raggiungere Cassino ove era il fronte di guerra.
Foto
disegno dello sbarco di Anzio – Nettuno
Fatto drammatico e nello stesso tempo curioso, che non vorrei omettere in questo racconto, è che il 27 gennaio del 1944, uno dei tanti bombardamenti aerei produsse danni seri alla Chiesa Cattedrale di S. Maria e maggiormente a quella del Bambin Gesù, ove era un Convento di Suore e così anche a Porta di Piano. L'immobile a più piani, antistante il convento delle suore del Bambin Gesù e facente angolo con via Corradini, era andato quasi completamente distrutto. Bene, al pian terreno di questo immobile, per quanto io possa rammentare, vi era una porta, ove una donna molto anziana che chiamavano “cipollina” vendeva frutta secca ai passanti, del tipo arachidi, mandorle, noci, fichi e lupini. Dentro il suo unico locale al pian terreno, probabilmente in affitto, dormiva e mangiava. Il Particolare è che sotto il letto, lei custodiva quella che doveva essere la propria cassa da morto per l’ora estrema. Successe però che nel bombardamento aereo del 27 Gennaio 1944, fortunatamente non era in casa. L'edificio fu quasi completamente semidistrutto e sotto al suo letto, si salvò miracolosamente la sua cassa da morto, che poi i soccorritori o i militari Tedeschi utilizzarono per altre persone decedute. L'anziana donna chiamata “cipollina” si trasferì con la stessa attività a Porta Pascibella e visse ancora per molti anni. Ma dal 21 del mese di Maggio non fu così. Grappoli di bombe caddero più volte proprio sul centro cittadino, distruggendo parzialmente la Chiesa di S. Andrea e il provvisorio mercato giornaliero ortofrutticolo, spostato da Piazza delle Erbe proprio per motivi di sicurezza, producendo con grande dolore più di 70 morti. Molti paesani dettero la colpa ai vari carretti parcheggiati con le stanghe verso l'alto perché avrebbero potuto dare la sensazione visiva di "armi contraeree". Nulla
di più errato a mio parere. I carretti infatti dalle ore sei circa del
mattino e forse anche prima, parcheggiati a S. Andrea, di fronte al
Mulino Maselli, gestito dalla signora Ved. Spaziani ,si trovavano quasi
tutti in pianura per i quotidiani lavori agricoli. Io stesso, ricordo benissimo che con un carrettino a mano, fatto con due ruote di aereo (residuato bellico), andavo da mia zia Marietta Del Duca, sorella di mia madre, per prelevare mezzo quintale di grano, per portarlo al Mulino e poi vendere la farina al negozio di mio padre, con regolare documentazione. La verità invece potrebbe risiedere nel fatto che gli Alleati con le loro Fortezze Volanti cercavano di distruggere a tappeto e ad ogni costo qualsiasi passaggio obbligato dei Tedeschi, sia per il rifornimento di mezzi, sia per isolare gli stessi impegnati sul fronte dello sbarco alleato di Anzio-Nettuno, che arrivava fino a Torre Astura ed anche oltre, nel territorio del Comune di Littoria. Mi
domando quindi perché Littoria sia stata esclusa da questi episodi
bellici, pur essendo stata mitragliata e bombardata in precedenza. Una
bomba cadde proprio sul breve tratto di salita che conduce alla Chiesa
di S. Antonio a fianco dell'Ospedale Civile, producendo un profondo
cratere del diametro di più di 10 metri, senza colpire la scalinata. A
rigore della pura verità debbo aggiungere che nei giorni seguenti,
durante un mitragliamento, questo cratere servì sia a me che ad altre
persone per rifugiarci dentro a scopo protettivo. Altre bombe caddero
verso S. Pietro e zone adiacenti. La Chiesa Collegiata di S. Rocco fu
rasa al suolo. Ma vi è di più, l'anno 1944 conserva in sintesi, altri bruttissimi ricordi per l'arrivo tanto atteso degli Eserciti della “Liberazione” o degli Americani. A questi ultimi, grandi signori, non mancava proprio nulla. Al loro arrivo distribuivano cioccolate, caramelle e pane bianchissimo a volontà. Ogni semplice caporale disponeva di una Jeep, molto fornita di materiale bellico. Vestivano con uniformi sempre accuratamente sgargianti e pulite. Si guardavano bene intorno prima di andare avanti ed affrontare il nemico. Spesso non ne ravvedevano la necessità, perché disponevano di una possente artiglieria e di fortezze volanti. Oltre questo, pur sapendo che il nemico era fuggito, per maggior sicurezza mandavano avanti le truppe di colore al comando degli ufficiali Francesi. Queste truppe di colore si stabilirono alla Fonte della Penna, occupando molto terreno, fino alle Fontane e a via Roccagorga. Vere orde di barbari, i fatti non smentirono la loro inciviltà e violenza. Violentarono e stuprarono molte donne, fino all'assassinio. Non ho mai sentito parlare in modo preciso di questi soprusi storici alle donne di Sezze, forse perché i cittadini ne facevano un tabù. Ora, in clima di piena libertà e di democrazia, mi chiedo come mai non sia stato mai creato un Comitato di Inchiesta, per appurare le responsabilità di questo quadro doloroso e storico, per fare luce e rendere giustizia a tutte quelle donne martiri, violentate, stuprate e brutalmente uccise. Il “silenzio” assordante su questo grave fatto storico, ritengo debba attribuirsi esclusivamente ad una mentalità gretta, ad un costume medievale forse addirittura arcaico, complice anche la religione. Credo sia pure da attribuire alla difesa e al rispetto dell’onore della donna, vittime degli abominevoli abusi ed inoltre al timore reverenziale dell’allora classe dirigente del paese, preoccupati di poter compromettere gravemente l’alleanza militare che andava a proteggere quei soldati che si erano macchiati di così orribili misfatti, in tutto il territorio italiano. In
questo clima storico, pieno di sofferenze di ogni genere e di dolori
veramente vissuti da tutti, sommariamente registrati nella mia mente
giovanile, anche non compiutamente, viene fuori il principale motivo di
questo racconto, da cui il titolo. Entrando pienamente nel racconto, debbo confessare che un bruttissimo ricordo, ancor più doloroso ed indelebile, mi segue da quel triste ANNO 1944 e che, ancora oggi, giunto verso la fine della mia vita, non riesco a scrollarmi di dosso. Poteva essere il 21 Maggio del 1944 o giù di lì. Dopo un accanito bombardamento su Sezze e dintorni mi affrettai a lasciare la mia casa di via Corradini e senza ben riflettere presi di corsa le scalelle di S. Chiara, attraversai la via che porta a Piazza S. Pietro ma prima presi quella che portava al Cinema Tomassotto. Proprio di fronte al cinema, voltai a destra su via Orfanotrofio. In questa strada, le macerie rendevano difficile anche il cammino. Alle spalle dell'edificio postale, anche questo mezzo distrutto, VIDI TRA LE MACERIE ED IN MEZZO ALLA STESSA STRADA UN CORPO, FORSE SENZA VITA, DI UN BAMBINO CHE POTEVA AVERE (a mio parere) UN'ETA' DI CIRCA CINQUE, SEI ANNI. Non vedevo ferite o fuoriuscita di sangue; sembrava che dormisse. I suoi abiti erano completamente in ordine e così i suoi calzini e le scarpine impolverate. Grande fu il mio stupore angoscioso. Mi soffermai due o tre minuti al massimo. Avrei voluto fare qualcosa, ma la mente non mi suggeriva nulla; mi suggeriva solo di fuggire ed anche più che potevo, se non volevo incorrere in qualche pericolo di crollo di muri o di altro bombardamento. Ebbene, oppresso da quello che vidi in quei pochi attimi di miserevole e quasi fredda contemplazione, dentro il mio animo si formò un turbinio di pensieri reattivi, di protesta accorata. Ma contro chi ? Contro tutti, direi ancora oggi amareggiato. Anche contro il nostro Dio, che permetteva agli umani questi orrori indescrivibili. Con un gesto di rabbia e con le lacrime agli occhi alzai le braccia a mani aperte e tese verso quel cielo plumbeo di morte “gridando” solo con la mia mente: "Dove ...sei ! " . Ancora oggi mi domando cosa altro avrei potuto fare in quel particolare frangente, inusuale ed inaspettato. La strada era deserta, non si vedevano persone. Forse già ero spaventato dal pericolo in atto ? Forse non mi sono soffermato abbastanza per istinto egoistico di salvezza? Oppure ho travisato cose non vere, irreali? Ipotesi, quest’ultima, da scartare completamente. Quel bambino oggi potrebbe avere poco più di 70 anni. È stata sempre mia intenzione fare delle ricerche su quel bambino, se era morto oppure se si è poi salvato, ma le vicissitudini della vita, del mio lavoro o professione mi hanno sempre tenuto lontano da Sezze. Oggi mi sono deciso a ripercorrere questo ricordo, veritiero, con la speranza che qualcuno che legga possa darmi una risposta esatta sul suo nome e sulla sua famiglia. Tutto questo per andare a trovarlo a casa, qualora si fosse salvato e fosse ancora vivo, ma se la morte ha voluto ingiustamente reciderlo da bambino allora potrei andarlo a trovare al Cimitero, per dimostrargli il mio dolore provato e scaricare da me definitivamente il ricordo. Se qualche persona potesse darmi notizie al riguardo, la ringrazio già da ora. |
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3- Buon Anno 2016 a tutti i componenti di www.setino.it Gennaio 2016 Io
e miei coetanei, età fra 7 e 10 anni, ricordo che recitavamo solo
la seguente filastrocca : "BONI', BONI', BONANNO, TECCHETE I
SASSU DI CAPODANNO. DAMMI LA ZIPPLA , DAMMELA BONA, PUZZI FA UNA FIGLIA
SIGNORA " il resto della stessa filastrocca non lo conoscevamo
ma è facile che esisteva un seguito. La brevità sicuramente ci
consentiva di fare più case della Contrada il MONTONE i cui confini
partivano dal Vicolo del Guglietto, Via Corradini fino alle Scalelle
della Piazza e parte della Valcareggia. Confini ben delimitati se non si
voleva incorrere in lotta fra altre contrade. Non era dato nemmeno
per scontato che ogni casa ci donasse una ZIPPLA o qualcosa del
genere ad ognuno di noi. Capitava infatti che qualche padrona di casa
ci scacciasse con quelle scope di Saggina non pericolose come si usavano
tanti anni or sono. Non va anche dimenticato che si frequentavano più
che altro ed astutamente famiglie con figli femmine in cui
l'effetto mediatico poteva riuscire persuasivo. In
mancanza di armi efficaci si difendevano dal nemico anche con
piccoli macigni, pietre ed anche sassi di ogni specie. anche
piccolissimi lanciati con fionde fatte con rami di Ulivo. Il tutto
veniva lanciato dall'alto delle cosiddette Mura Ciclopiche. Per la buona
riuscita di questo sistema nelle diverse azioni di difesa , il
"SASSO" fu considerato come "Portatore di
Bene". Certamente deve trattarsi di una usanza di tipo pagano anche
perché con l'avvento del Cristianesimo l'usanza veniva sempre più
trascurata. Comunque , ai giorni della mia fanciullezza, questa usanza
era ancora quasi valida. Ricordo bene che pochi giorni prima della fine
dell'anno vecchio io e i miei coetanei andavamo a cercare
ovunque pietre ben levigate , tonde ed anche con qualche colore o
venatura di salgemma ben pulite e possibilmente "luccicanti".
Certamente non dovevano essere grandi ma facili da portare. Ognuna
di queste poteva pesare due o tre ettogrammi circa. |
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2-
UN PITTORE DEL
PASSATO: "VINCENZO ALBANESE" Dicembre 2015 Quel
giorno all'uscita da scuola
mi attardai nel rientrare a casa perché
sapevo che mia madre, in mattinata, era stata a conferire con i miei
professori. Ohimè....ohimè
! pensavo tra me
….che succederà quando rientrerò ? Immaginavo
già mia madre su tutte le
furie che si rivolgeva a mio padre con le rituali frasi che già
erano nella mia mente :
“Guarda
Vincè che quel somaro e impunito
di tuo figlio, al Secondo Trimestre, non ha riportato la sufficienza in
quasi tutte le materie e così pure in
Buona Condotta! Il
Professore di Disegno, se continua così, lo boccerà sicuramente “. “Che debbo fare... mica lo posso ammazzà ! “. Forse questa fu la risposta di mio padre. “No, non lo devi ammazzà ma è necessaria una buona strigliata se no quissu non metterà mai giudizio e poi comincia a metterti la mano in saccoccia per mandarlo subito a ripetizione di disegno da qualche altro professore.” Probabilmente, terminò così
il discorso di mia madre. Appena
finito questo compito, mia madre mi affidava il fratellino Pietro di
circa due o tre anni a portarlo fuori sulla strada per
fargli prendere un po' d'aria e fargli fare qualche primo
passettino. “Birbacciò...! stai attento a non farlo cadere se no le abbuschi
ancora “.
Mi ammonì mia madre. Si
pranzava sempre dopo le ore 14 se tutto andava bene e quando tutti e tre
gli altri figli maggiori
Anna Maria, Lidano e Filiberto , erano rientrati dalle loro
scuole superiori anche da Littoria. Pranzo
poco tranquillo, riguardo a me;
sulla mia testa cadevano regolarmente a “scaletta” rimproveri e
minacce sia da mia sorella
che dai miei due fratelli maggiori. Mio
padre, conscio della situazione prese subito
provvedimenti. Ogni figlio maggiore di me doveva prendersi la
responsabilità di controllarmi più severamente soprattutto nei compiti
di scuola e fare diminuire le mie varie carenze nelle materie
letterarie. Saltò fuori la novità che anche mia sorella aveva bisogno
di qualche ripetizione di disegno. Il
giorno seguente, io e mia sorella Anna Maria, fummo accompagnati da mio
padre presso un noto pittore chiamato
VINCENZO ALBANESE.
Persona molto emblematica, molto distinta e riservata; il pittore Vincenzo Albanese era di stampo prettamente signorile. Per il suo stato di povertà dignitosamente nascosto non veniva affatto considerato affatto dal “popolino” di sezze, anzi era considerato un semplice imbianchino. Non rifiutava lavori di qualunque genere sia di pittura varia che di imbiancatura di stanze od altro. Non era molto alto ma di statura medio-alta. Le informazioni attuali fornitemi da mio cugino Vittorio Del Duca, raccontano che Vincenzo Albanese fu Giuseppe e Ascenzi Rosaria nacque a Sezze l'8/11/1883 e ivi morì l'8/11/1973 (Strane date...coincidenti). Nel
1918, sposò Salvagni Angelica di Bassiano deceduta nel 1930. Una donna
molto anziana di Bassiano mi ha riferito che Angelica era
bionda, bellissima e di casato benestante. Albanese
Vincenzo, rifiutò i beni della moglie previsti per Legge. Ritengo che
questo umanista e realista pittore fortemente addolorato dalla morte
della propria consorte si sia ritirato dalla sua vita sociale pur
essendo in una età molto giovanile (Circa 46 anni) e sia entrato
completamente nella sua intimità, nella sua grande riservatezza
e soprattutto nella sua grande
personalità di artista anche se in assoluta povertà. Ripeto, aveva una corporatura media ma snella e di fattezze giovanili gradevoli. Portava fin da giovanotto il pizzetto con barba corta, capigliatura non molto lunga a modo di artista un poco brizzolati e di colore castano chiaro brillanti. Di solito, quando usciva per le vie di Sezze, non per lavoro, camminava con passo regolare e con un bastone (o bacchetta) non lungo, molto curato sotto il braccio destro. Sicuramente come segno di distinzione e signorilità. Calzava abitualmente un cappello a falde quasi larghe, ben portato. Il suo vestito, forse l'unico, nel suo complesso, sembrava essere uscito dal sarto proprio quel giorno. Non camminava per le strade di Sezze per ostentare la sua professionalità o per curiosare i fatti o le cose di terzi ma sicuramente, nella sua mente, per ammirare tutto ciò che vedeva degno di attenzione per la sua arte. Il suo “andare”, come riferiscono anche altri, esprimeva correttezza morale e sociale, nonché onestà. Dalle possibili informazioni raccolte il suo lavoro di pittore, oltre a quello di imbianchino ordinario, consisteva in quello di fare quadri su tela realistici o disegni su pareti. La sua specializzazione primaria era quella di dipingere, in palazzi signorili, grandi stanze con soffitti a volta o trapezoidali rientranti verso l'alto. Su questi soffitti esprimeva tutta la sua arte anche di propria iniziativa sempre se il committente non esprimeva suoi desideri. Anche mio padre, prima del suo matrimonio, fece dipingere da questo pittore due camere da letto con soffitto a volta di tipo romboidale in Via Corradini al numero 57. Una per lui stesso e l'altra per il fratello Giuseppe. Questi disegni rappresentavano dei giardini con piante e fiori bellissimi che davano un senso di freschezza, di primavera. Ricordo che da piccolo, quando ero influenzato, mia madre mi metteva al centro del suo letto matrimoniale per sorvegliarmi meglio. Ebbene da questo letto e con lo sguardo verso l'alto, passavo il tempo a curiosare i particolari del disegno. Il fabbricato però fu venduto dagli eredi verso la fine degli anni '60 e non saprei dire se queste due stanze sono state conservate nella loro integrità. Ritengo comunque che qualche palazzo signorile di Sezze o paesi limitrofi debbano ancora avere qualche stanza o salone con volte affrescate da questo pittore. Risulta
anche che siano stati fatti ritocchi murali di dipinti Sacri in qualche
Chiesa del luogo. Mia madre verso gli anni
'50 , gli fece fare opere
di ritocco o di pittura di un consunto o sbiadito
dipinto murale e della volta nella Cappella Gentilizia del
Cimitero Setino intestata alla Famiglia Di Prospero. I ritocchi fatti o
disegni aggiunti sono tuttora visibili.
Dalla morte della sua consorte, la signora Salvagni Angelica di Bassiano, Vincenzo Albanese si rifugiò in un fabbricato abbandonato e diroccato, sicuramente ormai di bene pubblico o di chi voleva ; almeno così si racconta da persone anziane. C'erano diversi edifici abbandonati a quel tempo sulla Cinta Muraria di Sezze. Ma perché erano abbandonati ? La
“Storia” inedita, deriva da tempi molto antichi. Infatti, come si
racconta sempre da persone qualificabili, tutti i fabbricati posti ad
Oriente e a Sud venivano dati
quasi gratis ai poveri che dalle capanne intendevano diventare
cittadini. La spiegazione di
questo fenomeno era dato dal grande pericolo della malaria. Le
sofferenze ed i decessi per questa malattia spaventavano tutti. Le poche Signorie di Sezze infatti avevano pensato bene di edificare o ampliare le loro residenze tutte a Nord e cioè verso Bassiano, Suso e la Semprevisa. Tutte
le case poste sulla
prima Cinta Muraria ed un pochino anche sulla Seconda, le
“Signorie Setine” le ritenevano più
soggette all'arrivo delle zanzare provenienti dalla pianura sottostante. Per
questo motivo consideravano queste case o caseggiati come un efficace
sbarramento. Non considerando o Fino ai primi del '900 Sezze non disponeva di un acquedotto, ma di cisterne di diverso genere. Le poche acque potabili provenivano da Suso o dalla Semprevisa ma, in grandi quantità venivano portate a Sezze con carretti, muli o somari dentro botti o barili di legno ed anche con orcioni di coccio, brocche e conconi portati sulla testa dalle donne che si servivano di una Coroglia ammorbidente. Sicuramente è stata una attività commerciale redditizia, caduta in disuso con l'arrivo dell'energia elettrica. Grazie a questa nuova energia, ma soprattutto grazie all'onestà, alla sana iniziativa ed alla intraprendenza della Amministrazione Comunale di quel tempo, la Città di Sezze fece un coraggioso passo avanti verso la modernità e l'evoluzione. Infatti l' ammirevole operato dell'Amministrazione Comunale consentì di prelevare acqua dal Lago delle Mole Muti tramite un acquedotto tubolare costruito in Ghisa, tutto in salita fino alla sommità della Collina della Contrada Petrara. Su questa Collina fece erigere un grande serbatoio di acqua fresca e potabile.
Tramite
altre tubazioni l'acqua arrivò
a caduta fino a tutta la città di Sezze. Nacquero
così le fontane pubbliche in ogni contrada per il popolo, nonché
adeguati abbeveratoi per il bestiame in tutte le entrate
del paese. Veramente lodevole quell'Amministrazione che con pochi
mezzi e pochissime risorse economiche seppe realizzare un opera che è
arrivata sino a noi. Riprendendo la storia del nostro pittore, sappiamo che Vincenzo Albanese scelse il quartiere povero di Porta di Piano rifugiandosi in fondo al Vicolo della Marina al primo piano dell'ultimo caseggiato posto al limite ovest delle Mura Ciclopiche, se non addirittura sopra le stesse. Oggi un luogo di grande valore storico ed anche economico per chi ha avuto la fortuna , nel tempo, di prenderne possesso. Certamente la Commissione Comunale che stabilì di attribuirgli quel nome fu una Commissione altamente intelligente e direi anche competente. Per accedere ove abitava Vincenzo Albanese, bisogna percorrere l'intero vicolo fino in fondo. A destra vi è un fabbricato che ora, sembra in fase di ristrutturazione (?) con una scalinata in pietra ordinaria molto originale di circa 10-12 , in sezzese cimasa, veramente artistica e che da accesso ad una specie di appartamento. A chi appartenesse questo fabbricato in passato non è dato sapere. Come non è dato sapere chi sia l'attuale proprietario o da chi l'abbia acquistato o come gli sia pervenuto ed anche se il Comune di Sezze abbia ponderato bene le opere di ristrutturazione o di rifacimento della zona. Vincenzo
Albanese, da povero ma vero artista non poteva scegliere di meglio!
Egli, sicuramente colto ed intelligente, aveva scoperto una
meravigliosa finestra sul mondo!
Da questa casa si può ancora ammirare tutta la Pianura Pontina,
dal Promontorio di Terracina a
quello del Circeo, le Isole Ponziane ed il Mar
Tirreno fino a Nettuno, Anzio ed oltre. Vincenzo Albanese con le sue mani e con i suoi poverissimi mezzi rimise alla meglio questa specie di casa meravigliosa rendendola verosimilmente confortevole ed abitabile. Certamente questo fabbricato ora sarebbe l'ideale come sede di opere culturali e storiche di Sezze anche come patrimonio da lasciare ai posteri.
E così mio padre, tornando al racconto della mia infanzia, malgrado fosse pieno di pensieri e problemi vari che a quel tempo ogni padre di famiglia con prole aveva normalmente, ci accompagnò fino al Vicolo della Marina, ove in fondo a destra su una cimasa ci aspettava una persona con una casacca bianca corta, sorridente e dall'aspetto suadente, direi rassicurante. Mio padre ci lasciò ai piedi della scalinata, salutò il pittore e tornò indietro verso casa. Il primo incontro, preso con le opportune riserve mentali e con una certa apprensione che scemò quasi subito positivamente. Abituati quali alunni in cerca di aiuto ed anche per l'abitudine, lo chiamammo impropriamente ed ingenuamente “Professore”. Ora a distanza di quasi otto lustri, debbo confessare che, sono proprio contento di averlo chiamato “Professore”. Ascoltò con molta attenzione le nostre carenze personali sia in disegno che in geometria piana e solida. Mentre mia sorella esponeva le sue difficoltà tutti e tre seduti attorno ad un tavolo di legno abbastanza ampio, solido e coperto da un telo pulito, facevo finta di ascoltare ma nel contempo, spinto dalla curiosità e dal mio solito spirito di osservazione, a braccia conserte poggiate sul tavolo e senza muovere la testa cercavo di scrutare l'intero ambiente che ci circondava e che fungeva di tutto: ingresso, cucina, sala e sicuramente anche luogo di lavoro del pittore. L'ambiente era povero, pulito e molto ordinato. Il sole, quasi di fine primavera, entrava deciso attraverso due finestre riscaldando l' ambiente e rendendolo confortevole. Sulla sinistra proprio dietro la porta d'ingresso c'era una specie di camino con focolare in pietra e rialzato dal pavimento costituito da vecchi mattoni di colore rossastro. A fianco di questo camino trovava posto una prospicenza murale con una nicchia sottostante fatta a volta e coperta da una tendina. Incastonati sulla parte superiore della prospicenza si vedevano due fornelli in ghisa per carbone o legna sottile. Seguiva uno sgabello in legno che sorreggeva un concone di rame lucente che conteneva acqua. Sulla parete superiore vi erano appese delle pentole un po' annerite ed un mestolo grande, anche questo di rame, per attingere l'acqua. Sulla parete di destra si vedeva una porta che sicuramente dava ad un'altra stanza. Sulla stessa parete faceva bella mostra una modesta credenza/cristalliera ove i raggi di sole andavano ad illuminare alcuni bicchieri che riflettevano la luce proprio su di me, come se mi volesse dire : “Fatti gli affari tuoi e pensa piuttosto a studiare...! Somaro e Impicciò“. Seguiva
un piccolo arcone sicuramente per il pane. Comunque non vi erano quadri
o dipinti, non vedevo il cavalletto da pittore e neppure vernici. L'aria
della stanza mi sembrava molto salubre e gradevole. Il soffitto era
fatto con tavole di legno imbiancate
ma un po annerite. Sopra al focolare vi era un ripiano in muratura ove
su due piattini di coccio trovavano posto due candele steariche per
l'illuminazione serale. Questa fu la mia “osservazione “
nello spazio di qualche minuto. Quando si rivolse a me capii subito che aveva afferrato i miei problemi come se fosse entrato nella mia mente. Parlava lentamente , senza alterigia e molto chiaramente. Da scettico o poco credente nei miracoli, come personalmente ritenevo ed in particolare per un apprendimento veloce di una materia per me poco interessante, ero sicuro trattarsi di tempo e denaro perso. E
invece mi dovetti ricredere. Non so il motivo, ma fui invaso subito da
una grande volontà di apprendere.
Forse era il suo metodo
didattico a me completamente nuovo che costui utilizzava con la sua matita in prove pratiche e reali. La curiosità si trasformò in volontà crescente come se già in me ci fosse anche un pittore nascosto. Il tutto iniziò nelle diverse proiezioni di un corpo solido o piano nello spazio. Il
centro di proiezione era tutta la base di ogni problema
e delle varie formule di geometria. Incredibilmente, nelle
lezioni che seguirono, malgrado il mio pressappochismo sistematico
di apprendere cose che non mi riguardavano pienamente, lo seguii con
sempre più attenzione e
nascente volontà di apprendere sempre di più. Parlava in modo
semplice, chiaro, affabile e nel contempo
faceva sentire il "discepolo" sereno e capace di comprendere anche in pratica con le sue stesse mani il “punto”, il
solo “punto” principale della lezione,
impossibile poi da dimenticare. E
così progredii nell'arte del disegnare anche con le varie regole
geometriche in genere. Grazie ai suoi insegnamenti e durante tutti
questi anni trascorsi, quasi quarantenne, anche io mi munii di
cavalletto da pittore e di colori vari. Ogni tanto, quando mi
prende l'estro, faccio qualche pittura a mia fantasia certamente da
umile appassionato di pittura e solo di mio gradimento. Ancora oggi
ricordo le sue istruzioni, le applicazioni e le regole. A chiusura di questo racconto e dai miei diversi “Additti e gli Addummanni” è spuntata fuori una signora dall'anonimato che si dice molto anziana, sicuramente molto nobile e riservata ma non so esattamente di dove. Mi ha rimesso una vecchia e consunta foto che attribuisce essere di questo pittore in età giovanile, asserendo che la propria madre era innamorata platonicamente di questo artista. La riservatezza è d'obbligo.
-GLOSSARIO
:
(Vocaboli dialettali e note esplicative personali
dell'autore) -”Gli
Additti e gli Addummanni “ Chiedere informazioni a persone del
luogo della cosa o fatto che -
“Abbuschi“ Nel senso di punizione: Prendere ancora qualche
ceffone. -”Ammazzà
“ Non nel vero senso letterale del verbo Ammazzare ma
esclusivamente in senso
bonario
quasi di comprensione, affetto ed anche perdono di una persona che ha
commesso
delle irregolarità anche gravi. -”
Brocca “ Recipiente
piccolo o medio/grande di fattura ordinaria di Terracotta; di forma
ovale.
Alla sommità un modesto foro circolare e due manici ai lati. Qualcuno
disponeva
da una sola parte una specie di beccuccio sempre in terracotta
per poter
bere
o riempire qualche oggetto più piccolo semplicemente inclinando di poco
il
reeipiente. -”
Concone” Recipente
medio-grande completamente in Rame battuto a forma di Anfora e con
due manici in metallo. - “Coroglia “ Panno di cotone o strofinaccio da cucina arrotolato diagonalmente e a sua volta avvolto nuovamente su se stesso a forma circolare con le giuste dimensioni per stare comodamente sulla testa per diminuire l'attrito dell'oggetto duro e sorreggere meglio il peso dello stesso che si doveva trasportare. -” Impicciò “ Persona curiosa che, bene o male, usa entrare nelle cose o fatti degli altri. -” Impunito“ Birbante . -” Littoria “ nome di una Città fondata e fatta costruire da B. Mussolini assieme ad altre medie e piccole altre città, borghi, località come per esempio l'EUR di Roma Capitale nonché completamento di grandi bonifiche durante il periodo della Monarchia e “Dittatura” del Governo Fascista. L'autore pur essendo , apolitico da sempre, ravvede, a suo giudizio, di comentare brevemente. Il nome LATINA, dato successivamente a quello di LITTORIA, non dispiace. Non si può comunque omettere “Perversa Diaspora Politica”, non di popoli ma di idee estroverse poco democratiche dirette a distorcere negativamente la storia. Littoria o Latina, in se stessa, rimane e rimarrà innocente. Molti Politici pur essendo democratici e amanti della libertà, sembra che non si siano resi conto che la “STORIA” non si potrà mai cancellare come l'ISIS (JIHADISTI) sta facendo a PALMIRA (Medio Oriente). Solo Madre Natura può cancellare la Storia e gli Umani. Non si comprende quindi la “Filosofia” delle diverse Politiche nel volere distorcere a proprio temporaneo vantaggio i fatti storici. Solo i posteri potranno esprimere serenamente e indipendentemente le loro critiche positive o negative. LATINA, a 35/40 minuti da ROMA CAPITALE si può considerare attualmente una sua non lontana periferia. Dalla fine della seconda Guerra Mondiale e in Regime di Repubblica Democratica e di piena Libertà, LATINA, si può serenamente affermare, è stata “Trucidata” volutamente : Due Centrali Elettriche Nucleari ora in disuso; un Sito adibito a Scorie Nucleari non si sa di che capienza; una Ragnatela paurosa di grandi Ellettrodotti; Un Poligono di Tiro Militare anche aereo proprio sul suo Mare; Un grande Aeroporto capace di accogliere Aerei di grandi dimensioni e costato diversi Miliardi è da sempre utilizzato esclusivamente da una Scuola di Volo Militare per una o due “manciate” di giovani allievi con piccoli velivoli che ronzano sui borghi e periferia della Città non favorendo di certo lo sviluppo del turismo. ROMA CAPITALE avrebbe un grande bisogno di un grande Scalo Aeroportuale come Latina che porterebbe grandi benefici per l'occupazione di lavoratori ed anche economici.Ma stranamente,tutto dorme. Le strade provinciali e locali lasciano molto a desiderare e la loro larghezza è ancora quella originale. Non parliamo poi di quelle Regionali : le cronache riportano i fatti negativi. Infine, l'interno della città di Latina non trova mai pace ed il suo assetto originale anche artistico,viene, come solito, continuamente sconvolto da ogni nuovo Politico “intelligente” appena arrivato facendo ancora più danni rispetto ai suoi “simili” predecessori. “ Popolino” Persone di poca cultura. Pronte a giudicare chiunque o fatto in base alle loro abitudini. “ Quissu “ Questo o quello, relativo a persona. “ Saccoccia “ Tasca dei pantaloni o della giacca. “ Somaro “ Non riferito all'animale vero e proprio ma riferito a persona che non svolge bene il suo dovere e per questo, commette degli errori. |
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IL GIGANTE DORMIENTE : " I RIULICO " Probabilmente correva l' Anno 1937 - 1938. Le scuole Elementari erano appena riaperte. Il vento autunnale aveva già disperso le foglie ingiallite cadute dagli alberi che d' Estate ombreggiavano il Viale dei Cappuccini ed il suo bosco. L' autunno precoce, triste per la fine delle vacanze estive prorompeva deciso,
piovoso e ventoso. Per noi ragazzi, compagni di classe e di contrada, rimaneva abbastanza difficile dover riprendere gli orari e le varie discipline scolastiche. La quinta elementare poi sembrava insormontabile per essere ammessi al Ginnasio.Problemi seri per noi ragazzi in quanto non esistevano scappatoie di alcun genere. Nelle vie di Sezze e nei suoi vicoli compreso giardini e periferia, durante l' orario di scuola e di lavoro non si vedeva nessuno, solo donne di media età affaccendate nei vari lavori domestici. Gi anziani invece, muniti di mantelle nere di tessuto pesante, si radunavano nelle varie Porte del paese per poter godere di qualche tiepido raggio di Sole dopo il frizzante
freddolino preso in casa nel primo mattino.
Giovani
balilla a Sezze, foto anno 1936 " Vedi, questa pioggia in abbondanza lava tutte le strade selciate del paese e , soprattutto, pulisce le fogne e i Tombini da quelle reflue luride portandole poi, a cielo aperto,nei vari pendii o fossati della collina arricchendo di Umus i vari orti , piante e agricoltura sottostante".
Sezze
foto del 1930 Il fragore che proveniva incuteva anche timore. Molti ragazzacci compreso me e di contrade diverse, in "armistizio" temporaneo , spinti dalla curiosità ed irresponsabili dei pericoli , tutti bagnati e infreddoliti, ci avventurammo fino alla Madonna della Pace. Da questa Chiesa in poi era impossibile proseguire oltre in quanto i diversi torrenti in piena provenienti dall'avvallamento a fianco della Porta di S.Andrea e Ferro di Cavallo e dalla collina sottostante la strada che porta al Bosco ed alla Chiesa dei Frati Cappuccini (Orfanotrofio) nonché Porta Romana, ora P.Gioberti. Questa, a quel tempo, era la principale entrata a Sezze poi andata in disuso e lasciato il suo nome a Porta di Piano,nuova entrata), oltre a detriti pericolosi si correva il rischio di essere trascinati via. Tutte le acque si convogliavano con grande potenza nella curva molto stretta della strada sottostante che porta a Suso e a circa 200 metri dalla Chiesa della M.d. Pace per poi rovesciarsi subito nella sottostante vallata con grandi spruzzi verso l'alto e in ogni direzione. La nuvola di goccioline che saliva verso l'alto, il fragore o meglio il rumore assordante, proveniva in direzione dei Casali e dalla VALLE della CUNNULA. ove sfocia il grande torrente quasi sempre addormentato I RIULICO . Tutte le acque impetuose provenienti dalla montagna a fianco, da Bassiano e da Suso, si impattavano violentemente fra gli argini alti ed il piccolo, stretto e precario ponte antico dei Casali non si vedeva più. Era completamente sommerso da un "fiume" d'acqua. Se cadde o fu danneggiato , questo non lo so. Posso scrivere però che mi sembrò una vera catastrofe. Il "GIGANTE" RIULICO, si era svegliato. Impietosamente e direi anche con rabbia, trasportando a valle tutto ciò che incontrava: Capanne,ripari in legno, rami spezzati, tronchi d'albero e alberi completamente sradicati e forse anche animali. Dalla antica Chiesa diroccata proprio sopra delle due cave "Rompizappa".si poteva constatare il dramma rovinoso che si andava compiendo. Una massa d' acqua e di detriti vari arrivavano sul primo tornante della strada sottostante danneggiandola ma ancora di più si andava a convogliare con una più grande massa d'acqua e di detriti che sfociava velocemente dalla curva ai piedi della prima cava per poi andarsi ad impattare con violenza sul ponte cosiddetto del Riulico, unico passaggio per comunicare con l'intera pianura. Le diverse "Icone " murali fatte a forma di piccole "Cappelle Votive" erette, nel tempo, da persone che in groppa a cavalli, muli , somari e carretti, erano certi di essere stati "miracolati" per aver avuto salva la vita durante la discesa o salita dei quattro tornanti, erano sparite completamente. La vecchia Chiesa di S. Isidoro risultava allagata e si vedevano
persone che correvano da ogni parte per sfuggire alla piena. Lo " spettacolo drammatico " dannoso si poteva constatare meglio dal Muro della Terra al Largo di S. Maria. Le acque e detriti vari allagavano il passaggio a livello |
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ricordi di un tempo lontano |